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La legge disciplina i presupposti di legge per la pronuncia di divorzio (v. par. n. 2). Il giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti di legge per la pronuncia di divorzio.
Tale verifica è necessaria anche nella ipotesi di domanda congiunta di divorzio; il consenso dei coniugi non costituisce infatti causa efficiente del divorzio (e quindi non si ha un divorzio propriamente congiunto), ma ai fini della pronuncia favorevole è pur sempre necessaria la verifica giudiziale dei fatti posti a fondamento della domanda.
La pronuncia giudiziale sarà di scioglimento del matrimonio, se contratto a norma del codice civile, ovvero di cessazione degli effetti civili se si tratta di matrimonio contratto secondo il rito religioso e regolarmente trascritto nei registri di stato civile. E’ necessaria la partecipazione del pubblico ministero.
Fonti: legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificata dalla legge 1 agosto 1978, n. 436, dalla legge 6 marzo 1987, n. 74 e dallalegge 6 maggio 2015 n. 55.
Uno dei coniugi può chiedere il divorzio:
1) quando l’altro coniuge, dopo la celebrazione del matrimonio, è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per fatti - anche anteriori al matrimonio – di particolare gravità, e cioè:
alla pena dell’ergastolo ovvero ad una pena superiore a 15 anni, anche con più sentenze, per delitti non colposi, con esclusione dei reati politici e di quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale;
a qualsiasi pena detentiva per i delitti di incesto (art.564 cp) e per i delitti in materia di violenza sessuale di cui agli artt. 609 bis ( violenza sessuale), 609 quater, 609 quinquies, 609 octies (introdotti con legge 1996,n.66);
a qualsiasi pena detentiva per l’omicidio volontario di un figlio o per il tentativo di omicidio del coniuge o di un figlio;
a qualsiasi pena detentiva, con due o più condanne, per i delitti di lesioni personali gravissime, di violazione degli obblighi di assistenza familiare , di maltrattamenti in famiglia e verso fanciulli, di circonvenzione di incapace, in danno del coniuge o di un figlio, salve le ipotesi di condanna del coniuge richiedente per concorso ovvero di accertata ripresa della convivenza coniugale;
2) nei casi in cui:
l’altro coniuge è stato assolto dai reati di incesto e di violenza sessuale cui alle lett. b) e c) del punto n. 1, quando il giudice accerti la inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;
è stata pronunciata separazione giudiziale o consensuale e la separazione si sia protratta ininterrottamente
il procedimento penale promosso per i delitti di cui alle lett. b) e c) del punto n. 1 si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, ma il giudice del divorzio accerta che ricorrono le condizioni di punibilità dei delitti stessi;
il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di non punibilità del fatto per mancanza di pubblico scandalo;
l’altro coniuge cittadino straniero ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;
il matrimonio non è stato consumato;
è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso , potendo in tal caso la domanda di divorzio essere presentata sia dal coniuge che ha mutato sesso, sia dall’altro.
In sintesi, oltre alle ipotesi cd. penalistiche (nelle quali, oltre alla condanna per fatti di particolare gravità, vanno comprese anche le ipotesi di assoluzione per vizio di mente , di estinzione del reato , di mancanza della condizione obiettiva di punibilità nella fattispecie di incesto), costituiscono causa di divorzio: la separazione personale ; l’annullamento , lo scioglimento o il nuovo matrimonio all’estero dell’altro coniuge; la non consumazione del matrimonio; il mutamento di sesso.
La pronuncia di divorzio comporta:
in primo luogo l’estinzione del vincolo coniugale, con conseguente restituzione ai coniugi dello stato civile di nubile o celibe che consente loro di contrarre nuovo matrimonio.
Per la donna, la perdita del cognome che aveva aggiunto al proprio; ma il tribunale può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito in aggiunta al suo, quando sussista un interesse della ricorrente ovvero dei figli meritevole di tutela.
Non fa venire meno il vincolo di affinità ed in particolare non fa cessare l’impedimento dell’affinità in linea retta (art. 87, n. 4, cc);
Non fa perdere la cittadinanza al coniuge straniero che l’abbia acquisita a seguito di matrimonio.
Il divorzio determina lo scioglimento della comunione legale (la quale riguarda tutti gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, salvo che si tratti dei beni personali indicati nell’art. 179 cc), nonché lo scioglimento del fondo patrimoniale; ma qualora vi siano figli minori il fondo permane fino alla maggiore età dell’ultimo dei figli minori. Non produce effetti sulla comunione ordinaria (per esempio in caso di beni acquistati prima del matrimonio pro-quota, o anche durante il matrimonio ma in regime di separazione dei beni) che può essere sciolta ad istanza di uno dei coniugi.
Al genitore convivente con il figlio minore potrebbe essere riconosciuto il diritto a continuare ad abitare nella ex casa coniugale ove sussista l’interesse del minore a permanere in tale abitazione.
Il tribunale che pronuncia il divorzio dispone anche l’affidamento condiviso dei figli minori, tranne nei casi eccezionali di affidamento esclusivo ad uno dei due genitori; stabilisce inoltre i tempi di permanenza dei figli minori presso il genitore non collocatario (presso il quale non è collocato il minore); dispone per l’amministrazione dei beni dei figli; adotta provvedimenti per la determinazione di un assegno periodico mensile in favore dei figli da versarsi a mani del genitore convivente (in caso di minore età del figlio)
Con la pronuncia di divorzio il tribunale, ad istanza di parte, dispone l’attribuzione di un assegno periodico divorzile in favore del coniuge che non abbia mezzi adeguati di sussistenza ovvero non possa procurarseli per ragioni obiettive. L’obbligo di corrispondere l’assegno cessa nel caso di passaggio a nuove nozze del coniuge beneficiario. L’assegno di divorzio, su accordo della parti, può anche essere corrisposto in unica soluzione, anche mediante trasferimento in favore del coniuge beneficiario del diritto di proprietà su un immobile. (Per ulteriori informazioni vedere: Crediti alimentari – Italia)
Il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno per il mantenimento del coniuge (in caso di separazione) o dell’assegno divorzile e/o dei figli commette il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod.pen.).
Ulteriori effetti. Il coniuge divorziato e non passato a nuove nozze, che sia titolare di un assegno di divorzio, ha, altresì, diritto ad una percentuale della indennità di fine rapporto di lavoro percepita dall’altro coniuge; in caso di morte dell’ex coniuge, ha diritto alla pensione di reversibilità ovvero a concorrere alla ripartizione della pensione con il coniuge superstite, nonché ad un assegno successorio a carico dell’eredità, qualora versi in stato di bisogno. La legge prevede altresì la possibilità per il coniuge beneficiario di iscrivere ipoteca ovvero di ottenere il sequestro dei beni del coniuge obbligato.
La separazione personale dei coniugi implica la cessazione dell’obbligo di convivenza derivante dal matrimonio. La separazione di fatto è priva di effetti (fatte salve le situazioni anteriori alla legge di riforma del 1975, n. 151).
Per effetto della separazione non viene meno il rapporto coniugale, ma si ha solo un’attenuazione del vincolo.
La separazione legale può essere giudiziale o consensuale.
Fonti: la disciplina di carattere sostanziale è contenuta nel codice civile (artt. 150 e seguenti del codice civile; in materia successoria articoli 548 e 585 codice civile).
La separazione giudiziale presuppone l’accertamento della sopravvenuta intollerabilità della convivenza tra i coniugi .
Su richiesta di uno dei due coniugi, anche in opposizione alla volontà dell’altro, il giudice - ove ne ricorrano i presupposti - dichiara la separazione;
in casi eccezionali è prevista anche una pronuncia di addebito che rileva ai fini dell’attribuzione dell’assegno di mantenimento, dell’assegno divorzile e ai fini successori. E’ necessaria la partecipazione del pubblico ministero.
La separazione consensuale trova la sua fonte nell’accordo dei coniugi, ma acquista efficacia solo con il provvedimento di omologazione da parte del Tribunale, cui spetta la funzione di controllare che i patti intervenuti tra i coniugi siano conformi ai superiori interessi della famiglia. In particolare, se l’accordo relativo all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l’interesse di questi ultimi, il giudice riconvoca le parti indicando le modifiche da adottare e, in caso di soluzione inidonea, può rifiutare l’omologazione.
Rapporti personali: con la separazione (giudiziale o consensuale) viene meno l’obbligo di assistenza in tutte le forme che presuppongono la convivenza; cessa la presunzione di paternità; la donna non perde il cognome del marito che aveva aggiunto al proprio, ma il giudice – su istanza di quest’ultimo - può vietarne l’uso ove esso sia gravemente pregiudizievole, così come può autorizzare la moglie a non farne uso qualora ne possa derivare un pregiudizio.
Proprietà beni comuni: la comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione.
Responsabilità genitoriale: il giudice che pronuncia la separazione provvede sull’affidamento dei figli minori e stabilisce la misura dell’assegno a carico del coniuge presso il quale il minore non è collocato (o non affidatario nei casi eccezionali di affidamento esclusivo) per il mantenimento dei figli. Il coniuge presso il quale il minore è collocato è preferito nell’assegnazione del diritto di abitazione nella casa coniugale (Per ulteriori informazioni vedere “Responsabilità parentale” – Italia) .
Assegno di mantenimento: il giudice, se richiesto, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia stata addebitata la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge un assegno di mantenimento, qualora non abbia adeguati redditi propri. In caso di addebito, resta salvo il diritto del coniuge che si trovi in stato di bisogno a ricevere gli alimenti, cioè a ricevere periodicamente una somma nei limiti di quanto necessario al suo sostentamento (Per ulteriori informazioni v. “Crediti alimentari “– Italia)
La giurisprudenza ha ritenuto applicabile all’assegno di separazione il criterio di adeguamento automatico previsto espressamente per l’assegno di divorzio.
E’ possibile la successiva modifica dei provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e alla misura dell’assegno (per il coniuge e per i figli). La violazione dell’obbligo di versamento dell’assegno costituisce reato (art. 570 cp).
Separazione senza e con addebito: Il coniuge separato cui non sia stata addebitata la separazione mantiene gli stessi diritti successori del coniuge non separato.
Il coniuge cui sia stata addebitata la separazione ha diritto solo ad un assegno vitalizio se, al momento dell’apertura della successione, godeva di un assegno alimentare a carico del coniuge deceduto ( ex artt. 548 e 585 cc).
Ulteriori effetti: la sentenza di separazione costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale; in caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può ordinare il sequestro dei beni dell’obbligato e ordinare a terzi, tenuti a corrispondere somme periodiche all’obbligato, di versarne una parte agli aventi diritto.
Il codice civile raccoglie sotto la categoria della “nullità” (artt. 117 e segg. codice civile) ipotesi tra loro diverse, riconducibili alla nullità ovvero all’annullabilità del matrimonio. E’ preferibile utilizzare la categoria della invalidità e fare riferimento in concreto alle singole figure di invalidità e al relativo regime giuridico.
Il matrimonio è invalido quando è inficiato dai vizi espressamente indicati dal legislatore e che devono essere fatti valere con apposita impugnativa.
L’azione di annullamento del matrimonio non si trasmette agli eredi, salvo che il giudizio sia già pendente. E’ necessaria la partecipazione del pubblico ministero.
Fonti: la disciplina di carattere sostanziale è contenuta nel codice civile (artt. 117 – 129 bis cc)
Le cause di invalidità del matrimonio sono le seguenti (artt. 117 e segg. cc):
1. vincolo di precedente matrimonio di uno dei coniugi (mancanza della libertà di stato); l’invalidità è assoluta e imprescrittibile; la legittimazione spetta ai coniugi, agli ascendenti prossimi, al pubblico ministero e a chiunque vi abbia interesse;
2. impedimentum criminis; tale causa sussiste quando il matrimonio viene contratto da persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato in danno del coniuge dell’altra; l’invalidità è assoluta e insanabile e può essere fatta valere dai coniugi, dal pubblico ministero e da chiunque vi abbia interesse;
3. interdizione per infermità di mente di uno dei coniugi; la pronuncia di interdizione può intervenire anche successivamente al matrimonio, purché accerti l’esistenza della incapacità al momento del matrimonio; la impugnazione può essere proposta dal tutore, dal Pubblico Ministero e da chiunque vi abbia interesse;
4. incapacità di intendere e di volere (cd. incapacità naturale) di uno dei coniugi; l’impugnazione può essere proposta dal coniuge che – benché non interdetto – provi di avere contratto il vincolo matrimoniale trovandosi in condizioni di incapacità di intendere e di volere; l’azione non può essere proposta se - dopo il recupero delle facoltà mentali – vi sia stata coabitazione per un anno;
5. difetto di età; la legittimazione spetta ai coniugi, al Pubblico Ministero e ai genitori; il già minorenne non può agire dopo oltre un anno dalla maggiore età;
6. vincolo di parentela, affinità, adozione, e affiliazione; l’invalidità può essere fatta valere dai coniugi, dal Pubblico Ministero e da chiunque vi abbia interesse, salvo che sia trascorso un anno dalla celebrazione e si tratti di una ipotesi in cui sarebbe stata possibile l’autorizzazione
7. violenza, timore ed errore ( consenso estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo; errore sulla identità della persona o errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge ex art. 122 cc); la legittimazione spetta al coniuge il cui consenso sia affetto da uno dei vizi sopra indicati, salvo che via stata coabitazione per un anno dal momento di cessazione della causa di violenza o di timore ovvero dalla data di scoperta dell’errore;
8. simulazione; il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi i quali abbiano contratto matrimonio con l’accordo di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti che ne derivano; l’azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero quando i contraenti, anche per breve tempo, abbiano convissuto more uxorio successivamente alla celebrazione del matrimonio
Se i coniugi erano in buona fede (e cioè ignoravano il vizio al momento della celebrazione), il matrimonio si considera valido fino alla pronuncia di annullamento, la quale opera con effetti ex nunc (cd. matrimonio putativo). Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli, anche nel caso di mala fede di entrambi i coniugi.
Il giudice può altresì disporre a carico di uno dei coniugi l’obbligo di corrispondere per un periodo non superiore a tre anni somme periodiche di denaro a favore dell’altro coniuge che non abbia redditi propri adeguati e non sia passato a nuove nozze.
Se uno solo dei coniugi era in buona fede, gli effetti del matrimonio putativo si verificano in suo favore e in favore dei figli. Il coniuge in mala fede è tenuto a corrispondere una congrua indennità corrispondete al mantenimento per tre anni, oltre alla prestazione degli alimenti se non vi siano altri obbligati.
Il Governo italiano con il decreto legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito in legge n. 162/2014, ha previsto due nuove procedure alternative alla via giurisdizionale:
1) le parti possono stilare una convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero la possibilità di risolvere in via amichevole e stragiudiziale la controversia con l’assistenza degli avvocati. Possibilità estesa, anche in presenza di figli minori o maggiorenni portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, alle separazioni consensuali tra coniugi, alla cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio o ai procedimenti di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. In tal modo, si vuole prevenire la instaurazione di un processo (artt.2 e 6);
2) laddove non vi siano figli minori o maggiorenni portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, è stata introdotta la possibilità per i coniugi di concludere dinanzi all’ufficiale di stato civile un accordo di separazione personale o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione e di divorzio (art 12).
La disciplina processuale del divorzio è applicabile anche al procedimento di separazione giudiziale, salvo i limiti di compatibilità; è residuale l’applicazione delle previsioni di cui agli artt. 706 e segg. c.p.c..
Il giudizio si svolge nelle forme di un procedimento speciale di cognizione che segue regole differenziate rispetto a quelle del rito ordinario, soprattutto nella fase presidenziale (il procedimento è sostanzialmente diviso in due fasi: una fase presidenziale e una fase istruttoria, più propriamente contenziosa).
Competenza: tribunale, in composizione collegiale, del luogo di ultima residenza comune dei coniugi o di uno degli altri luoghi indicati dalla norma (706 c.p.c.) nel caso di irreperibilità o di residenza all’estero, del luogo di residenza o domicilio del ricorrente; se entrambi risiedono all’estero, è competente qualunque tribunale della Repubblica. Nel caso di divorzio congiunto, i coniugi possono scegliere il luogo di residenza o domicilio dell’uno o dell’altro.
Procedimento: la domanda di separazione o divorzio si propone in forma di ricorso che va depositato presso la cancelleria del tribunale competente; al ricorso vanno allegati i documenti che si offrono in comunicazione, ma è possibile produrli anche direttamente all’udienza presidenziale; il ricorso e il decreto con il quale il presidente del tribunale ha fissato l’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé devono essere notificati a cura del ricorrente all’altro coniuge; se all’udienza presidenziale il tentativo di conciliazione non ha esito positivo, il presidente adotta i provvedimenti temporanei nell’interesse dei coniugi e dei figli e fissa l’udienza davanti al giudice istruttore, davanti al quale la trattazione della causa si svolge secondo le regole del processo ordinario di cognizione.
Divorzio congiunto: l’istanza congiunta presuppone l’accordo dei coniugi sia in ordine al divorzio sia in ordine alle condizioni riguardanti i figli e i rapporti economici. Il procedimento è semplificato.
Fonti: legge 1970, n. 898 e succ.mod.; per la separazione personale è residuale l’applicazione degli artt. 706-711 c.p.c..
E’ previsto il patrocinio a spese dello Stato e quindi è possibile farsi assistere da un avvocato senza dover affrontare le spese di difesa e le altre spese processuali. Del patrocinio a spese dello Stato può usufruire anche il cittadino straniero regolarmente soggiornante in Italia. Per le condizioni di ammissione a tale beneficio si rinvia alla legge 1990/217 e alla scheda sul patrocino a spese dello Stato. Poiché la domanda va presentata al consiglio dell’ordine degli avvocati possono essere consultati i relativi siti web (per il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma) nonché il sito del Ministero della giustizia.
Fonti: legge 1990 n. 217, come modificata dalla legge 2001, n.134.
Le sentenze di separazione giudiziale, di divorzio o di annullamento del matrimonio sono suscettibili di impugnazione mediante il mezzo dell’appello. Le sentenze non definitive in materia di divorzio (per esempio quelle che pronunciano sullo status) o di separazione (per esempio quando la causa prosegue per la pronuncia sull’addebito o sull’assegno) non sono suscettibili di appello differito (cioè unitamente alla sentenza definitiva), ma devono essere impugnate nei termini di legge.
Trova in materia applicazione il regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003, che prevede una procedura comune a tutti i Paesi della U.E.
Il riconoscimento è automatico, quindi non è necessario alcun procedimento per l’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile di uno Stato membro a seguito di decisione di divorzio, separazione, annullamento contro la quale non sia più possibile proporre impugnazione.
Ma ogni parte interessata può anche far dichiarare che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta; i motivi di non riconoscimento sono espressamente previsti dal regolamento. L’istanza (nella forma del ricorso) si propone alla corte di appello territorialmente competente (con riferimento al luogo di attuazione della decisione, in applicazione delle norme interne). Il giudice decide senza indugio (anche senza contraddittorio) e la decisione viene comunicata al richiedente.
Contro la decisione sul riconoscimento ciascuna delle parti può proporre opposizione davanti alla corte di appello che ha adottato il provvedimento, nel termine di un mese dalla sua notificazione (due mesi se la controparte è residente in uno Stato diverso); in questa seconda fase vanno rispettate le regole del contraddittorio e trovano applicazione le ordinarie disposizioni sul processo contenzioso.
Contro la sentenza che decide sull’opposizione è ammesso ricorso per cassazione (V. allegati al Regolamento).
La legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di divorzio; nel caso di coniugi con diversa cittadinanza, la ricerca della legge applicabile viene rimessa al prudente apprezzamento del giudice che dovrà individuare il paese in cui la vita coniugale è prevalentemente localizzata.
Se la legge straniera in concreto applicabile non prevede la separazione personale e il divorzio, troverà applicazione la legge italiana (art. 31 legge 1995, n. 218), prevalendo in tal caso la lex fori. Al riguardo, va in particolare rilevato che l’applicazione della legge italiana non presuppone la cittadinanza italiana del coniuge richiedente e può essere invocata anche da uno straniero, sia in un matrimonio misto sia in un matrimonio tra stranieri.
Con riferimento alle ipotesi formulate nel quesito, ai coniugi italiani che abbiano presentato in Italia domanda di separazione o di divorzio sarà applicabile la legge italiana, anche se non residenti in Italia; se si tratta di coniugi di nazionalità diversa, troverà applicazione la legge dello Stato nel quale si è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale; ma se detta legge non conosce gli istituti della separazione o del divorzio il giudice (italiano) applicherà la legge italiana.
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