

Come regola generale, gli atti processuali diretti a ottenere l'effetto giuridico desiderato devono essere compiuti entro i termini stabiliti dalla legge. Le disposizioni pertinenti sono contenute sia nella normativa sostanziale che in quella processuale.
Le condizioni necessarie per quanto riguarda il diritto sostanziale sono in parte stabilite dalle norme concernenti il rimedio giurisdizionale e in parte regolate dalle norme sulla prescrizione, che definiscono i termini applicabili all'avvio dei procedimenti civili. La legge prevede alcune deroghe a tali restrizioni solo per garantire l'esecuzione incondizionata delle pretese (ad esempio per quanto riguarda le azioni concernenti diritti di proprietà). Alcuni atti processuali possono essere compiuti validamente solo entro un termine specifico (scadenza). In alcuni casi la durata del termine è chiaramente indicata dalla legge, come nel caso delle impugnazioni (scadenza prevista dalla legge), mentre in altri casi, ad esempio per la sanatoria di vizi procedurali, viene stabilita dall'autorità giudiziaria (scadenza stabilita dal giudice).
Il metodo di calcolo utilizzato per stabilire i termini è molto diverso a seconda che sia regolato dal diritto sostanziale o dal diritto processuale, e ciò vale anche per gli effetti giuridici della mancata osservanza di questi due tipi di scadenze. L'inosservanza di un termine di diritto sostanziale comporta la perdita di un diritto e non può essere regolarizzata; è possibile giustificare unicamente i termini di prescrizione conformemente alle norme di diritto sostanziale applicabili. Per quanto riguarda i termini processuali, occorre distinguere tra termini soggettivi e oggettivi. I termini soggettivi sono quelli che decorrono dal momento in cui la parte interessata è stata informata e la cui inosservanza generalmente può essere sanata chiedendo una rimessione in termini (istanza di proroga), mentre il decorso dei termini oggettivi non dipende dalla conoscenza della parte e non è possibile rimediare alla loro inosservanza mediante domanda di rimessione in termini.
Ai sensi dell'articolo 102, paragrafo 1, della legge I del 2012 sul codice del lavoro, i seguenti giorni sono considerati non lavorativi: 1° gennaio, 15 marzo, lunedì di Pasqua, 1° maggio, lunedì di Pentecoste, 20 agosto, 23 ottobre, 1° novembre, 25 e 26 dicembre.
I termini vengono calcolati in giorni, mesi o anni. Il dies a quo non è incluso nei termini espressi in giorni. Il dies a quo è la data in cui viene compiuto l'atto o si verifica l'evento (ad esempio una notifica o pubblicazione) che dà inizio al decorso del termine. I termini espressi in mesi o anni scadono il giorno dell'ultimo mese o dell'ultimo anno la cui data corrisponde a quello del primo giorno del termine; in assenza di una data identica del mese di scadenza, il termine scade l'ultimo giorno del mese. Il termine che scade in un giorno festivo è prorogato fino al primo giorno lavorativo seguente. I termini scadono alla fine dell'ultimo giorno; tuttavia, per quanto riguarda i termini previsti per il deposito di ricorsi presso l'autorità giudiziaria o gli atti da compiere nel corso di un processo, la scadenza coincide con la chiusura degli uffici. Le norme ordinarie applicabili ai termini in tutti gli altri procedimenti civili sono enunciate agli articoli da 103 a 112 della legge III del 1952 sul codice di procedura civile (di seguito il "codice di procedura civile").
Il dies a quo è la data in cui viene compiuto l'atto o si verifica l'evento (ad esempio una notifica o pubblicazione) che dà inizio al decorso del termine. Il dies a quo non è incluso nei termini espressi in giorni.
Per il calcolo dei termini, il codice di procedura civile non distingue fra le diverse modalità di notifica; tuttavia nel caso della trasmissione degli atti attraverso mezzi elettronici si applicano disposizioni specifiche. Alcuni atti vengono trasmessi al perito in forma cartacea anche nel caso in cui il medesimo si tenga in contatto con il giudice con mezzi elettronici: il giudice trasmette al perito gli allegati degli atti processuali in forma cartacea o sotto forma di un altro supporto di dati qualora in ragione del numero elevato di allegati o della natura del supporto di dati la digitalizzazione comportasse un onere sproporzionato o insormontabile, o se l'autenticità del documento cartaceo apparisse dubbia. Qualora, per i motivi sopra indicati, i documenti elettronici trasmessi dall'autorità giudiziaria siano accompagnati da allegati materiali, il termine decorre dalla data di ricezione dell'allegato. La trasmissione delle memorie relative al procedimento e la notifica degli atti giudiziari viene già effettuata per via elettronica nei casi indicati dal codice di procedura civile. I giorni nei quali il sistema di notifica istituito a tale scopo non è operativo per almeno quattro ore non sono inclusi nel termine indicato dalla legge o dal giudice.
Se nell'ambito del procedimento le comunicazioni avvengono per via elettronica, non si applicano le conseguenze dell'inosservanza del termine nel momento in cui il documento è stato depositato presso l'organo giurisdizionale per via elettronica e conformemente alle esigenze informatiche entro l'ultimo giorno del termine. Un documento si considera depositato ai fini del calcolo dei termini quando il sistema informatico dell'organo giurisdizionale invia una ricevuta di ritorno in conformità con la regolamentazione. Il presidente dell'Ufficio giudiziario nazionale prevede un modulo per il deposito di documenti su supporto informatico. Tale supporto deve essere trasmesso all'organo giurisdizionali di persona o a mezzo posta entro tre giorni dalla ricezione, presso il corrispondente elettronico, della ricevuta di ritorno del modulo da parte dell'organo giurisdizionale. Al ricevimento del supporto informatico l'organo giurisdizionale invia automaticamente un avviso al corrispondente elettronico, attraverso il sistema di notifica. Un documento si considera depositato presso l'organo giurisdizionale alla data indicata nella ricevuta di ritorno indicata nell'avviso di ricevimento del modulo da parte dell'organo giurisdizionale.
Il dies a quo non è incluso nei termini espressi in giorni. Il dies a quo è la data in cui viene compiuto l'atto o si verifica l'evento (ad esempio una notifica o pubblicazione) che dà inizio al decorso del termine.
Se il termine è espresso in giorni, il numero di giorni indicato fa riferimento ai giorni di calendario. Tuttavia, il termine che scade in un giorno festivo è prorogato fino al primo giorno lavorativo seguente.
I termini espressi in mesi o anni scadono il giorno dell'ultimo mese o dell'ultimo anno la cui data corrisponde a quello del primo giorno del termine; in assenza di una data identica del mese di scadenza, il termine scade l'ultimo giorno del mese.
I termini espressi in mesi o anni scadono il giorno dell'ultimo mese o dell'ultimo anno la cui data corrisponde a quello del primo giorno del termine; in assenza di una data identica del mese di scadenza, il termine scade l'ultimo giorno del mese.
Sì.
Oltre ai casi di cui sopra, il giudice può prorogare una sola volta e per gravi motivi un termine da egli stesso fissato; il termine – sommato alla proroga – non può superare quarantacinque giorni, a meno che sia necessario più tempo per il deposito di un parere peritale. I termini legali possono essere prorogati solo nei casi specificati dalla legge. I termini espressi in giorni non includono il periodo compreso tra il 15 luglio e il 20 agosto di ciascun anno (sospensione feriale dei termini). Se il termine espresso in mesi o anni dovesse scadere durante le ferie giudiziarie, il termine scade il giorno del mese successivo corrispondente alla stessa data del primo giorno del termine; se anche tale giorno cade durante le ferie giudiziarie, il termine scade il primo giorno successivo alla fine delle ferie. La legge prevede anche eccezioni alla sospensione feriale dei termini. Il giudice deve specificamente richiamare l'attenzione delle parti su queste eccezioni. Nei procedimenti extragiudiziali disciplinati da leggi diverse dal codice di procedura civile, la sospensione feriale dei termini si applica solo se è prevista da tali leggi.
Come regola generale, l'impugnazione deve essere proposta entro quindici giorni dalla notifica della decisione. In materia cambiaria è di tre giorni a decorrere dalla stessa data.
Il giudice può prorogare una sola volta e per gravi motivi un termine da egli stesso fissato; il termine – sommato alla proroga – non può superare quarantacinque giorni, a meno che sia necessario più tempo per il deposito di un parere peritale. I termini legali possono essere prorogati solo nei casi specificati dalla legge.
Le norme processuali ungheresi non prevedono una proroga dei termini in ragione del luogo di residenza delle parti. Tuttavia l'inadempienza può essere giustificata dal fatto che la parte interessate era irreperibile, per un motivo valido, all'indirizzo che figura nel registro dei dati personali e dei domicili.
Salvo disposizioni di legge contrarie, la parte che, nell'ambito del procedimento, ha omesso di depositare un atto entro il termine impartito non è più ricevibile a adempiere una volta scaduto tale termine. Gli effetti della mancata osservanza – tranne nei casi previsti dalla legge – si producono automaticamente senza preavviso. Se, in base alla legge, le conseguenze dell'inosservanza del termine si producono solo in caso di preavviso o su istanza della controparte, l'atto in questione può essere rispettivamente compiuto nel periodo indicato nel preavviso o fino alla presentazione dell'istanza, o, nel caso in cui quest'ultima sia presentata all'udienza, fino al momento in cui venga adottata la pertinente decisione. L'inosservanza del termine non è sanzionata in caso di impossibilità di compiere un atto o una formalità a causa di un evento naturale noto o di un altro ostacolo costituivo di forza maggiore. Le conseguenze dell'inosservanza del termine non si applicheranno nel caso in cui l'istanza sia stata inviata al giudice per posta tramite raccomandata entro la scadenza prevista del termine.
Per giustificare l'inadempienza la parte interessata può depositare un'istanza di proroga sulla quale il giudice si esprime con equità.
Il giudice deve adottare una decisione su tali domande. Nel caso in cui una parte o il suo difensore non compaia a un'udienza o non osservi un termine per un giustificato motivo è possibile rimediare – salvo nei casi di seguito elencati – fornendo una giustificazione per l'inadempienza. Non si possono addurre giustificazioni se la legge esclude la possibilità di giustificarsi, se le conseguenze dell'inadempienza possono essere evitate senza che sia necessaria una giustificazione, se l'inadempienza non comporta alcun pregiudizio che venga espresso in una decisione del giudice o se la parte non osserva il termine successivo stabilito in seguito a un'istanza di proroga.
Le istanze di proroga devono essere presentate entro quindici giorni. Tale termine decorre dalla scadenza del termine o dall'ultimo giorno del termine non rispettato. Tuttavia, se una parte o il suo difensore viene a conoscenza dell'inadempienza successivamente o se un impedimento viene rimosso più tardi, il termine per presentare un'istanza di proroga decorre dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza dell'inadempienza o dalla rimozione dell'impedimento. Non è possibile presentare un'istanza di proroga dopo tre mesi dall'inadempienza.
La domanda deve contenere i motivi dell'inadempienza nonché le circostanze che rendono probabile l'assenza di colpa. Nel caso in cui non sia stato rispettato il termine, al momento della presentazione dell'istanza di proroga deve anche essere compiuto l'atto che era stato omesso.
Se la possibilità di addurre giustificazioni è esclusa per legge o l'istanza di proroga è stata presentata oltre i termini, la domanda deve essere respinta senza esaminare il merito della questione. Analogamente avviene se, in caso di superamento del termine, la domanda di proroga era stata depositata senza che la parte interessata abbia simultaneamente compiuto l'atto omesso.
È possibile proporre appello contro le decisioni di rigetto delle istanze di proroga.
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