Cassazione civile, SEZIONE II, 23 febbraio 2001, n. 2659
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Gaetano GAROFALO - Presidente - Dott. Rafaele CORONA - Consigliere - Dott. Giandonato NAPOLETANO - Consigliere - Dott. Carlo CIOFFI - Consigliere - Dott. Ettore BUCCIANTE - Rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: MAC 2 S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VLE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell'avvocato MONZINI ANTONIO, che lo difende, giusta delega in atti;
- ricorrente –
contro
FANTONI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore;
- intimato –
e sul 2 ricorso n 17388-98 proposto da: FANTONI S.P.A., già PLAXIL S.p.A. in persona del suo Cons. Del. Sig. FANTONI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio dell'avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo difende unitamente all'avvocato MANSI ANTONIO, giusta delega in atti; - controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
MAC 2 SPA; - intimato - avverso la sentenza n. 52-98 della Corte d'Appello di TRIESTE, depositata il 06-02-98; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03-10-00 dal Consigliere Dott. Ettore BUCCIANTE; Assiste alla discussione del ricorso la Dott. Nicoletta SCAFI tess. P42747; udito l'Avvocato Antonio MONZINI, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale; udito l'Avvocato Antonio MANSI, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
Fatto
Con citazione notificata il 12 luglio 1988 la s.p.a. MAC 2 propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti il 17 giugno 1988 dal Presidente del Tribunale di Tolmezzo e avente ad oggetto il pagamento alla s.p.a. Plaxil della somma di lire 16.194.044, oltre agli interessi, quale prezzo di alcune partite di polvere di legno, fornite dall'aprile 1987 al marzo 1988. Dedusse l'attrice che il prodotto era risultato inidoneo agli impieghi cui essa lo destinava, come la composizione di terriccio per vivai, poiché era stato addizionato, a sua insaputa, con azoto totale e boro, sostanza quest'ultima nociva per i vegetali, sicché i propri clienti avevano formulato numerose richieste di risarcimento, in seguito a morie di piante. Chiese quindi che fosse revocato il provvedimento monitorio, che fosse pronunciata la risoluzione del contratto per inadempimento dell'altra parte, che questa fosse condannata al risarcimento dei danni, da liquidare in un separato giudizio. La convenuta si difese osservando che il materiale consegnato era effettivamente polvere di legno, che nessuna assicurazione circa specifiche utilizzazioni era stata data alla MAC 2, con la quale non erano intercorsi distinti rapporti di vendita vendite, che non ricorreva un'ipotesi di aliud pro alio, che quindi l'acquirente era .decaduta dalla garanzia per vizi e mancanza di qualità. Concluse pertanto per il rigetto dell'opposizione e delle domande formulate dall'attrice, nonché per la sua condanna al risarcimento dell'ulteriore danno conseguente al ritardo nel pagamento. All'esito dell'istruzione, consistita in produzioni documentali, con sentenza del 20 luglio 1993 il Tribunale decise la causa in conformità con le richieste della Plaxil. Impugnata dalla MAC 2, la pronuncia è stata confermata dalla Corte di appello di Trieste, che con sentenza del 6 febbraio 1998 ha rigettato il gravame, ritenendo: il materiale in contestazione consiste in scarti della produzione di pannelli truciolari, in cui sono presenti sostanze chimiche diverse, come i collanti; la polvere di legno contenente boro non è tossica per l'uomo, anche se classificata come rifiuto speciale, sicché non è incommerciabile; non è configurabile l'aliud pro alio lamentato dall'appellante, poiché questa non ha provato che la merce fosse inidonea a qualsiasi uso, anche se diverso da quelli della confezione di ammendante e di bricchetti da ardere, cui essa la destinava e ai quali unicamente fanno riferimento le relazioni di analisi che ha prodotto in giudizio; neppure è stato dimostrato che alla venditrice fossero noti i particolari impieghi del prodotto, da parte della società acquirente, il cui statuto indica come oggetto ogni attività di trattamento degli scarti di produzione e dei rifiuti; da una lettera della MAC 2 del luglio 1987 risulta anzi che essa era a conoscenza della possibile presenza di additivi antifuoco, ma continuò per nove mesi ad approvvigionarsi di polvere di legno dalla Plaxil, nonostante la mancata risposta di questa - giustificabile per ragioni di segreto industriale - alla richiesta di dare comunicazioni in proposito; manca altresì la prova dell'effettiva inclusione di boro nel prodotto in questione, non accertabile mediante consulenza tecnica di ufficio, a causa della mancata offerta, da parte dell'appellante, di materiale di sicura provenienza dalla Plaxil, nè desumibile dai referti delle analisi compiute ante causam, non in contraddittorio con l'altra parte e su campioni di origine non certa. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a. MAC 2, in base a cinque motivi, poi illustrati anche con memoria. La s.p.a. Fantoni, subentrata per incorporazione alla s.p.a. Plaxil, ha resistito con controricorso, formulando altresì un motivo di impugnazione incidentale condizionata, e ha presentato a sua volta una memoria.
Diritto
In quanto proposti contro la stessa sentenza, i due ricorsi debbono essere riuniti in un solo processo, in applicazione dell'art. 335 c.p.c. Con il primo dei motivi addotti a sostegno di quello principale, la s.p.a. MAC 2, denunciando "violazione e falsa applicazione di legge: art. 1346 e 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.", lamenta che erroneamente la Corte di appello ha escluso la configurabilità di una ipotesi di aliud pro alio nell'avvenuta consegna, da parte della Plaxil, di polvere di legno contenente boro: questo infatti altera la natura stessa del prodotto e ne fa venire meno le caratteristiche merceologiche, rendendolo difficilmente infiammabile e tossico per le piante, inidoneo quindi ai potenziali impieghi di combustibile e di ammendante, sicché ne restano drasticamente limitate le possibilità di utilizzazione; quindi la venditrice, pur trattandosi di un residuo di lavorazioni industriali, che può contenere sostanze estranee, doveva astenersi dall'immettervi additivi nocivi o quanto meno darne notizia all'acquirente, anche se (e anzi proprio perché) ignorava l'uso che si intendeva farne; si perverrebbe altrimenti ad assimilare tali residui ai rifiuti, mentre le parti avevano considerato la polvere di legno come merce, oggetto di contratti di vendita e non di trasporto per lo smaltimento; pur in mancanza di pattuizioni sulla composizione, non poteva dunque essere consegnata una sostanza completamente diversa; la prova dell'idoneità del materiale a impieghi ulteriori, rispetto alla confezione di ammendante e di bricchetti da ardere, avrebbe dovuto essere data dalla Plaxil; depurata dagli errori da cui è affetta, la motivazione della sentenza impugnata si risolve nell'argomento, del tutto incongruo, della innocuità per l'uomo della polvere di legno contenente boro. L'ininfluenza di quest'ultimo dato è stata riconosciuta dalla stessa controricorrente ed è comunque palese, in quanto la MAC 2 ha sostenuto di non essere obbligata al pagamento del prezzo del prodotto fornitole non perché fosse nocivo per le persone, ma perché la presenza dell'additivo, rendendolo tossico per le piante, lo snaturava completamente, data la sua inidoneità all'uso cui essa lo destinava, di componente di terriccio per vivai. Non è però nell'assenza di pericoli per la salute umana, che risiede l'effettiva ratio decidendi sul punto della sentenza impugnata, la quale invece si basa, essenzialmente, sulla considerazione che il materiale in questione consisteva in scarti di lavorazioni industriali, che ben potevano contenere sostanze estranee, nè d'altra parte la venditrice conosceva le utilizzazioni che ne faceva la compratrice, sicché questa, per dimostrare la sussistenza della prospettata ipotesi di aliud pro alio, avrebbe dovuto provare che esso non poteva essere impiegato in alcun altro modo. Sulle premesse, da cui questa conclusione è stata tratta, concorda la stessa ricorrente, la quale ammette sia che oggetto delle vendite intercorse con la Plaxil non era un prodotto completamente puro, in quanto normalmente nella polvere di legno sono presenti additivi, sia che l'alienante non aveva assicurato la possibilità di specifici impieghi, nè in particolare quello di ammendante, ma anzi ignorava che fosse questo il modo in cui l'acquirente lo utilizzava. Gli addebiti che diffusamente la MAC 2, con il motivo di ricorso in esame, muove alla Corte di appello, si risolvono dunque in due affermazioni: la presenza di boro nella polvere di legno la altera al punto da renderla un qualcosa di intrinsecamente diverso, equiparabile piuttosto a un rifiuto da smaltire che a una merce vendibile, poiché la trasforma in materiale insuscettibile di qualsiasi uso proficuo; l'onere di provare il contrario gravava sulla Plaxil. Nè l'una nè l'altra di queste tesi può essere accolta. Si deve senz'altro convenire con la ricorrente, quando sostiene che una cosa oggetto di vendita, pur non essendone stata prevista dalle parti la destinazione a uno specifico uso, deve sempre possedere le "qualità minimali" necessarie per un qualche suo utile impiego, nell'ambito di quelli che le sono propri, in mancanza delle quali va considerata alla stregua di un aliud, come può avvenire anche se mantiene la sua identità complessiva, ma contiene sostanze estranee che praticamente la rendono del tutto inservibile. Ma che nella polvere di legno il boro (anche nella modesta quantità dell'1% in peso, di cui nella specie si tratta) determini un tale effetto, stravolgendo completamente la natura del materiale in cui è presente, come ripetutamente ma apoditticamente sostiene la MAC 2, è questione prettamente di merito, che non può essere affrontata da questa Corte. È d'altra parte ineccepibile la ragione per cui essa è stata risolta negativamente, nella sentenza impugnata. Avendo la Plaxil dimostrato il fatto costitutivo del suo diritto al pagamento del prezzo (la vendita e la consegna di polvere di legno, anche se conteneva un additivo, come la ricorrente riconosce essere normale in prodotti del genere), competeva alla MAC 2 dare la prova del fatto impeditivo, consistente nella assoluta inutilizzabilità della merce (cfr. Cass. 10 dicembre 1991 n. 13268, appunto in relazione a un'ipotesi di prospettato aliud pro alio). Il primo motivo del ricorso principale va quindi disatteso. Nè può essere accolto il secondo, con il quale la MAC 2, sviluppando un'argomentazione svolta.anche in quello precedente, lamenta "violazione e falsa applicazione di legge: art. 1375 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.11, per avere la Corte di appello mancato di riconoscere che la Plaxil era incorsa in una evidente inosservanza degli obblighi derivanti dal precetto della buona fede, poiché aveva omesso di dare notizia all'acquirente del mutamento di composizione del prodotto che da tempo le forniva: una tale comunicazione, già di per sè doverosa, lo era ancor più dopo che la venditrice, con una lettera del luglio 1987, era stata invitata dalla MAC 2 appunto a renderle noto l'eventuale inserimento nella polvere di legno di sostanze diverse da quelle che abitualmente conteneva; nè il segreto industriale, indicato dalla Corte di appello come motivo della mancata risposta, costituisce una valida giustificazione. La censura non è fondata. Essendo stato ammesso dalla ricorrente che la Plaxil ignorava gli specifici usi cui in concreto veniva destinata la merce e che in proposito non vi era stata prestazione di assicurazioni di sorta, non vi è ragione per ritenere che la venditrice fosse tenuta ad avvertire l'altra parte, di propria iniziativa, della presenza di sostanze che impedivano alcuni impieghi, ma che non ne rendevano impossibile ogni altro: circostanza che non è stata dimostrata dalla MAC 2, sulla quale gravava, come si è detto, il relativo onere probatorio. Quanto poi alla richiesta di comunicazioni circa la presenza di sostanze estranee, va riconosciuto che in effetti il richiamo al segreto industriale è incongruo: la sua tutela avrebbe potuto costituire legittimo motivo di un esplicito rifiuto di rispondere, non di un silenzio potenzialmente fonte di un ragionevole affidamento. Ma l'invito di cui si tratta, come risulta dalla sentenza impugnata e non è contestato dalla ricorrente, era stato rivolto dalla MAC 2 alla Plaxil non già per evitare che le potesse essere consegnato un bene completamente diverso da quello oggetto delle vendite, tanto da dare luogo a un aliud pro alio - ipotesi su cui unicamente l'originaria attrice, dopo che le era stata opposta la decadenza dalla garanzia per vizi e mancanza di qualità, ha basato la sua eccezione di inadempimento e le domande di risoluzione e di risarcimento - bensì per escludere il pericolo di eventuali danni, che additivi antifuoco potevano eventualmente cagionare ai propri impianti: danni di cui non è stata dedotta la verificazione e che comunque non formano oggetto del giudizio. In relazione all'ambito della materia del contendere, quindi, alla mancata risposta della Plaxil alla MAC 2 non può essere attribuita alcuna rilevanza: è solo con riferimento alla particolare finalità della richiesta, che il non averla soddisfatta potrebbe in ipotesi essere valutato come contrario al principio di buona fede e fonte di ingiusto danno. Con gli ulteriori tre motivi la ricorrente principale contesta, sotto vari profili, l'affermazione del giudice di secondo grado, secondo cui la MAC 2 non aveva dato la prova della presenza dell'additivo in questione nel prodotto che le era stato venduto dalla Plaxil. Essendo stati respinti i precedenti due motivi di ricorso, le censure in esame risultano inconferenti. Le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, in ordine alla non configurabilità di un aliud pro alio, a causa della mancata dimostrazione dell'assoluta inutilizzabilità di una polvere di legno che contenga boro, sono infatti di per sè idonee a giustificare il rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo e delle domande di risoluzione e di risarcimento che erano state proposte dalla MAC 2, indipendentemente dalla circostanza che quella sostanza fosse stata effettivamente presente nella merce consegnata alla società acquirente. Rigettato pertanto il ricorso principale, resta assorbito l'incidentale, in quanto condizionato. Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, per giusti motivi.
P.Q.M
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 3 ottobre 2000