Cassazione civile , sez. III, 18 settembre 2006, n. 20175
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - rel. Presidente
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere - ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA sul ricorso per REGOLAMENTO DI COMPETENZA proposto da: G.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell'avvocato CICALA CURZIO, rappresentato e difeso dall'avvocato GADALETA Mauro, giusta mandato a margine del ricorso; - ricorrente -
Contro
SRL CMA SALES AND PRODUCTION, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 3, presso lo studio dell'avvocato GALLI Alberto, che la difende unitamente all'avvocato ROBERTO LACHIN, giusta mandato a margine della memoria di costituzione; - resistente
-avverso la sentenza n. 895/2004 del Tribunale di BARI del 26/11/2004,depositata il 16/12/2004; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il05/07/2006 dal Presidente e Relatore Dott. Paolo VITTORIA;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso, con le conseguenze di legge.
Fatto
1. - La questione di competenza è sorta da una domanda proposta per sentire dichiarare risolto per recesso del consumatore, sulla base del D. Lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, art. 4, un contratto concluso fuori dei locali commerciali.
2. - La domanda è stata proposta da G.L., in confronto della società C.M.A. Sales and Production, con citazione a comparire davanti al Tribunale di Bari, luogo di residenza dell'attore.
La parte ha così inteso rivolgere la sua domanda al Giudice del foro inderogabile previsto dal D. Lgs. 50 del 1992, art. 12.
La convenuta, nell'udienza di prima comparizione, in cui si è costituita depositando comparsa di risposta, nella comparsa ha eccepito l'incompetenza per territorio del Tribunale di Bari ed ha indicato come competente il Tribunale di Venezia.
A sostegno della eccezione ha richiamato l'art. 13 del contratto ed ha indicato che in esso era contenuta una clausola di proroga di competenza esclusiva a favore del Tribunale di Venezia.
3. - Il Tribunale di Bari ha dichiarato il proprio difetto di competenza con sentenza 16/12/2004 ed ha indicato nel Tribunale di Venezia quello competente.
4. - G.L. ha chiesto il regolamento della competenza con ricorso notificato il 18/01/2005.
La C.M.A. Sales and Production s.r.l. ha depositato una memoria.
5. - Il Pubblico Ministero, nelle conclusioni scritte, ha chiesto che sia dichiarata la competenza del Tribunale di Venezia.
6. - Il ricorrente ha depositato a sua volta una memoria.
Diritto
1. - Il ricorso è ammissibile.
La sentenza è stata comunicata alla parte il 21/12/2004 ed il ricorso, notificato il 18/01/2005, è tempestivo (art. 47 cod. proc. civ., comma 2).
2. - La competenza a conoscere della causa spetta al Tribunale di Bari.
Queste le ragioni della decisione.
3. - La questione di competenza per territorio è stata sollevata sul presupposto che l'attore non lo si può ritenere aver concluso come consumatore il contratto da cui ha dichiarato di voler recedere, sicchè nel caso il foro inderogabile previsto dal D.Lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, art. 12 (ed ora dall'art. 63 del Codice del consumo di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) non opera, ed opera invece quello pattuito come esclusivo nel contratto.
3.1. - Il Tribunale, che ha dichiarato la competenza del Giudice indicato nel patto di proroga della competenza, da un lato ha considerato valido il patto, dall'altro ha ritenuto che il punto, se nel concludere il contratto l'attore avesse operato in qualità di consumatore o di professionista, atteneva al merito della controversia e non poteva perciò esser risolto in sede di decisione della questione di competenza.
3.2. - Il modo in cui il Tribunale di Bari ha impostato la sua decisione non si sottrae a critica.
Vi contrasta, infatti, l'art. 38 cod. proc. civ., comma 3, a termini del quale le questioni di competenza sono decise, ai soli fini della competenza, in base a ciò che risulta dagli atti e, quando reso necessario dall'eccezione del convenuto o dal rilievo del Giudice, assunte sommarie informazioni.
Ciò significa che, se la competenza va determinata in base ad elementi di fatto che appartengono alla situazione su cui verte la lite, il Giudice deve conoscere di questi elementi, ma il giudizio va compiuto in base agli elementi di fatto introdotti dalle parti nella fase preliminare del processo, completati dai risultati delle sommarie informazioni, e lo è senza efficacia preclusiva di un diverso accertamento ai fini della decisione sul merito della lite.
Da questo deriva, però, che non si può condividere neppure il diverso assunto sostenuto dal ricorrente, secondo il quale, siccome la domanda ha dato luogo ad una controversia sulla applicazione del D.Lgs. n. 50 del 1992, e l'art. 12 del decreto dispone che per queste controversie c'è la competenza inderogabile del Giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore, già la sola postulazione dell'attore d'aver concluso il contratto come consumatore basta a radicare tale competenza (al riguardo, il ricorrente richiama, come precedente della Corte favorevole al suo assunto, la sentenza 1 dicembre 2000 n. 15637).
Si tratta perciò di valutare se gli elementi di prova acquisiti ai fini della risoluzione della questione di competenza contrastino l'assunto della parte che domanda la protezione prevista dal D.Lgs.
50 del 1992.
3.3. - E' dunque necessario procedere al giudizio richiesto dall'art. 38 c.p.c., comma 3.
L'operatore commerciale, nella sua memoria, così descrive la propria attività: la C.M.A. S.r.l. è una società che da anni opera nel settore della distribuzione di bevande ed altri prodotti alimentari;
la commercializzazione dei prodotti avviene mediante l'installazione di apparecchi automatici in ambienti che costituiscono punti di consumo idonei alla somministrazione di bevande calde, quali aziende, scuole, circoli, uffici; per questo la C.M.A. stipula accordi commerciali con imprenditori locali in forza dei quali costoro divengono proprietari degli apparecchi distributori e si impegnano ad approvvigionarsi dei relativi prodotti alimentari esclusivamente dalla società.
La Corte osserva che, in altre occasioni, anche sulla scorta di decisioni della Corte di Giustizia pronunciate in sede di determinazione della competenza giurisdizionale intracomunitaria (Corte Giust. 3 luglio 1997, C-269/95, Benincasa), si è considerato che la persona fisica non opera per scopi estranei all'attività imprenditoriale e non si pone dunque rispetto al contratto nella posizione di consumatore, quando attraverso il contratto si procura un bene od un servizio nel quadro dell'organizzazione di un'attività commerciale da intraprendere.
Questa valutazione ben si attaglia a casi in cui è questa persona fisica che assume l'iniziativa di ricercare il bene od il servizio, al fine di organizzare una futura attività, in senso lato imprenditoriale, mentre, a riguardo di questa intrapresa, non è riconducibile al professionista alcuna attività, che, compiuta fuori dei locali commerciali, tenda ad assolvere una funzione di stimolo, attraverso la prodromica offerta di tali beni o servizi.
Non si può dire altrettanto nei casi, in cui il contratto, concluso fuori dei locali commerciali, pur avendo come oggetto la vendita di uno o più beni, servizi o prodotti, si pone alla fine di un'attività di sollecitazione da parte del professionista, volta ad ingenerare nel consumatore lo stimolo ad iniziare l'attività imprenditoriale, per modo che è solo in questa prospettiva, dischiusa dalla sollecitazione del professionista, che si giustifica da parte del consumatore l'accettazione della proposta che gli è stata fatta.
In casi del genere, infatti, il tipo di protezione offerto dalla disciplina in esame, che, attraverso il diritto di recesso, tende a salvaguardare, anche oltre l'accordo iniziale, la libertà contrattuale della persona fisica cui l'affare è stato proposto, ne risulterebbe seriamente minato, se alla controparte del professionista non si riconoscesse la possibilità di sottrarsi all'acquisto del bene o del servizio, solo perchè il professionista, prima di concludere il contratto, l'ha sollecitata ad assumere la qualità - per così dire - di "futuro imprenditore", suscitando in lei un interesse, che prima del contatto col professionista le era estraneo.
Se in questi casi non si accordasse alla persona fisica la tutela di rimeditare l'acquisto che altrimenti non avrebbe fatto, da un lato la sollecitazione all'attività imprenditoriale, finalizzata alla vendita di prodotti, pur costituendo un mezzo per eludere norme imperative a tutela del consumatore, lungi dall'essere sanzionata secondo una generale logica del sistema (art. 1344 cod. civ.), finirebbe per far premio su quelle norme, dall'altro il consumatore si vedrebbe privato di tutela davanti ad operazioni di maggior rilievo economico.
Ciò, si ribadisce, in quanto già prima dell'approccio che si conclude con il contratto la controparte non fosse operante nel settore commerciale, ovvero si fosse determinata ad entrarvi senza l'opera di sollecitazione svolta dal professionista, prima del contratto e sempre fuori dei locali commerciali.
La conclusione che si può trarre da queste considerazioni è che, mancando elementi di prova in questo ultimo senso, per sè, l'unico altro elemento di prova, costituito dal numero e la natura del bene oggetto del contratto - i quattro apparecchi distributori di bevande calde - non si presta ad essere considerato un elemento presuntivo idoneo ad escludere, ai fini del giudizio delibativo sulla competenza, che l'attore possa essere riguardato rispetto al contratto in questione come consumatore e che l'eccezione di competenza sia perciò fondata.
3.4. - Una volta affermato che la controversia ricade nell'ambito di applicazione del D.Lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, art. 12 ed ora del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 63, la inderogabilità del foro priva di efficacia la clausola di proroga contenuta nell'art. 13 del contratto.
Di questa clausola il ricorrente ha sostenuto l'inefficacia anche per altra ragione, in particolare sotto il profilo che non avrebbe contenuto la designazione del Tribunale di Venezia come esclusivo foro competente.
La clausola però indica questo foro come quello esclusivamente competente.
Avrebbe invece dovuto essere giudicata inefficace per un'altra ragione.
L'approvazione che ne è stata fatta per iscritto non avrebbe potuto essere considerata specifica, perchè ha riguardato non le sole clausole vessatorie, ma tutti e tredici i patti in cui il contratto si presentava articolato e, secondo la giurisprudenza della Corte (Cass., ord. 2 febbraio 2005 n. 2077; 28 giugno 2005 n. 13890), un'approvazione di questo tipo non è specifica.
4. - Il ricorso è accolto e la sentenza è cassata.
Per la riassunzione della causa davanti al Tribunale di Bari è fissato il termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza.
5. - La liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione può essere rimessa al Tribunale di Bari.
P.Q.M
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Bari; assegna il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per la riassunzione della causa davanti allo stesso tribunale, al quale rimette di provvedere sulle spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2006