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La legislazione estone prevede tre diverse procedure concorsuali per insolvenza: la procedura fallimentare, la procedura di riorganizzazione e la procedura di adeguamento dei debiti. La procedura fallimentare è disciplinata dalla legge fallimentare, la procedura di riorganizzazione dalla legge in materia di riorganizzazione e la procedura di adeguamento dei debiti dalla legge sull'adeguamento dei debiti e la tutela dei crediti. Queste leggi sono disponibili in lingua estone e in lingua inglese nell'edizione online della Riigi Teataja, la gazzetta ufficiale estone.
L'obiettivo della procedura fallimentare è soddisfare i creditori con il patrimonio del debitore procedendo alla vendita dei suoi beni o al risanamento della sua impresa. Con la procedura fallimentare il debitore persona fisica ha la possibilità di essere liberato dalle proprie obbligazioni. Nell'ambito della procedura fallimentare vengono individuate le cause dell'insolvenza del debitore.
L'obiettivo della procedura di riorganizzazione è tenere conto degli interessi dell'impresa, del creditore e di terzi, e tutelarne i diritti nella riorganizzazione dell'impresa. La riorganizzazione implica l'applicazione di una serie di misure volte al superamento delle difficoltà economiche dell'impresa, al ripristino della sua liquidità, al miglioramento della sua redditività e alla sostenibilità della sua gestione.
Per quanto riguarda la procedura di adeguamento dei debiti, il suo obiettivo è consentire a una persona fisica (il debitore) che si trova in difficoltà di pagamento di ristrutturare i propri debiti per superare tali difficoltà ed evitare una procedura fallimentare. Nella procedura di adeguamento dei debiti il debitore ha la possibilità di ristrutturare le proprie obbligazioni pecuniarie (debiti personali) attraverso la proroga, lo scaglionamento o la riduzione delle proprie obbligazioni.
La procedura fallimentare e la procedura di adeguamento dei debiti sono disciplinate dal regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (rifusione).
Ai sensi del diritto estone, una persona fisica è un essere umano. Il diritto fallimentare non distingue pertanto le persone fisiche a seconda che esercitino o meno un'attività economica o professionale (ossia non si operano distinzioni per i lavoratori indipendenti e i consumatori). Una persona giuridica è un soggetto giuridico istituito in virtù della legge Una persona giuridica può essere di diritto privato o di diritto pubblico. Una persona giuridica di diritto privato è un soggetto istituito per interesse privato e in virtù della legge sulla categoria di persone giuridiche interessata. Le persone giuridiche di diritto privato sono le società in nome collettivo, le società in accomandita, le società a responsabilità limitata, le società per azioni, le società cooperative, le fondazioni e le associazioni senza scopo di lucro. Le persone giuridiche di diritto pubblico sono lo Stato, gli enti territoriali e le altre persone giuridiche create nell'interesse pubblico e ai sensi della legge sulla categoria di persone giuridiche in questione.
1. Procedura fallimentare
La procedura fallimentare si applica alle persone insolventi, tanto fisiche quanto giuridiche. Lo Stato e gli enti territoriali non possono essere dichiarati in fallimento.
2. Procedura di riorganizzazione
La procedura di riorganizzazione si applica esclusivamente alle persone giuridiche di diritto privato.
3. Procedura di adeguamento dei debiti
La procedura di adeguamento dei debiti si applica alle persone fisiche che hanno difficoltà di pagamento.
1. Procedura fallimentare
Il fallimento è l'insolvenza del debitore dichiarata dal giudice con ordinanza. L'insolvenza del debitore è la prima condizione fondamentale per l'avvio della procedura fallimentare.
Il debitore è insolvente se non riesce a soddisfare i creditori con il proprio patrimonio e se, vista la situazione economica in cui versa, quest'incapacità non è temporanea. Un debitore persona giuridica è inoltre insolvente quando le sue attività non coprono le sue passività e se, considerata la sua situazione economica, questo stato non è temporaneo. Se l'istanza di fallimento è presentata dal debitore, il giudice dichiara il fallimento anche in caso di probabile insolvenza futura. L'insolvenza è presunta quando è il debitore a presentare istanza di fallimento.
La seconda condizione fondamentale per avviare la procedura fallimentare è l'istanza di fallimento, che può essere presentata dal debitore o da un creditore. Inoltre, in caso di decesso del debitore, l'istanza di fallimento può essere presentata, limitatamente al patrimonio del debitore, dall'erede, dall'esecutore testamentario o all'amministratore della successione. In questo caso, trovano applicazione le disposizioni relative all'istanza di fallimento da parte del debitore. Nei casi previsti dalla legge, l'istanza di fallimento può essere presentata da un'altra persona. In questo caso, a questa persona si applicano le disposizioni relative ai creditori, salvo che la legge disponga altrimenti.
Se l'istanza è presentata dal debitore, questi è tenuto a motivare la propria insolvenza, mentre se l'istanza è presentata da un creditore, questi deve non solo motivare l'insolvenza del debitore, ma anche dimostrare l'esistenza del proprio credito.
Il giudice può imporre al creditore che ha presentato istanza di fallimento di versare, a titolo di deposito, una somma di denaro necessaria a coprire i compensi e le spese del curatore provvisorio, se ci sono motivi per ritenere che la massa fallimentare non sarà sufficiente a tale scopo. Se il creditore non effettua il deposito, la procedura viene chiusa. Se i creditori che presentano l'istanza di fallimento sono dipendenti di un datore di lavoro insolvente e non versano l'importo previsto a titolo di deposito per dare seguito alla procedura fallimentare, questi hanno il diritto di presentare allo Stato (tramite la cassa estone di assicurazione disoccupazione) domanda di indennità di insolvenza.
Il giudice respinge l'istanza di fallimento presentata da un creditore se dall'istanza non risulta che la persona che l'ha presentata detiene un credito nei confronti del debitore, se l'insolvenza del debitore non è stata motivata nell'istanza o se quest'ultima si basa su un credito che rientra in un piano di riorganizzazione o di adeguamento dei debiti. Il giudice respinge l'istanza di fallimento anche in presenza di altri motivi previsti dal codice di procedura civile.
La dichiarazione di fallimento e l'avvio della procedura fallimentare sono preceduti da una procedura cosiddetta preliminare. Se dopo la presentazione dell'istanza di fallimento il giudice decide di avviare una procedura, questi nomina un curatore provvisorio. In base alla situazione materiale del debitore, il giudice può anche decidere di non nominare il curatore provvisorio e di dichiarare il fallimento del debitore. Se il curatore provvisorio non viene nominato, la procedura basata sull'istanza di fallimento non viene portata avanti ed è dichiarata chiusa. Il curatore provvisorio stila un inventario dei beni del debitore, comprese le sue obbligazioni e le procedure di esecuzione relative ai beni, e verifica se il patrimonio del debitore copre le spese e gli oneri della procedura fallimentare. Il curatore provvisorio valuta la situazione materiale e la solvibilità del debitore, le prospettive relative alla prosecuzione delle attività dell'impresa e al risanamento del debitore in caso di persona giuridica, garantisce la salvaguardia del patrimonio del debitore, ecc. L'operato del curatore provvisorio deve consentire di prendere una decisione in merito all'opportunità di accogliere o meno l'istanza di fallimento.
Il giudice mette fine alla procedura per estinzione senza dichiarare il fallimento, indipendentemente dall'insolvenza del debitore, se i beni di quest'ultimo non sono sufficienti a coprire le spese e gli oneri della procedura fallimentare e se non è possibile recuperare o rivendicare dei beni, in particolare in caso di impossibilità di promuovere un'azione contro un membro di un organo di amministrazione.
Il fallimento è dichiarato dal giudice con ordinanza (ordinanza fallimentare). L'ordinanza specifica l'ora in cui il fallimento è stato dichiarato. La dichiarazione di fallimento avvia la procedura fallimentare.
Una volta dichiarato il fallimento, il giudice provvede subito alla pubblicazione dell'avviso di fallimento nell'Ametlikud Teadaanded, il bollettino degli annunci ufficiali.
L'ordinanza fallimentare è immediatamente esecutiva e la sua esecuzione non può essere sospesa né differita; le modalità e la procedura di esecuzione previste dalla legge non possono essere modificate. Se un giudice di grado superiore annulla l'ordinanza fallimentare, gli atti giuridici effettuati dal curatore o nei confronti di quest'ultimo restano comunque validi. Il debitore e il creditore che ha presentato l'istanza di fallimento possono impugnare l'ordinanza fallimentare entro 15 giorni dalla pubblicazione dell'avviso. Il debitore e la persona che ha presentato l'istanza di fallimento possono proporre ricorso dinanzi al Riigikohus (Corte suprema) contro la sentenza pronunciata in appello dal Ringkonnakohus (tribunale distrettuale). Il curatore non può presentare ricorso a nome del debitore né può rappresentarlo nell'esame di un ricorso.
Se la procedura fallimentare prevede la pubblicazione di un avviso o di un atto processuale, la pubblicazione deve essere effettuata nel bollettino degli annunci ufficiali. Il giudice può pubblicare in questo bollettino un avviso con la data e il luogo in cui verrà esaminata l'istanza di fallimento. Il giudice provvede immediatamente a pubblicare nel bollettino degli annunci ufficiali (Ametlikud Teadaanded) l'avviso relativo all'ordinanza fallimentare con cui viene dichiarato il fallimento del debitore (avviso di fallimento).
2. Procedura di riorganizzazione
Per avviare una procedura di riorganizzazione occorre che l'impresa presenti un'istanza in tal senso.
Il giudice avvia la procedura di riorganizzazione se l'istanza soddisfa i requisiti previsti dal codice di procedura civile e dalla legge in materia di riorganizzazione e se l'impresa dimostra:
La procedura di riorganizzazione non viene avviata:
Se un'impresa chiede la propria riorganizzazione, il giudice può inoltre respingere l'istanza se l'impresa non ha dimostrato di necessitare di una riorganizzazione e di poter probabilmente ritrovare una gestione sostenibile dopo la riorganizzazione.
Il giudice avvia la procedura di riorganizzazione con ordinanza entro sette giorni dal ricevimento della relativa domanda.
L'ordinanza di riorganizzazione indica, tra l'altro:
Le conseguenze dell'avvio di una procedura di riorganizzazione sono le seguenti:
Una volta che il giudice ha deciso di avviare la procedura di riorganizzazione e che ha pronunciato un'ordinanza di riorganizzazione, il consigliere preposto trasmette tempestivamente ai creditori un avviso di riorganizzazione con cui li informa dell'avvio della procedura di riorganizzazione e dell'importo dei crediti da essi detenuti nei confronti dell'impresa in base all'elenco dei debiti.
3. Procedura di adeguamento dei debiti
Nell'ambito della procedura di adeguamento dei debiti il debitore ha la possibilità di ristrutturare le proprie obbligazioni pecuniarie. Si ritiene che il debitore abbia difficoltà di pagamento se non riesce o se è probabile che non riesca ad adempiere alle proprie obbligazioni nel momento in cui diventeranno esigibili.
Per avviare una procedura di adeguamento dei debiti occorre che il debitore presenti al giudice un'istanza alla quale allega un piano di adeguamento, indicando le obbligazioni interessate dall'istanza e le modalità dell'adeguamento, e precisando i tempi di esecuzione del piano. Prima di poter presentare un'istanza di adeguamento, il debitore deve aver adottato tutte le misure necessarie per ottenere un adeguamento stragiudiziale dei propri debiti.
Il giudice avvia la procedura di adeguamento dei debiti se l'istanza soddisfa i requisiti previsti dal codice di procedura civile e dalla legge sull'adeguamento dei debiti e la tutela dei crediti. L'ordinanza di avvio della procedura viene trasmessa al debitore e a tutti i creditori dei quali il debitore chiede l'adeguamento dei crediti. L'ordinanza viene inoltre pubblicata nel bollettino degli annunci ufficiali.
Il giudice respinge l'istanza di adeguamento dei debiti:
Il giudice può respingere l'istanza di adeguamento dei debiti:
Se nel pronunciarsi sull'istanza del debitore il giudice stabilisce che è opportuno avviare una procedura di adeguamento dei debiti, trasmette l'ordinanza di avvio della procedura al debitore e a tutti i creditori dei cui crediti il debitore chiede l'adeguamento. L'ordinanza viene inoltre pubblicata nel bollettino degli annunci ufficiali.
In caso di avvio della procedura di adeguamento dei debiti, il calcolo degli interessi di mora o delle penali contrattuali progressivi nel tempo viene sospeso per i crediti verso il debitore fino all'approvazione del piano di adeguamento dei debiti o fino al termine della procedura. Tale disposizione non si applica ai crediti dei quali il debitore non chiede l'adeguamento. In caso di avvio della procedura, il creditore non può mettere fine al contratto con il debitore dal quale scaturiscono i crediti di cui il debitore chiede l'adeguamento invocando una violazione di obbligazioni pecuniarie antecedente la presentazione dell'istanza, né rifiutarsi di adempiere alle proprie obbligazioni per tale motivo. Qualsiasi accordo che preveda che il creditore possa mettere fine a un contratto a seguito della presentazione di un'istanza di adeguamento dei debiti o dell'approvazione di un piano di adeguamento dei debiti è nullo. In caso di avvio della procedura, il giudice sospende le procedure di esecuzione (o l'esecuzione forzata) in corso relative a beni del debitore a fini di recupero, fino all'approvazione del piano di adeguamento dei debiti o fino al termine della procedura. Il giudice può anche sospendere una procedura giudiziaria relativa a un credito pecuniario nei confronti del debitore per il quale non sia ancora stata adottata una decisione, può annullare misure provvisorie, compreso il sequestro conservativo di conti bancari, può vietare ai creditori l'esercizio di diritti derivanti da garanzie fornite dal debitore, in particolare può vendere un oggetto in pegno o reclamarne la vendita.
Dopo la dichiarazione di fallimento, i beni del debitore diventano massa fallimentare e il diritto del debitore di amministrare tale massa e di disporne viene trasferito al curatore fallimentare.
In virtù dell'ordinanza fallimentare, i beni del debitore diventano massa fallimentare e vengono utilizzati come attività per soddisfare i creditori ed effettuare la procedura fallimentare. La massa fallimentare comprende sia i beni detenuti dal debitore al momento della dichiarazione di fallimento, sia i beni rivendicati, recuperati o acquisiti dal debitore durante la procedura fallimentare. Non comprende invece i beni del debitore che in virtù della legge non possono essere pignorati.
I beni non pignorabili per legge sono disciplinati dal codice delle procedure di esecuzione. La legge prevede un elenco non esaustivo degli oggetti non pignorabili, il cui principale obiettivo è garantire al debitore una protezione sociale minima. Il divieto di realizzare gli oggetti non pignorabili scaturisce inoltre dalla necessità di tutelare altri diritti fondamentali, quali il diritto di scegliere liberamente il proprio ambito di attività, la propria professione e il luogo di lavoro, il diritto alla libertà d'impresa, il diritto all'educazione, il diritto alla libertà religiosa, il diritto alla tutela della vita privata e familiare, ecc. Il pignoramento di alcuni oggetti è altresì contrario al buon costume.
La legislazione estone prevede inoltre alcune restrizioni al pignoramento delle entrate al fine di garantire al debitore, nell'ambito di una procedura in corso nei suoi confronti, le risorse minime necessarie al suo sostentamento e a quello delle persone a suo carico.
Qualsiasi atto di disposizione relativo a un bene rientrante nella massa fallimentare effettuato dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento è nullo. L'oggetto trasferito in virtù dell'atto di disposizione verrà restituito alla controparte se rientra ancora nella massa fallimentare oppure darà luogo a un risarcimento se il trasferimento ha permesso di aumentare la massa fallimentare. Se prima della dichiarazione di fallimento il debitore ha disposto di crediti da maturare, la dichiarazione di fallimento rende nulla la disposizione dei crediti sorti dopo tale dichiarazione. Un debitore persona fisica può disporre della massa fallimentare con il consenso del curatore. Qualsiasi atto di disposizione effettuato senza il consenso del curatore è nullo.
Solo il curatore può accettare, dopo la dichiarazione di fallimento, l'esecuzione nei confronti del debitore di un'obbligazione derivante dalla massa fallimentare. Un'obbligazione eseguita nei confronti del debitore è ritenuta adempiuta solo se l'oggetto trasferito a fini di esecuzione fa ancora parte della massa fallimentare o se il trasferimento ha consentito di aumentare la massa. Un'obbligazione eseguita nei confronti del debitore prima della pubblicazione dell'avviso di fallimento è ritenuta adempiuta se, al momento della sua esecuzione, la persona che l'ha eseguita non era a conoscenza, né poteva ragionevolmente essere a conoscenza, della dichiarazione di fallimento.
Dopo la dichiarazione di fallimento, il debitore persona fisica è privato del diritto di effettuare operazioni legate alla massa fallimentare e il debitore persona giuridica è privato del diritto di effettuare qualsiasi operazione.
Il debitore è tenuto a fornire al giudice, al curatore e al comitato dei creditori le informazioni di cui essi necessitano per la procedura fallimentare, in particolare le informazioni sul suo patrimonio, obbligazioni comprese, e sulla sua attività economica o professionale. Il debitore deve presentare al curatore il bilancio relativo alla propria situazione alla data della dichiarazione di fallimento e il proprio stato patrimoniale, incluse le obbligazioni.
Il giudice può imporre al debitore di dichiarare sotto giuramento che, a sua conoscenza, le informazioni fornite sui beni, sui debiti e sulla sua attività economica o professionale sono esatte.
Il debitore è tenuto ad assistere il curatore provvisorio e il curatore nello svolgimento delle loro mansioni.
Dopo la dichiarazione di fallimento e prima della dichiarazione sotto giuramento, il debitore non ha il diritto di lasciare l'Estonia senza l'autorizzazione del giudice.
Se una decisione giudiziaria non è stata rispettata o se si tratta di garantire l'adempimento di un'obbligazione prevista dalla legge, il giudice può infliggere una sanzione al debitore o può ordinarne la comparizione immediata o la detenzione.
Il debitore ha il diritto di visionare il fascicolo del curatore e il fascicolo giudiziario riguardanti il fallimento. A fronte di giustificati motivi, il curatore può decidere di non presentare al debitore un documento del fascicolo, se la presentazione di tale documento rischia di pregiudicare lo svolgimento della procedura fallimentare.
Il curatore fallimentare
In Estonia è ammessa la compensazione nell'ambito della procedura fallimentare. Per poter compensare crediti nel quadro di una procedura fallimentare devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:
Il credito del debitore che al momento della dichiarazione di fallimento era legato a una condizione sospensiva oppure non era ancora esigibile o non riguardava obbligazioni dello stesso tipo può essere compensato solo se la condizione sospensiva viene soddisfatta, se il credito del debitore è diventato esigibile o se le obbligazioni sono state modificate e sono diventate dello stesso tipo. La compensazione non è ammessa se la condizione sospensiva del credito del debitore viene soddisfatta o se il credito diventa esigibile prima che il creditore possa procedere alla compensazione del credito.
Se il credito del debitore è prescritto, è comunque possibile procedere alla sua compensazione se il diritto alla compensazione è sorto prima della prescrizione. Il creditore può inoltre procedere alla compensazione di un credito derivante dall'inosservanza di un contratto da parte del debitore, se tale inosservanza è dovuta al fatto che il curatore ha cessato di eseguire l'obbligazione del debitore dopo la dichiarazione di fallimento. Se l'oggetto dell'obbligazione contrattuale è divisibile e se al momento della dichiarazione di fallimento il creditore ha parzialmente adempiuto la propria obbligazione, questi può procedere alla compensazione relativa alla parte dell'obbligazione pecuniaria del debitore corrispondente alla parte dell'obbligazione che egli ha adempiuto. Se il debitore è un locatore e se prima della dichiarazione di fallimento il locatario ha versato al debitore un anticipo per la locazione di un bene immobile o di uno spazio, questo credito è un credito per arricchimento senza causa nei confronti del debitore che il locatario può compensare con un credito del debitore nei suoi confronti. Il locatario può inoltre procedere alla compensazione del credito legato al risarcimento del danno derivante dalla risoluzione anticipata o dalla disdetta del contratto.
Un credito ottenuto per cessione può essere compensato nell'ambito di una procedura fallimentare solo se la cessione del credito e la relativa comunicazione scritta al debitore sono effettuate al massimo tre mesi prima della dichiarazione di fallimento. Un credito ottenuto per cessione non può invece essere compensato se il credito nei confronti del debitore è stato ceduto nei tre anni precedenti la nomina del curatore provvisorio quando il debitore era insolvente e il cessionario lo sapeva o doveva saperlo.
Non possono essere oggetto di compensazione i crediti alimentari, i crediti relativi al risarcimento di un danno causato da una lesione corporale o da un decesso, i crediti derivanti da un danno provocato in modo illecito e intenzionale che la controparte detiene nei confronti della parte richiedente la compensazione, i crediti impignorabili per legge, i crediti che sono stati oggetto di pignoramento se la parte che richiede la compensazione ha maturato il proprio credito dopo il pignoramento o se il suo credito è diventato esigibile dopo il pignoramento e successivamente rispetto al credito pignorato, i crediti che la controparte può contestare e i crediti della controparte di cui non è ammessa la compensazione in virtù di altre disposizioni di legge.
Nell'ambito della procedura di riorganizzazione e della procedura di adeguamento dei debiti non esiste una normativa specifica sulla compensazione; si applicano pertanto le modalità generali previste dalla legge relativa al diritto delle obbligazioni.
Procedura fallimentare
Il curatore ha il diritto di eseguire le obbligazioni non adempiute derivanti da un contratto stipulato dal debitore e di esigere dalla controparte l'adempimento delle rispettive obbligazioni o di cessare di eseguire le obbligazioni contrattuali del debitore, salvo diverse disposizioni di legge. Il curatore non può cessare di eseguire le obbligazioni contrattuali del debitore se nel registro immobiliare è contenuta un'apposita iscrizione per garantirne l'adempimento. Se il curatore continua a eseguire le obbligazioni del debitore o comunica che ha intenzione di farlo, anche la controparte è tenuta a continuare ad adempiere le proprie obbligazioni. In tal caso, il curatore perde il diritto di rifiutare l'esecuzione delle obbligazioni del debitore. Se il curatore esige che la controparte esegua il contratto, quest'ultima può esigere dal curatore la garanzia del rispetto delle obbligazioni del debitore. Finché il curatore non offre questa garanzia, la controparte può rifiutarsi di eseguire le proprie obbligazioni, risolvere il contratto o recedere dal medesimo. Il credito nei confronti del debitore sorto in capo alla controparte che ha eseguito, su richiesta del curatore, le proprie obbligazioni è considerato un'obbligazione consolidata. Se dopo la dichiarazione di fallimento il curatore ha cessato di eseguire le obbligazioni del debitore, la controparte può insinuare il proprio credito legato all'inadempimento del contratto in qualità di creditore fallimentare. Se l'oggetto dell'obbligazione contrattuale è divisibile e se la controparte ha parzialmente adempiuto la propria obbligazione al momento della dichiarazione di fallimento, essa può chiedere l'adempimento dell'obbligazione pecuniaria del debitore corrispondente alla parte della propria obbligazione eseguita solo in qualità di creditore fallimentare.
La legge prevede inoltre alcune peculiarità per determinati tipi di contratti:
La decisione relativa alla prosecuzione o allo scioglimento del contratto spetta al curatore, ma se la controparte chiede a quest'ultimo di scegliere, il curatore è tenuto a comunicare prontamente, e comunque entro sette giorni, se intende eseguire l'obbligazione del debitore o se vi rinuncia. Su richiesta del curatore, il giudice può prorogare il suddetto termine. Se non provvede alla comunicazione entro il termine previsto, il curatore non ha il diritto di chiedere alla controparte di eseguire il contratto finché non avrà a sua volta adempiuto le obbligazioni del debitore.
Alcuni contratti stipulati dal debitore possono anche essere revocati. Il giudice invalida in particolare i contratti sottoscritti tra la nomina del curatore provvisorio e la dichiarazione di fallimento. Oltre alla condizione temporale, la revoca necessita che gli interessi dei creditori siano lesi dal contratto. Se la lesione non sussiste e la revoca non comporta un aumento della massa fallimentare non v'è motivo di procedere alla revoca.
In generale, né il debitore fallito né il curatore hanno il diritto di modificare i contratti. I contratti possono tuttavia essere modificati in caso di concordato concluso dopo la dichiarazione di fallimento. In tal caso, previo accordo tra il debitore e i creditori, è possibile giungere a una riduzione dei debiti o a una proroga dei pagamenti. Lo stesso risultato può essere ottenuto con la procedura di riorganizzazione o con la procedura di adeguamento dei debiti. Né la legge fallimentare, né la legge in materia di riorganizzazione e nemmeno quella sull'adeguamento dei debiti trattano separatamente la cessione dei crediti o il subentro nelle obbligazioni. È pertanto opportuno applicare le modalità generali previste dalla legge relativa al diritto delle obbligazioni.
Procedura di riorganizzazione e procedura di adeguamento dei debiti
Nell'ambito della procedura di riorganizzazione è ammessa la modifica dei contratti. Qualsiasi accordo che preveda che il creditore possa mettere fine a un contratto all'avvio della procedura di riorganizzazione o al momento dell'approvazione del piano di riorganizzazione è nullo. Il piano di riorganizzazione non consente di modificare un credito derivante da un contratto di lavoro o da un'operazione in strumenti derivati.
In caso di avvio di una procedura di adeguamento dei debiti, il creditore non può mettere fine al contratto con il debitore dal quale scaturiscono i crediti di cui il debitore chiede l'adeguamento, invocando una violazione di obbligazioni pecuniarie antecedente la presentazione dell'istanza di adeguamento, né rifiutarsi di adempiere le proprie obbligazioni per tale motivo. Qualsiasi accordo che preveda che il creditore possa mettere fine al contratto a seguito della presentazione di un'istanza di adeguamento dei debiti o a seguito dell'approvazione di un piano di adeguamento dei debiti è nullo. La procedura di adeguamento dei debiti consente di modificare le obbligazioni derivanti da un contratto a esecuzione differita sorte o diventate esigibili dopo la presentazione dell'istanza di adeguamento dei debiti. Nel piano di adeguamento dei debiti è possibile prevedere che i contratti di credito o gli altri contratti a esecuzione differita, stipulati prima della presentazione dell'istanza di adeguamento dei debiti e in virtù dei quali le obbligazioni pecuniarie del debitore diventano esigibili dopo la presentazione dell'istanza, si concludano al momento dell'approvazione del piano di adeguamento. La fine del contratto comporta gli stessi effetti del recesso eccezionale del contratto per fatti imputabili al debitore. Le obbligazioni del debitore derivanti dalla fine del contratto possono essere modificate preventivamente dal piano di adeguamento dei debiti. Se le obbligazioni derivanti da un contratto di leasing sono oggetto di un progetto di adeguamento, il locatore creditore può recedere eccezionalmente dal contratto entro una settimana dall'approvazione del piano di adeguamento.
Dopo la dichiarazione di fallimento, i creditori fallimentari possono insinuare i crediti nei confronti del debitore solo nell'ambito della procedura fallimentare. Il curatore deve essere informato di tutti i crediti sorti nei confronti del debitore prima della dichiarazione di fallimento, indipendentemente dal fondamento e dalla scadenza di questi crediti. Le procedure di esecuzione avviate nei confronti del debitore si concludono con la dichiarazione di fallimento. I creditori sono tenuti a insinuare i loro crediti presentando una dichiarazione al curatore fallimentare.
Nell'ambito della procedura di riorganizzazione o di adeguamento dei debiti, solo i creditori i cui crediti sono interessati dal piano di riorganizzazione o dal piano di adeguamento dei debiti non possono avviare nuove procedure durante il periodo di validità del piano. In caso di riorganizzazione, le procedure di esecuzione vengono sospese, tranne quelle volte a soddisfare i crediti sorti da un rapporto di lavoro o i crediti alimentari. Nell'ambito della procedura di adeguamento dei debiti, il giudice può sospendere le procedure di esecuzione come misura di protezione provvisoria anche prima che venga presentata un'istanza o prima della decisione su tale istanza. In caso di avvio della procedura, il giudice sospende le procedure di esecuzione (o l'esecuzione forzata) in corso relative a beni del debitore a fini di recupero, fino all'approvazione del piano di adeguamento dei debiti o fino al termine della procedura.
Procedura fallimentare
Nelle controversie riguardanti la massa fallimentare o beni che possono essere inclusi nella massa fallimentare, il diritto di essere parte di una procedura giudiziaria al posto del debitore viene trasferito al curatore. Se una procedura giudiziaria avviata prima della dichiarazione di fallimento riguarda un'azione promossa dal debitore contro un'altra persona o contro un'altra domanda legata alla massa fallimentare o se il debitore partecipa a una procedura giudiziaria come terza parte, il curatore può, in virtù del suo incarico, intervenire nella procedura al posto del debitore. Se il curatore è a conoscenza della procedura ma non interviene, il debitore può proseguire nella sua azione come attore o come terza parte.
Se una procedura giudiziaria avviata prima della dichiarazione di fallimento riguarda un credito nei confronti del debitore su cui non è ancora stata presa una decisione, il giudice non esamina il credito nell'ambito di questa procedura. Il giudice riprende la procedura, su richiesta della parte attrice, se l'ordinanza fallimentare è stata annullata da un giudice di grado superiore e se l'ordinanza con cui l'istanza di fallimento è stata respinta è passata in giudicato oppure se la procedura fallimentare è stata chiusa per estinzione dopo la dichiarazione di fallimento.
Se nell'ambito di una procedura giudiziaria avviata prima della dichiarazione di fallimento viene presentata nei confronti del debitore una richiesta per escludere un bene dalla massa fallimentare, il giudice provvede a esaminare tale richiesta. In tal caso, il curatore fallimentare può intervenire nella procedura al posto del debitore. Il curatore esercita i diritti e i doveri del debitore come parte convenuta. Se il curatore non interviene, la procedura può proseguire su richiesta della parte attrice.
Se una procedura giudiziaria riguarda un credito nei confronti del debitore e la decisione adottata può essere impugnata, il curatore può farlo a nome del debitore dopo la dichiarazione di fallimento. Con il consenso del curatore il debitore stesso può impugnare la decisione.
Se un atto amministrativo nei confronti del debitore è contestato in giudizio, il termine di ricorso contro questo atto viene sospeso.
Procedura di riorganizzazione e procedura di adeguamento dei debiti
Dopo la presentazione dell'istanza di riorganizzazione, su richiesta dell'impresa, approvata del consigliere di riorganizzazione, il giudice adito può sospendere una procedura giudiziaria relativa a un credito pecuniario nei confronti dell'impresa e fino all'approvazione del piano di riorganizzazione o fino alla fine della procedura di riorganizzazione, a meno che non si tratti di un credito connesso a un rapporto di lavoro o di un credito alimentare nei confronti dei quali non sia ancora stata adottata una decisione. In caso di avvio di una procedura di adeguamento dei debiti, il giudice sospende, fino all'approvazione del piano di aggiustamento o fino al termine della procedura, le procedure giudiziarie relative a crediti pecuniari verso il debitore su cu non sia ancora stata adottata una decisione.
Partecipazione dei creditori alla procedura fallimentare
Nell'ambito della procedura fallimentare il creditore rappresenta il proprio credito. Entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso di fallimento nel bollettino degli annunci ufficiali, i creditori sono tenuti a informare il curatore di tutti i loro crediti verso il debitore antecedenti la dichiarazione di fallimento, indipendentemente dal fondamento e dalla scadenza di tali crediti. A tale scopo i creditori devono presentare al curatore una dichiarazione scritta (dichiarazione di credito). I creditori sono tenuti a difendere i propri crediti nell'ambito dell'assemblea generale dei creditori (assemblea di tutela dei crediti). Le garanzie a sostegno del credito sono difese contestualmente al credito. Il credito, il suo rango e la garanzia a sostegno del credito sono considerati ammessi se né il curatore né nessun creditore li contesta nell'assemblea di tutela dei crediti. Un credito ammesso in assemblea, così come il suo rango, non possono essere contestati successivamente.
Oltre a rappresentare i propri crediti e difenderli, i creditori partecipano alla procedura fallimentare attraverso l'assemblea generale dei creditori. L'assemblea generale dei creditori è competente per nominare il curatore ed eleggere il comitato dei creditori, decidere se proseguire l'attività dell'impresa del debitore o se porvi fine, decidere se procedere allo scioglimento del debitore persona giuridica, preparare un concordato, assumere decisioni in merito alla vendita della massa fallimentare nei limiti previsti dalla legge, difendere i crediti, statuire sulle denunce relative all'attività del curatore e decidere sulla remunerazione dei membri del comitato dei creditori e su altre questioni lasciate dalla legge alla competenza dell'assemblea generale dei creditori. Se l'assemblea generale dei creditori decide di eleggere un comitato dei creditori, quest'ultimo è incaricato in particolare di tutelare gli interessi di tutti i creditori nell'ambito della procedura fallimentare.
Partecipazione dei creditori alla procedura di riorganizzazione
Il consigliere di riorganizzazione informa tempestivamente i creditori dell'avvio della procedura di riorganizzazione e dell'ammontare dei crediti da essi detenuti verso l'impresa in virtù dell'elenco dei debiti; per farlo, trasmette loro l'avviso di riorganizzazione. Se un creditore il cui credito è oggetto di un progetto di adeguamento in base al piano di riorganizzazione non accetta i dati contenuti nell'avviso di riorganizzazione, può presentare al consigliere di riorganizzazione, entro i tempi indicati nel suddetto avviso, una dichiarazione scritta segnalando i punti dell'avviso che non accetta e fornendo prove in tal senso. Se il creditore non presenta nessuna dichiarazione entro i tempi stabiliti, l'ammontare del credito è ritenuto approvato. Se non concorda con un'affermazione contenuta nella dichiarazione del creditore, il consigliere di riorganizzazione deve trasmettere prontamente al giudice la dichiarazione corredata di prove e spiegare i motivi per cui non accetta il contenuto della dichiarazione. Il consigliere di riorganizzazione è tenuto a giustificare le proprie affermazioni. In base a tali affermazioni e alle prove presentate, il giudice decide in merito all'importo del credito principale e del credito accessorio del creditore, nonché sull'esistenza e sull'entità delle garanzie.
Partecipazione dei creditori alla procedura di adeguamento dei debiti
La procedura di adeguamento dei debiti riguarda i creditori i cui crediti verso il debitore sono diventati esigibili al momento della presentazione dell'istanza di adeguamento. La decisione sull'avvio della procedura di adeguamento dei debiti viene presa dal giudice, che prima può eventualmente ascoltare il creditore e chiedere informazioni o documenti aggiuntivi. L'ordinanza di avvio della procedura viene trasmessa al debitore e a tutti i creditori dei quali il debitore chiede l'adeguamento dei crediti. In caso di avvio della procedura, il creditore non può mettere fine al contratto con il debitore dal quale scaturiscono i crediti di cui il debitore chiede l'adeguamento invocando una violazione di obbligazioni pecuniarie antecedente la presentazione dell'istanza, né rifiutarsi di adempiere alle proprie obbligazioni per tale motivo. Nel comunicare al creditore il piano di adeguamento dei debiti, il giudice gli concede un termine, di almeno due settimane e comunque non superiore a quattro a decorrere dalla ricezione del piano di adeguamento dei debiti, per presentare il suo parere al giudice o al consigliere. Il creditore fa sapere se concorda con i dati relativi al suo credito e alle sue garanzie forniti dal debitore e se accetta il calcolo del debito effettuato dal debitore e l'adeguamento dei debiti secondo le modalità richieste da quest'ultimo. Se non accetta l'adeguamento dei debiti secondo le modalità richieste dal debitore, il creditore è tenuto a indicare se accetterebbe l'adeguamento secondo altre modalità. Se il creditore il cui credito è interessato da un progetto di adeguamento non concorda con i dati forniti dal debitore nell'elenco dei debiti, deve comunicare al giudice o, se quest'ultimo dispone in tal senso, al consigliere, entro i termini stabiliti dal giudice, i punti che non accetta e presentare prove in tal senso. Se il creditore non presenta nessuna dichiarazione entro i tempi stabiliti, l'ammontare del credito è ritenuto approvato. Il debitore o il consigliere che non accetta un'affermazione contenuta nella dichiarazione del creditore deve trasmettere prontamente al giudice la dichiarazione corredata di prove e spiegare i motivi per cui non accetta il contenuto della dichiarazione. In base alle affermazioni e alle prove presentate, il giudice decide in merito all'importo del credito principale e del credito accessorio e sull'esistenza di garanzie.
In virtù dell'ordinanza fallimentare, i beni del debitore diventano massa fallimentare e vengono utilizzati come attività per soddisfare i creditori ed effettuare la procedura fallimentare. La massa fallimentare comprende sia i beni detenuti dal debitore al momento della dichiarazione di fallimento, sia i beni rivendicati, recuperati o acquisiti dal debitore durante la procedura fallimentare. Non comprende invece i beni del debitore che in virtù della legge non possono essere pignorati.
Dopo la dichiarazione di fallimento il diritto del debitore di amministrare e di disporre della massa fallimentare viene trasferito al curatore fallimentare. Qualsiasi atto di disposizione relativo a un bene rientrante nella massa fallimentare effettuato dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento è nullo. Prima della dichiarazione di fallimento il giudice può vietare al debitore di disporre in tutto o in parte dei beni senza il consenso del curatore provvisorio.
Il curatore deve prendere possesso dei beni del debitore e cominciare ad amministrare la massa fallimentare subito dopo l'ordinanza fallimentare. Salvo diversa disposizione di legge, il curatore è tenuto a rivendicare i beni del debitore che sono in possesso di terzi per includerli nella massa fallimentare. L'amministrazione della massa fallimentare comporta l'esecuzione delle operazioni necessarie a tutelare la massa e a condurre la procedura fallimentare, nonché la gestione delle attività del debitore persona giuridica o l'organizzazione dell'attività economica dell'imprenditore, debitore persona fisica. Nell'ambito di una procedura fallimentare relativa a un debitore persona giuridica, il curatore esercita i diritti e i doveri del consiglio di amministrazione della persona giuridica, o dell'organo che lo sostituisce, che non sono contrari all'obiettivo della procedura fallimentare. Il curatore ha la stessa responsabilità di un membro di un organo di amministrazione.
Il curatore può effettuare operazioni in denaro relative alla massa fallimentare solo con l'autorizzazione del giudice. Inoltre il curatore non effettua versamenti in contanti ai creditori in base alla ripartizione. Un'operazione particolarmente importante per la procedura fallimentare può essere effettuata dal curatore solo con il consenso del comitato dei creditori. Sono considerate operazioni particolarmente importanti innanzitutto l'assunzione di prestiti e, nel caso in cui un'impresa rientri nella massa fallimentare, tutte le operazioni che esulano dall'attività economica abituale di tale impresa. Il curatore non può effettuare relativamente alla massa fallimentare o per conto di quest'ultima operazioni con sé stesso o con persone a lui collegate, né altre operazioni dello stesso tipo o che implichino un conflitto d'interessi, né chiedere il rimborso delle spese connesse a tali operazioni.
Il curatore può iniziare la vendita della massa fallimentare dopo la prima assemblea generale dei creditori, a meno che durante la suddetta assemblea i creditori non decidano diversamente. Se il debitore ha impugnato l'ordinanza fallimentare, i beni non possono essere venduti senza il consenso del debitore prima dell'esame dell'impugnazione presentata dinanzi al tribunale distrettuale. Queste restrizioni non si applicano alla vendita dei beni facilmente deperibili, dei beni il cui valore decade rapidamente o dei beni che presentano costi di conservazione o di stoccaggio eccessivamente elevati. Nel caso in cui l'attività dell'impresa del debitore viene portata avanti, i beni non possono essere venduti se questo impedisce la prosecuzione dell'attività. In caso di proposta di concordato, i beni non possono essere venduti prima della conclusione del concordato a meno che, nonostante la proposta in questione, l'assemblea generale dei creditori non decida diversamente. La massa fallimentare viene venduta all'incanto secondo le modalità previste dal codice delle procedure di esecuzione.
Crediti da insinuare al passivo
I crediti da insinuare al passivo sono i crediti sorti nei confronti del debitore prima della dichiarazione di fallimento, indipendentemente dal fondamento e dalla scadenza di tali crediti. Dopo la dichiarazione di fallimento tutti i crediti verso il debitore sono considerati decaduti, salva diversa disposizione di legge. Se il creditore è ricorso alla giustizia ma non è ancora stata presa una decisione, il giudice sospende la procedura e il creditore è tenuto a insinuare il credito presentando una dichiarazione al curatore fallimentare. Il creditore è tenuto a insinuare il credito anche quando è ricorso alla giustizia e la decisione del giudice è passata in giudicato, ma questo credito è considerato protetto. Se il debitore aveva la possibilità di presentare ricorso, questo diritto può essere esercitato dal curatore fallimentare.
Esame dei crediti sorti dopo l'avvio dalla procedura fallimentare
Dopo la dichiarazione di fallimento i creditori fallimentari possono insinuare i loro crediti nei confronti del debitore solo in base alle modalità previste dalla legge fallimentare. I crediti possono essere insinuati solo presso il curatore fallimentare. Inoltre possono essere insinuati solo i crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento; quelli sorti dopo la dichiarazione di fallimento non possono essere insinuati prima della fine della procedura fallimentare. Nel caso delle persone giuridiche, è opportuno considerare che la procedura fallimentare si conclude generalmente con la liquidazione della persona giuridica e che dopo la fine della procedura non c'è quindi più nessuno contro cui insinuare crediti. Quando si effettuano operazioni con persone giuridiche in fallimento è quindi necessario usare cautela e tenere conto di questo rischio. Nel caso delle persone fisiche, invece, i crediti sorti durante la procedura fallimentare possono essere insinuati dopo la procedura in base alle modalità generali. Le obbligazioni relative al risarcimento dei danni indebitamente causati dal debitore persona giuridica durante la procedura fallimentare sono obbligazioni consolidate; questo significa che è possibile imporre al debitore di eseguirle durante la procedura fallimentare secondo le modalità generali oppure realizzare a tale scopo una procedura di esecuzione sulla massa fallimentare.
Dopo la dichiarazione di fallimento il debitore potrebbe procedere a un atto di disposizione su un bene rientrante nella massa fallimentare. Tale atto sarebbe tuttavia nullo dal momento che, dopo la dichiarazione di fallimento, il diritto di amministrazione e di disposizione del patrimonio è passato al curatore fallimentare. Se il debitore procede comunque a un atto di disposizione, ciò che è stato trasferito in virtù di tale atto verrà restituito alla controparte, se il bene trasferito rientra ancora nella massa fallimentare, o sarà oggetto di risarcimento, se il trasferimento ha permesso di aumentare la massa fallimentare. Se il debitore ha disposto del bene il giorno della dichiarazione di fallimento, si presume che l'atto di disposizione sia stato effettuato dopo la dichiarazione di fallimento. Se prima della dichiarazione di fallimento il debitore ha disposto di crediti da maturare, la dichiarazione di fallimento rende nulla la disposizione dei crediti sorti dopo tale dichiarazione. Un debitore persona fisica può disporre della massa fallimentare con il consenso del curatore. Qualsiasi atto di disposizione effettuato senza il consenso del curatore è nullo.
Gestione dei crediti sorti dopo l'avvio di una procedura di riorganizzazione o di adeguamento dei debiti
Durante il periodo di validità del piano di riorganizzazione non possono essere promosse azioni riguardanti un credito incluso nel piano di riorganizzazione, mentre restano possibili le azioni su altri crediti. Durante il periodo di validità del piano di adeguamento dei debiti non è possibile promuovere azioni o chiedere l'avvio di un procedimento di volontaria giurisdizione su un credito incluso nel piano di adeguamento, mentre restano possibili le azioni su altri crediti. L'approvazione del piano di adeguamento dei debiti non pregiudica il diritto del creditore di contestare, nell'ambito di una procedura giudiziaria, i crediti non ammessi nel piano di adeguamento. Nell'ambito di una procedura giudiziaria il creditore può inoltre contestare l'importo di un credito relativamente alla parte di credito non ammessa.
La presentazione di un'istanza di riorganizzazione o di adeguamento dei debiti da parte del debitore comporta una sospensione del termine di prescrizione dei crediti nei confronti del debitore. Dopo la presentazione dell'istanza di riorganizzazione, su richiesta dell'impresa, approvata del consigliere di riorganizzazione, il giudice adito può sospendere una procedura giudiziaria relativa a un credito pecuniario nei confronti dell'impresa e fino all'approvazione del piano di riorganizzazione o fino alla fine della procedura di riorganizzazione, a meno che non si tratti di un credito connesso a un rapporto di lavoro o di un credito alimentare nei confronti dei quali non sia ancora stata adottata una decisione. In caso di avvio di una procedura di adeguamento dei debiti, il giudice sospende, fino all'approvazione del piano di aggiustamento o fino al termine della procedura, le procedure giudiziarie relative a crediti pecuniari verso il debitore su cu non sia ancora stata adottata una decisione.
Il piano di riorganizzazione non esonera una persona solidalmente responsabile dell'obbligazione dell'impresa dall'onorare tale obbligazione. L'approvazione del piano di adeguamento dei debiti non esonera una persona solidalmente responsabile dell'obbligazione del debitore dall'onorare tale obbligazione.
Norme in materia di insinuazione, controllo e ammissione dei crediti nell'ambito di una procedura fallimentare
Entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso di fallimento nel bollettino degli annunci ufficiali, i creditori sono tenuti a informare il curatore di tutti i loro crediti verso il debitore antecedenti la dichiarazione di fallimento, indipendentemente dal fondamento e dalla scadenza di tali crediti. Dopo la dichiarazione di fallimento, tutti i crediti verso il debitore sono considerati decaduti. A tale scopo i creditori devono presentare al curatore una dichiarazione scritta (dichiarazione di credito). Nella dichiarazione di credito è necessario indicare il contenuto, il motivo e l'importo del credito e l'eventuale esistenza di una garanzia. I documenti comprovanti le circostanze indicate nella dichiarazione di credito devono essere allegati alla dichiarazione. Il curatore è tenuto a verificare la fondatezza dei crediti insinuati e l'esistenza delle garanzie. Prima dell'assemblea di tutela dei crediti, il creditore e il debitore possono contestare per iscritto crediti o garanzie al curatore.
I crediti sono difesi nell'ambito dell'assemblea generale dei creditori (assemblea di tutela dei crediti). Le garanzie a sostegno del credito sono difese contestualmente al credito. Durante l'assemblea di tutela dei crediti, questi ultimi vengono esaminati nell'ordine in cui sono stati insinuati. Il credito, il suo rango e la garanzia a sostegno del credito sono considerati ammessi se nell'assemblea di tutela dei crediti non sono contestati né dal curatore, né da nessun creditore oppure se il creditore o il curatore che ha contestato il credito vi rinuncia durante l'assemblea. Se del caso, il curatore è tenuto a contestare il credito o la garanzia durante l'assemblea di tutela dei crediti. Un credito è considerato ammesso senza discussione in sede di assemblea di tutela dei crediti se è stato accettato con decisione giudiziaria o arbitrale passata in giudicato; lo stesso vale per una garanzia ammessa con decisione giudiziaria o arbitrale passata in giudicato o iscritta nel registro immobiliare, nel registro navale, nel registro delle garanzie commerciali o nel registro centrale dei titoli in Estonia. Viene poi stilato un elenco dei crediti ammessi.
Nel verbale dell'assemblea di tutela dei crediti per ogni credito esaminato viene indicato se il credito e la relativa garanzia sono stati ammessi e chi ha eventualmente contestato il credito, il rango o la garanzia a sostegno del credito. Nel verbale viene inoltre indicato chi ha rinunciato alle contestazioni precedentemente presentate. Se il credito di un creditore non è stato ammesso e se quest'ultimo non ha presentato istanza per farlo ammettere o se il giudice ne ha respinto la richiesta, la contestazione da parte del suddetto creditore del credito di un altro creditore non viene presa in considerazione. Se il credito di quest'altro creditore non è oggetto di altre contestazioni esso è considerato ammesso. Un credito ammesso in sede di assemblea di tutela dei crediti, così come il suo rango, non possono essere oggetto di contestazione successiva.
Norme in materia di insinuazione, controllo e ammissione dei crediti nell'ambito di una procedura di riorganizzazione o di adeguamento dei debiti
Nell'ambito di una procedura di riorganizzazione, il debitore presenta un elenco dei debiti con tutti i crediti detenuti nei suoi confronti e l'indicazione dei relativi creditori. I crediti non sono quindi insinuati dai creditori. Se un creditore, che presenta un credito oggetto di un progetto di adeguamento in base al piano di riorganizzazione, non accetta l'importo del credito indicato nell'ambito della procedura di riorganizzazione, può presentare al consigliere di riorganizzazione una dichiarazione scritta precisando quali sono i punti dell'avviso che non accetta e presentando prove in tal senso. Se il creditore non presenta nessuna dichiarazione entro i tempi stabiliti, l'ammontare del credito è ritenuto approvato. Il debitore può contestare il parere del creditore, ma è tenuto a motivare la propria posizione. In base a tali affermazioni e alle prove presentate, il giudice decide in merito all'importo del credito principale e del credito accessorio del creditore, nonché sulla esistenza e sull'entità delle garanzie.
Nell'ambito della procedura di adeguamento dei debiti, il debitore presenta un piano di adeguamento nel quale indica quali sono le obbligazioni interessate dalla sua istanza di adeguamento e secondo quali modalità. Come nel caso della procedura di riorganizzazione, i crediti non sono insinuati dai creditori. Se il creditore il cui credito è interessato da un progetto di adeguamento non concorda con i dati forniti dal debitore nell'elenco dei debiti, deve comunicare al giudice o, se quest'ultimo dispone in tal senso, al consigliere, entro i termini stabiliti dal giudice, i punti che non accetta e presentare prove in tal senso. Se il creditore non presenta dichiarazioni entro i tempi stabiliti, l'ammontare del credito è ritenuto approvato. Il debitore o il consigliere che non accetta un'affermazione contenuta nella dichiarazione del creditore deve trasmettere prontamente al giudice la dichiarazione corredata di prove e spiegare i motivi per cui non accetta il contenuto della dichiarazione. In base alle affermazioni e alle prove presentate, il giudice decide in merito all'importo del credito principale e del credito accessorio e sull'esistenza di garanzie.
In linea di principio tutti i creditori vengono trattati allo stesso modo, ma esistono alcune eccezioni che danno la priorità a determinati creditori.
Prima di effettuare versamenti in base alla ripartizione, i pagamenti successivi legati alla procedura fallimentare vengono eseguiti a partire dalla massa fallimentare nel seguente ordine:
Una volta effettuati questi pagamenti, i creditori vengono soddisfatti in base all'ordine dei seguenti crediti:
In caso di codebitori solidali, un terzo può essere considerato responsabile dell'obbligazione del debitore; in tal caso, il codebitore è responsabile nei confronti del creditore indipendentemente dall'insolvenza del debitore. Se il codebitore paga una parte del credito che il creditore ha a sua volta insinuato nei confronti del debitore, la parte pagata viene dedotta dal credito.
È anche possibile che l'obbligazione del debitore venga trasferita a terzi in virtù della legge. Se il datore di lavoro è diventato insolvente, ossia se è stato dichiarato fallito o se la procedura fallimentare è stata chiusa per estinzione, il lavoratore ha diritto al risarcimento della remunerazione non percepita prima della dichiarazione di insolvenza del datore di lavoro, dell'indennità per ferie non percepita prima della dichiarazione di insolvenza e delle indennità non percepite al momento del recesso dal contratto di lavoro prima o dopo la dichiarazione di insolvenza. Nell'ambito di una procedura fallimentare, in caso di insolvenza del datore di lavoro, il creditore dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione non versati a scadenza è lo Stato.
Nell'ambito di una procedura di riorganizzazione o di una procedura di adeguamento dei debiti non si può parlare di massa fallimentare; i creditori vengono soddisfatti in base al piano di riorganizzazione o di adeguamento dei debiti. Il piano di riorganizzazione non esonera una persona solidalmente responsabile dell'obbligazione dell'impresa dall'onorare tale obbligazione. La persona responsabile in solido di un'obbligazione dell'impresa che ha eseguito tale obbligazione beneficia del diritto alla restituzione nei confronti dell'impresa solo se quest'ultima è responsabile dell'esecuzione dell'obbligazione in virtù del piano di riorganizzazione. L'approvazione del piano di adeguamento dei debiti non esonera una persona solidalmente responsabile dell'obbligazione del debitore dall'onorare tale obbligazione. La persona responsabile in solido di un'obbligazione del debitore che ha eseguito tale obbligazione beneficia del diritto alla restituzione nei confronti del debitore solo nella misura in cui quest'ultimo è responsabile dell'esecuzione dell'obbligazione secondo il piano di adeguamento dei debiti.
Chiusura e conseguenze della chiusura della procedura fallimentare
La procedura fallimentare può concludersi con il rifiuto dell'istanza di fallimento, l'estinzione della procedura fallimentare, il venir meno del motivo del fallimento, l'accordo dei creditori, l'approvazione della relazione finale, l'omologazione del concordato o in presenza di altri motivi previsti dalla legge.
Il giudice adotta un'ordinanza di chiusura della procedura per estinzione, senza dichiarazione di fallimento, indipendentemente dall'insolvenza del debitore, se i beni di quest'ultimo non consentono di coprire le spese e gli oneri della procedura fallimentare e se non è possibile recuperare o rivendicare dei beni, in particolare in caso di impossibilità di promuovere un'azione nei confronti di un membro di un organo di amministrazione. Il giudice può mettere fine alla procedura per estinzione senza dichiarazione di fallimento, indipendentemente dall'insolvenza del debitore, anche qualora il patrimonio di quest'ultimo comprenda essenzialmente crediti di restituzione e crediti verso terzi e sia poco probabile che questi crediti vengano soddisfatti. Il giudice non mette invece fine alla procedura per estinzione se il debitore, un creditore o terzi versano sul conto stabilito, a titolo di deposito, l'importo indicato dal giudice per la copertura delle spese e degli oneri della procedura fallimentare. Se la procedura fallimentare relativa a un debitore persona giuridica si conclude per estinzione, il curatore provvisorio liquida la persona giuridica entro due mesi da quando l'ordinanza di chiusura è passata in giudicato, senza procedura di liquidazione. Se al momento dell'estinzione della procedura fallimentare il debitore è in possesso di beni, questi vengono utilizzati prima di tutto per pagare i compensi del curatore provvisorio e coprire le spese e gli oneri necessari.
Su richiesta del debitore, nei casi in cui il fallimento è stato dichiarato per probabile insolvenza futura del debitore, il giudice chiude la procedura fallimentare per cessazione del motivo della procedura se il debitore dimostra di non essere insolvente o a rischio di insolvenza. Quando la procedura fallimentare viene chiusa perché è venuto meno il motivo della procedura, la persona giuridica non viene sciolta.
Il giudice chiude la procedura fallimentare, su richiesta del debitore, se tutti i creditori che hanno insinuato crediti nei tempi previsti acconsentono alla chiusura. Se l'insolvenza del debitore persona giuridica è permanente, il giudice decide con ordinanza di chiudere la relativa procedura di liquidazione.
Quando il curatore presenta una relazione finale al comitato dei creditori e al giudice, la procedura fallimentare termina con l'approvazione della relazione. Nella relazione finale il curatore fornisce informazioni sulla massa fallimentare e sul ricavato della sua vendita, sui pagamenti effettuati, sui crediti ammessi, sulle istanze presentate o in attesa, ecc. I creditori possono contestare la relazione finale dinanzi al giudice. Il giudice approva la relazione finale e chiude la procedura fallimentare. Se dalla relazione finale emerge che durante la procedura fallimentare i diritti del debitore o dei creditori sono stati violati, il giudice non approva la relazione e la rimanda con ordinanza al curatore affinché la procedura fallimentare prosegua.
La procedura fallimentare può anche concludersi con la pubblicazione di un concordato. Il concordato è l'accordo tra il debitore e i creditori sul pagamento dei debiti, che prevede la riduzione dei debiti o la proroga dei pagamenti. Il concordato viene elaborato in base alla proposta del debitore o del curatore durante la procedura fallimentare dopo la dichiarazione di fallimento. È l'assemblea generale dei creditori a decidere sul concordato, ma la sua omologazione spetta al giudice. In tal caso il giudice chiude la procedura fallimentare con un'ordinanza di omologazione del concordato.
Se entro due anni dalla dichiarazione di fallimento la procedura fallimentare non è stata chiusa, il curatore presenta al comitato dei creditori e al giudice, ogni sei mesi fino alla chiusura della procedura, una relazione contenente i motivi per cui la procedura non è stata chiusa, i dati sui beni della massa fallimentare venduti e non venduti e informazioni sull'amministrazione della massa fallimentare. Con la chiusura della procedura fallimentare, salvo diversa disposizione di legge, il giudice libera il curatore dal suo incarico. Il giudice può tuttavia non liberarlo se al momento della chiusura della procedura fallimentare non tutti i beni della massa fallimentare sono stati venduti, se sono ancora attese somme di denaro, se le azioni promosse dal curatore non sono state esaminate oppure se il curatore ha l'intenzione o è tenuto a promuovere un'azione. In tal caso, il curatore continua a svolgere le proprie mansioni anche dopo la chiusura della procedura fallimentare. Se, dopo la chiusura della procedura fallimentare e dopo la liberazione del curatore dal suo incarico, la massa fallimentare è alimentata da nuove entrate di denaro o vengono liberate alcune somme riservate durante la ripartizione o emerge che la massa fallimentare comprende beni che non erano stati contemplati al momento della definizione della proposta di ripartizione, il giudice, di propria iniziativa o su richiesta del curatore o di un creditore, ordina un'ulteriore ripartizione.
Chiusura e conseguenze della chiusura della procedura di riorganizzazione
La procedura di riorganizzazione può concludersi con la chiusura anticipata, l'annullamento del piano di riorganizzazione, l'esecuzione anticipata del piano o alla scadenza prevista del piano. La procedura di riorganizzazione termina dopo l'esecuzione anticipata del piano di riorganizzazione se l'impresa ha adempiuto entro la scadenza tutte le obbligazioni previste dal piano.
La chiusura anticipata della procedura di riorganizzazione è possibile solo prima che venga approvato il piano di riorganizzazione. Il giudice procede alla chiusura anticipata della procedura di riorganizzazione se l'impresa non rispetta l'obbligo di cooperazione, se non versa a titolo di deposito l'importo stabilito dal giudice per la copertura dei compensi e delle spese del consigliere di riorganizzazione o del perito, se il piano di riorganizzazione non è stato approvato, se l'impresa presenta un'istanza in tal senso, se non sussistono più le condizioni che hanno determinato l'avvio della procedura di riorganizzazione, se i beni dell'impresa sono dilapidati o se gli interessi dei creditori vengono lesi, se il piano di riorganizzazione non è presentato nei tempi previsti o se l'istanza non è chiara. Quando il giudice procede alla chiusura anticipata della procedura di riorganizzazione tutte le conseguenze legate all'avvio della procedura di riorganizzazione cessano con effetto retroattivo.
La procedura di riorganizzazione si chiude alla scadenza del piano di riorganizzazione.
La procedura di riorganizzazione può anche concludersi a seguito dell'annullamento del piano di riorganizzazione. Questo piano viene annullato se, dopo la sua approvazione, l'impresa viene riconosciuta colpevole di un'infrazione nell'ambito di una procedura fallimentare o di esecuzione, se non adempie in modo significativo alle obbligazioni previste dal piano di riorganizzazione, se appare evidente, una volta trascorsa più della metà della durata del piano, che l'impresa non riuscirà ad adempiere le obbligazioni che aveva assunto in virtù del piano, su richiesta del consigliere di riorganizzazione se le spese necessarie per il controllo non vengono coperte o se l'impresa non collabora con il consigliere al rispetto dell'obbligazione di controllo o se non gli fornisce le informazioni necessarie all'esecuzione del controllo in questione, se l'impresa presenta una domanda di annullamento del piano di riorganizzazione o se viene dichiarato il fallimento dell'impresa. In caso di annullamento del piano di riorganizzazione le conseguenze legate all'avvio della procedura di riorganizzazione cessano con effetto retroattivo.
Chiusura e conseguenze della chiusura della procedura di adeguamento dei debiti
La procedura di adeguamento dei debiti termina se l'istanza di adeguamento viene respinta o se non viene esaminata oppure se il piano di adeguamento dei debiti viene annullato dopo la chiusura della procedura o alla scadenza indicata nel piano. La procedura termina a seguito dell'esecuzione anticipata del piano di adeguamento dei debiti se il debitore ha adempiuto entro la scadenza tutte le obbligazioni previste dal piano.
Il piano di adeguamento dei debiti viene annullato dal giudice su richiesta del debitore o a seguito della dichiarazione di fallimento del debitore. Il giudice può annullare il piano di adeguamento dei debiti se il debitore non adempie in maniera significativa le obbligazioni previste dal piano, se appare evidente, una volta trascorsa più della metà della durata del piano, che il debitore non riuscirà a eseguire le obbligazioni che aveva assunto ai sensi del piano, se il debitore non ha difficoltà di pagamento o se le ha superate, se ha presentato intenzionalmente o per grave negligenza dati errati o incompleti sul suo patrimonio o sulle sue entrate, sui suoi creditori o sulle sue obbligazioni, se il debitore ha effettuato versamenti a creditori non indicati nel piano di adeguamento dei debiti ledendo significativamente gli interessi degli altri creditori, se il debitore non collabora con il giudice o con il consigliere al rispetto dell'obbligazione di controllo o se non fornisce le informazioni necessarie all'esecuzione del controllo in questione, se il debitore non versa, a titolo di deposito, l'importo stabilito dal giudice per la copertura dei compensi e delle spese del consigliere o del perito. In caso di annullamento del piano di adeguamento dei debiti le conseguenze legate all'avvio della procedura di adeguamento dei debiti cessano con effetto retroattivo.
Diritti dei creditori dopo la chiusura della procedura fallimentare
Una volta terminata la procedura fallimentare i creditori possono far valere, in base alle modalità generali, i crediti detenuti nei confronti del debitore che avrebbero potuto essere insinuati nell'ambito della procedura fallimentare ma che non lo sono stati, così come i crediti che, seppure insinuati, non sono stati soddisfatti o che il creditore ha contestato. In tal caso, gli interessi e le penali di mora non vengono calcolati per il periodo della procedura fallimentare.
Se il debitore persona fisica viene liberato dalle obbligazioni non eseguite durante la procedura fallimentare, i crediti dei creditori fallimentari nei confronti del debitore si estinguono, compresi i crediti non insinuati nell'ambito della procedura fallimentare, tranne per quanto riguarda il risarcimento dei danni causati intenzionalmente e in modo illecito e i crediti alimentari verso un figlio o un genitore.
Dopo la fine della procedura fallimentare i creditori possono far valere anche i crediti nei confronti del debitore derivanti da obbligazioni consolidate che non sono stati soddisfatti nell'ambito della procedura fallimentare. Possono essere fatti valere in base alle modalità generali anche i crediti sorti nei confronti del debitore durante la procedura fallimentare e che non è stato possibile insinuare nell'ambito della procedura. In tal caso, il termine di prescrizione decorre dalla chiusura della procedura fallimentare. Nella misura in cui un credito ammesso non è stato soddisfatto nell'ambito della procedura fallimentare, l'ordinanza funge da titolo esecutivo se il debitore non ha contestato il credito o se quest'ultimo è stato riconosciuto dal giudice.
Diritti dei creditori dopo la chiusura della procedura di riorganizzazione
Se la procedura di riorganizzazione si chiude alla scadenza del piano di riorganizzazione, dopo tale scadenza un creditore può far valere un credito oggetto di adeguamento nell'ambito del piano di riorganizzazione solo nella misura stabilita dal piano di riorganizzazione ma non eseguita.
In caso di annullamento del piano di riorganizzazione o di chiusura anticipata, le conseguenze legate all'avvio della procedura di riorganizzazione cessano con effetto retroattivo. Il creditore il cui credito è stato oggetto di adeguamento nell'ambito del piano di riorganizzazione ritrova il suo diritto di ricorso nei confronti dell'impresa per quanto riguarda l'importo iniziale. Occorre tuttavia tenere conto di ciò che il creditore ha già ottenuto nel corso dell'applicazione del piano di riorganizzazione.
Diritti dei creditori dopo la chiusura della procedura di adeguamento dei debiti
Se la domanda non è stata esaminata o è stata respinta oppure se la procedura è stata chiusa, tutte le conseguenze legate all'avvio della procedura cessano con effetto retroattivo. Il creditore il cui credito è stato oggetto di adeguamento nell'ambito del piano di adeguamento dei debiti ritrova il suo diritto di ricorso nei confronti del debitore per quanto riguarda l'importo iniziale. Occorre tuttavia tenere conto di ciò che il creditore ha già ottenuto durante l'applicazione del piano di adeguamento dei debiti.
Dopo la scadenza del piano di adeguamento dei debiti, un creditore può far valere un credito oggetto di adeguamento nell'ambito del piano solo nella misura stabilita dal piano di riorganizzazione ma non eseguita.
Procedura fallimentare
Se l'istanza di fallimento viene accettata o se la procedura fallimentare si conclude con un concordato, le spese e gli oneri della procedura sono a carico della massa fallimentare. Se il giudice respinge o non esamina l'istanza di fallimento presentata da un creditore oppure se la procedura termina perché il creditore vi rinuncia, le spese e gli oneri della procedura fallimentare sono a carico del creditore. In caso di estinzione della procedura fallimentare, il giudice stabilisce la ripartizione delle spese e degli oneri della procedura fallimentare tenendo conto delle circostanze.
Se una procedura avviata su richiesta del debitore si conclude per estinzione senza dichiarazione di fallimento e i beni del debitore non sono sufficienti a effettuare i pagamenti necessari, il giudice condanna il debitore a pagare i compensi e le spese rimborsabili del curatore provvisorio; può anche ordinarne il rimborso con fondi pubblici. Il limite relativo al rimborso dei compensi e delle spese del curatore provvisorio con fondi pubblici è di 397 euro (incluse le tasse previste dalla legge ed esclusa l'Iva). Il giudice non ordina il rimborso dei compensi e delle spese del curatore provvisorio con fondi pubblici se il debitore, un creditore o terzi hanno versato sull'apposito conto l'importo a titolo di deposito stabilito dal giudice per la copertura dei compensi e delle spese rimborsabili del curatore provvisorio.
Procedura di riorganizzazione
All'avvio della procedura di riorganizzazione, il giudice stabilisce il termine entro il quale l'impresa deve versare sull'apposito conto l'importo a titolo di deposito stabilito per la copertura dei compensi e delle spese iniziali del consigliere di riorganizzazione. Se l'impresa non versa l'importo, il giudice chiude la procedura di riorganizzazione. Il giudice stabilisce l'entità del rimborso dei compensi e delle spese del consigliere di riorganizzazione nel momento in cui lo libera dal suo incarico o quando approva il piano di riorganizzazione, basandosi sulla relazione sulle attività e le spese del consigliere.
Se nell'ambito della procedura di riorganizzazione il giudice invita dei periti, questi hanno il diritto di essere rimborsati per le spese giustificate e necessarie sostenute per l'esecuzione dei loro obblighi e di essere retribuiti per il loro operato. Il giudice stabilisce l'entità del rimborso dei compensi e delle spese del perito nel momento in cui lo libera dal suo incarico basandosi sulla relazione relativa alle attività e alle spese del perito, presentata nei termini stabiliti dal giudice. Prima di stabilire i compensi del perito, il giudice può anche ascoltare l'impresa.
Procedura di adeguamento dei debiti
Le spese e gli oneri della procedura di adeguamento dei debiti sono a carico del debitore, mentre le spese legali dei creditori sono a carico di quest'ultimi. Il giudice può porre le spese legali dei creditori a carico del debitore se quest'ultimo ha presentato deliberatamente un'istanza di adeguamento dei debiti ingiustificata o se ha causato in altro modo spese legali ai creditori presentando intenzionalmente informazioni errate o una domanda o una contestazione che sapeva ingiustificata. Il debitore non può ottenere dallo Stato un aiuto finanziario per pagare l'imposta statale. Se il piano di adeguamento dei debiti è stato eseguito, il debitore non è tenuto a rimborsare le spese pagate grazie all'aiuto finanziario dello Stato. In caso di nomina di un consigliere o di un perito il giudice stabilisce l'importo che il debitore è tenuto a versare sull'apposito conto a titolo di deposito per coprire i compensi e le spese del consigliere o del perito.
Procedura fallimentare
Dopo la dichiarazione di fallimento il diritto del debitore di amministrare e di disporre della massa fallimentare viene trasferito al curatore fallimentare. Qualsiasi atto di disposizione relativo a un bene rientrante nella massa fallimentare effettuato dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento è nullo. Un debitore persona fisica può disporre della massa fallimentare con il consenso del curatore. Qualsiasi atto di disposizione effettuato senza il consenso del curatore è nullo.
Il giudice invalida, con procedura di revoca, qualsiasi operazione o transazione del debitore effettuata prima della dichiarazione di fallimento lesiva degli interessi dei creditori. Se la transazione o l'operazione da invalidare è stata effettuata dopo la nomina del curatore provvisorio, ma prima della dichiarazione di fallimento, si presume che la transazione o l'operazione abbia leso gli interessi dei creditori.
Il debitore, un creditore o il curatore può chiedere al giudice di invalidare una decisione dell'assemblea generale dei creditori non conforme alla legge o adottata senza rispettare le modalità previste dalla legge oppure una decisione per la quale il diritto di ricorso sia direttamente previsto dalla legge. È inoltre possibile chiedere l'invalidamento di una decisione dell'assemblea generale dei creditori lesiva degli interessi comuni dei creditori.
Se è stata avviata una procedura per liberare il debitore persona fisica dalle sue obbligazioni, il giudice può, su richiesta di un creditore ed entro un anno dall'adozione dell'ordinanza con cui il debitore viene liberato dalle obbligazioni non eseguite nell'ambito della procedura fallimentare, annullare l'ordinanza se è evidente che il debitore ha intenzionalmente violato le proprie obbligazioni durante la procedura volta a liberarlo dalle sue obbligazioni e che così facendo ha compromesso in modo sostanziale la possibilità di soddisfare i creditori fallimentari.
Qualora il debitore e i creditori concordino, dopo la dichiarazione di fallimento, di concludere un concordato, il giudice può annullare il concordato se il debitore non adempie le obbligazioni in esso previste o se è stato condannato per un'infrazione riguardante una procedura fallimentare o di esecuzione oppure se appare evidente, una volta trascorsa più della metà del periodo di validità del concordato, che il debitore non riuscirà a soddisfare le condizioni del concordato. L'annullamento del concordato produce effetti su tutti i creditori che hanno partecipato al concordato e tutela quindi l'insieme dei creditori.
Procedura di riorganizzazione
Il giudice annulla il piano di riorganizzazione se, dopo l'approvazione del piano, l'impresa viene riconosciuta colpevole di un'infrazione riguardante una procedura fallimentare o di esecuzione, se non adempie in modo significativo alle obbligazioni previste dal piano di riorganizzazione, se appare evidente, una volta trascorsa più della metà della durata del piano, che essa non riuscirà ad adempiere le obbligazioni che aveva assunto in virtù del piano, su richiesta del consigliere di riorganizzazione se le spese per il controllo non sono sostenute o se l'impresa non collabora con il consigliere al rispetto dell'obbligazione di controllo o se non gli fornisce le informazioni necessarie all'esecuzione del controllo in questione, se l'impresa presenta una domanda in tal senso o se viene dichiarato il fallimento dell'impresa. Il creditore il cui credito è stato oggetto di adeguamento nell'ambito del piano di riorganizzazione ritrova il suo diritto di ricorso nei confronti del debitore per quanto riguarda l'importo iniziale. Occorre tuttavia tenere conto di ciò che il creditore ha già ottenuto nel corso dell'applicazione del piano di riorganizzazione.
Procedura di adeguamento dei debiti
Il giudice può annullare il piano di adeguamento dei debiti su richiesta del debitore o a seguito della dichiarazione di fallimento del debitore, oppure se il debitore non adempie in maniera significativa le obbligazioni previste dal piano, se appare evidente, una volta trascorsa più della metà della durata del piano, che il debitore non riuscirà a eseguire le obbligazioni che aveva assunto ai sensi del piano, se il debitore non ha difficoltà di pagamento o se le ha superate e se l'adeguamento dei crediti non sarebbe più giusto nei confronti dei creditori a causa di un sostanziale cambiamento delle circostanze, se il debitore ha presentato intenzionalmente o per grave negligenza dati errati o incompleti sul suo patrimonio e sulle sue entrate, sui suoi creditori o sulle sue obbligazioni, se il debitore ha effettuato versamenti a creditori non indicati nel piano di adeguamento dei debiti ledendo significativamente gli interessi degli altri creditori, se il debitore non collabora con il giudice o con il consigliere al rispetto dell'obbligo di controllo o se non fornisce le informazioni necessarie all'esecuzione del controllo in questione o se il debitore non versa l'importo a titolo di deposito stabilito dal giudice. Il creditore il cui credito è stato oggetto di adeguamento nell'ambito del piano di adeguamento dei debiti ritrova il suo diritto di ricorso nei confronti del debitore per quanto riguarda l'importo iniziale. Occorre tuttavia tenere conto di ciò che il creditore ha già ottenuto nel corso dell'applicazione del piano di adeguamento dei debiti.
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