APPELLO TORINO, 22 febbraio 2000 - GAMBA Presidente STRAZZUSO Estensore. - Fiat Auto S.p.A. (avv. ti Speranza, Crippa e Valenti) - Comitato Difesa Consumatori (oggi Comitato Consumatori Altroconsumo) (avv. Bin); Progetto S.p.A. e Sogea S.p.A. (avv. ti P.E. Ferreri, G.M. Ferreri e D'Addario).
Obbligazioni e contratti - Contratti dei consumatori - Condizioni generali di contratto - Azione inibitoria - Esame di condizioni generali di contratto prodotte in appello - Preclusione (C c. art. 1469 sexies; C p. c. art. 345).
Obbligazioni e contratti - Contratti dei consumatori - Condizioni generali di contratto - Vendita - Garanzia di buon funzionamento - Esclusione convenzionale della, garanzia per l vizi - Abusività - Sussistenza (C c. artt. 1469 bis, 3° comma, n. 2; 1469 quinquies, 2° comma, n. 2; 1490; 1512; Dir. CE n. 99/44).
Obbligazioni e contratti - Contratti dei consumatori - Condizioni generali di contratto - Squilibrio risultante dalla: combinazione di una clausola con un'altra - Omessa impugnazione di una delle due clausole - Abusività - Insussistenza (C c. art. 1469 sexies).
Obbligazioni e contratti - Contratti dei consumatori - Condizioni generali di contratto - Clausola penale - Importo manifestamente eccessivo - Abusività - insussistenza (C c. art. 1469 bis, 3° comma, n. 6).
Obbligazioni e contratti - Contratti dei consumatori - Condizioni generali di contratto - Garanzia per il deterioramento del bene venduto - Limitazione - Onere di montaggio dei pezzi di ricambio presso installatori operanti nella rete di assistenza - Restrizione della libertà contrattuale del consumatore - Sussistenza (C c. art. 1469 bis, 3° comma, n. 18).
Il giudice d'appello non può esaminare le condizioni generali di contratto contenute in moduli prodotti dal professionista in sede di gravame, perché ciò contrasterebbe con il principio del doppio grado di giurisdizione (1).
Nelle condizioni generali di vendita, è abusiva la clausola con la quale è precluso al consumatore di ottenere la risoluzione del contratto nel caso in cui la cosa presenti dei vizi che la rendono inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, anche se il professionista si impegni a sostituire la cosa o a ripararla gratuitamente (2).
Il giudice adito non può inibire l'uso di una clausola, se questa risulti abusiva solo in combinazione con un'altra che l'associazione di consumatori non ha espressamente impugnato (3).
Non è abusiva la clausola che preveda a carico dell'acquirente l'obbligo di versare una somma a garanzia dell' esatto adempimento non superiore al 10 (o 15) % del prezzo della cosa (4).
E’ abusiva, perché restringe indebitamente la libertà contrattuale del consumatore, la clausola con la quale è esclusa la garanzia per il deterioramento delle parti di carrozzeria dell'autoveicolo acquistato, qualora vi siano stati montati pezzi di ricambio originali ad opera di installatori non operanti nella rete di assistenza del fabbricante (5).
Omissis. - 5. Svolgimento del giudizio
Con atto di citazione notificato in data 14 dicembre 1996 il Comitato Difesa Consumatori conveniva in 'giudizio avanti il Tribunale di Torino la Fiat Auto S.p.A. e le concessionarie Progetto e Sogea alfine di ottenere ex art. 1469 sexies c.c., sentenza volta ad inibire alle società convenute l’uso di alcune clausole (e precisamente la clausola 4.1., 4.1 lett. c, 7 in relazione alla clausola 3.2 lett. b, 8.1) contenute nelle condizioni generali di contratto, predisposte dalla S.p.a. Fiat Auto ed utilizzate dalle concessionarie, in quanto in contrasto con la Direttiva CEE n. 93/13; con la conseguente pubblicazione della sentenza emananda su tre quotidiani a diffusione nazionale e sul mensile Quattroruote.
Le società convenute si costituivano in giudizio contestando, preliminarmente, la legittimazione attiva del Comitato Difesa Consumatori, la S.p.a. Fiat Auto la propria legittimazione passiva, e nel merito le domande attrici.
Con sentenza del 20 dicembre 1998 il Tribunale di Torino inibiva alle società convenute l'utilizzo delle clausole 4.1 relativamente alle parole «le quali sostituiscono, a tutti gli effetti, la garanzia di cui all'art. 1490 e segg. c.c.», 8.1 nella sua interezza, respingendo
per il resto la domanda attrice; disponeva la pubblicazione sui quotidiani La Stampa, La Repubblica e sul mensile Quattroruote, in giorno feriale, della sentenza; compensava, infine, le spese di giudizio tra le parti.
Contro detta sentenza proponeva appello la S.p.a. Fiat Auto censurandone l'erroneità in
punto di merito e proponendo, al contempo, istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza gravata stante il pericolo derivante dalla pubblicazione Fiat Auto e da quello proposto in via incidentale dalle S.p.a. della sentenza; si costituivano
in giudizio le S.p.a. Progetto e Progetto e Sogea, associandosi all’impugnazione proposta dalla S.p.a. Fiat Auto e proponendo, a loro volta, appello incidentale in punto qualificazione dell'azione inibitoria e sui criteri di accertamento della vessatorietà; si costituiva in giudizio anche l'appellato Comitato Difesa Consumatori che contestava le argomentazioni avversarie e proponeva appello incidentale in reazione alle due clausole contrattuali non ritenute vessatorie.
Per quanto concerneva l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata all'udienza camerale del 6 le parti raggiungevano un accordo nel senso che parte appellata Comitato Difesa Consumatori si impegnava a non dare esecuzione alla sentenza sino all'udienza del 29 settembre 1999 fissata per l'inizio del giudizio di merito, per cui la Corte dichiarava il non luogo a procedere in ordine all'istanza di sospensione.
All'udienza del 29 settembre 1999 parte appellante S.p.a. Fiat Auto esibiva fax riproducente il nuovo modulo contrattale adottato dalle concessionarie Fiat e contenente le nuove clausole sostitutive di quelle dichiarate vessatorie in sentenza gravata; parte appellata Comitato Difesa Consumatori chiedeva rinvio per disamina.
All'udienza del 30 novembre 1999 le parti precisavano le rispettive conclusioni, cosi come riportate in epigrafe, e la causa veniva assunta a decisione.
Scaduti i termini concessi per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica (rispettivamente, gg. 50 e 20), la causa viene decisa nei seguenti termini e per i sottoesposti motivi.
Motivi: Preliminarmente la Corte rileva che il nuovo modulo (prodotto in fax da parte appellante all'udienza del 21 settembre 1999), contenente le nuove clausole sostitutive di quelle già dichiarate illegittime dal Tribunale di Torino con la sentenza impugnata, non può essere preso in considerazione per un duplice ordine di motivi.
Innanzitutto non è provato che dette clausole siano state effettivamente adottate dalle concessionarie del Gruppo Fiat (tutte e non solo quelle in giudizio); in secondo (ma non secondario) luogo questo fatto introdurrebbe in un grado di impugnazione un tema che dovrebbe avere doverosamente un esame da parte del giudice di primo grado.
D'altro canto la pretesa della parte appellante principale e dell'appellato di discutere lo stesso di dette nuove clausole e nello stesso tempo di esaminare i motivi di gravame relativi alle vecchie clausole appare francamente sconcertante, tenuto conto che, allora, la Corte si troverebbe di fronte ad un'alternativa radicale: o l'impugnazione relativa alla legittimità delle vecchie clausole dovrebbe ritenersi inammissibile per sopravvenuto difetto dell'interesse ad impugnare, oppure, si ripete, occorrerebbe esaminare i motivi del gravame illustrati in ordine alle succitate clausole.
Ciò chiarito, occorre esaminare i motivi di gravame proposti dalle appellate-appellanti incidentali S.p.a. Progetto e Sogea in ordine alla ammissibilità dell' azione inibitoria promossa dal Comitato Difesa Consumatori ex art. 1469 sexies c. c.
Orbene, come ha già esattamente esposto il Giudice di primo grado, questa azione inibitoria è «aperta» anche alle associazioni rappresentative dei consumatori (tra le quali rientra certamente il Comitato Difesa Consumatori), nel senso che le stesse possono «convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività ai sensi del precedente capo»; e non appare esatta la tesi delle appellate-appellanti incidentali, secondo cui, comunque, detta azione inibitoria dovrebbe ricollegarsi ad un caso concreto, cioè, di un consumatore che lamenti di avere subito un sopruso da parte della concessionaria che gli ha venduto un autoveicolo, in quanto, come è pacifico in giurisprudenza e in dottrina, l’azione inibitoria in esame si caratterizza per la sua genericità ed astrattezza del caso concreto, essendo mirata,appunto, ad evitare che il “professionista” (ed in questo termine si intende compresa la figura de venditore organizzato) utilizzi dei moduli contrattuali che contengano clausole vessatorie, clausole cioè che pongono il consumatore in una posizione di ulteriore debolezza contrattuale.
Venendo all’esame della vessatorietà delle clausole contrattuali di cui ai nn. 4.1 e 8.1, ritenute tali dal Giudice di primo grado, ed investite dall’appello principale su proposta della S.p.a. Fiat Auto e da quello proposto in via incidentale dalle S.p.a. Progetto e Sogea, occorre subito chiarire come il Tribunale di Torino sia incorso in un errore materiale nel senso che, in realtà il modulo utilizzato dalla Concessionaria Sogea non comprende alla clausola 4) la premessa (indicata, invece, nel modulo utilizzato dalla Concessionaria Progetto) incriminata: “Il Venditore assume le obbligazioni di garanzia sottodescritte, le quali sostituiscono, a tutti gli effetti, la garanzia di cui all’art. 1490 e segg. c.c.”.
Ed allora, anche se lo stesso difensore della S.p.a. Sogea non ha rilevato l’errore, la Corte deve rilevarlo e rimediarvi assolvendo la società interessata dalla domanda proposta dal Comitato Difesa Consumatori su questo punto.
Per quanto concerne, invece, la stessa clausola utilizzata dalla concessionaria S.p.a. Progetto il problema permane e va esaminato.
Ed anche su questo punto, l’impugnazione proposta dalla S.p.a. Fiat Auto e dalla S.p.a. Progetto (sempre in via incidentale) va respinta in quanto infondata.
Infatti, nonostante le osservazioni formulate dalle agguerrite difese delle appellanti, non vi è dubbio che la clausola 4.1 del modulo contrattuale venga a privare il consumatore potenziale della garanzia principe della disciplina dettata per il contratto di compravendita, e, cioè, il diritto di chiedere la risoluzione del contratto di vendita dell’autoveicolo nel caso in cui i difetti dello stesso siano così gravi da non potere essere eliminati, attraverso le garanzie previste nel prosieguo della clausola 4, oppure eliminati con una spesa ed un tempo notevoli (sia pure gravante la prima sulla casa costruttrice).
La considerazione secondo cui il consumatore sarebbe comunque garantito dall’obbligo della casa costruttrice di porre rimedio ai difetti a sue spese e con la messa a disposizione nel frattempo di un’auto sostitutiva (ma non è detto dello stesso tipo e modello), oppure, in ultima ipotesi, con la sostituzione dell’auto stessa, non permette di superare la obiezione che, in talune ipotesi, il consumatore potrebbe preferire, vista la brutta esperienza passata attraverso tutti i passaggi suindicati, chiedere la risoluzione del contratto con la restituzione del prezzo pagato, tenuto conto che l’acquisto di un auto di una certa marca non equivale alla contrazione di un vincolo matrimoniale (scindibile, tra l’altro, anch’esso) con conseguente obbligo di “fedeltà”.
Né la nuova Direttiva n. 44 del 25 maggio 1999, che entrerà in vigore entro l’1 gennaio 2002 (per cui si potrebbe già osservare che la stessa non potrebbe avere rilevanza per il caso in esame), e che secondo l’appellante principale confermerebbe il contenuto anticipatorio della nuova clausola 4.1, permette di pervenire a conclusioni diverse.
Oltre la già decisiva osservazione, sopra esposta, che la nuova clausola non può essere esaminata, va, comunque, rilevato che detta Direttiva prevede che il consumatore potrà sempre chiedere la risoluzione del contratto, sia pure condizionandola ad una eccessiva gravosità delle riparazioni a carico del venditore.
A prescindere dalla considerazione che la suindicata condizione porrà notevoli problemi interpretativi quando la Direttiva sarà applicata anche all’ordinamento italiano, basta rilevare che la clausola 4.1., nella sua formulazione in vigore, non prevede neppure tale condizionamento escludendo del tutto la possibilità del consumatore-acquirente di chiedere la risoluzione del contratto, per cui permarrebbe il giudizio di vessatorietà della clausola stessa.
Diversa soluzione merita, invece, la questione relativa alla clausola 8.1 ritenuta vessatoria dal Giudice di primo grado in quanto non prevederebbe il corrispondente diritto del consumatore-acquirente, nel caso di ritardata consegna dell’auto oltre il termine previsto, di ottenere il doppio della caparra versata (ma, soltanto, la restituzione del deposito cauzionale con gli interessi legali al tasso del 10%).
Infatti, pur riconoscendo che il raffronto tra le due clausole (la 3.2 e la 8.1) porta a constatare effettivamente una situazione di squilibrio tra le due parti contrattuali (nel senso che il consumatore acquirente non potrebbe, in caso di inadempimento all'obbligo di consegna dell'auto da parte del «professionista» venditore, pretendere il doppio del deposito cauzionale), è, però, altrettanto doveroso rilevare che, allora, la clausola che avrebbe dovuto essere dichiarata vessatoria era, appunto, la 3.2 e non, come richiesto dalla parte appellata Comitato Difesa Consumatori e accolto in sentenza impugnata, la 8.1.
Infatti alla facoltà-diritto (clausola 8.1) del venditore di incamerare il deposito cauzionale (da considerarsi quale vera e propria caparra confirmatoria), versato dal compratore inadempiente all’obbligazione del versamento del prezzo pattuito, avrebbe dovuto fare da contraltare il diritto del compratore di vedersi versare il doppio dello stesso deposito cauzionale e non soltanto la restituzione maggiorata degli interessi legali sia pure al tasso favorevole del 10% (clausola 3.2), e ciò sulla base dell'art. 1469 bis, 3° comma, n. 5 c. c., il quale, appunto, considera vessatoria la clausola che «consenta al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo... recede (dal contratto), senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della medesima.
Avendo il Comitato Difesa Consumatori richiesto espressamente la dichiarazione di vessatorietà della clausola contrattuale 8.1 (richiesta ancora ribadita in questo grado di giudizio), la Corte non può certamente provvedere all'errore confermando dichiarazione di vessatorietà della clausola fatta dal Giudice di primo grado.
Venendo all'esame delle due clausole in ordine alle quali la domanda di dichiarazione di vessatorietà è stata respinta dal Giudice di primo grado ed è stato proposto appello incidentale da parte dell'appellato Comitato Difesa Consumatori (clausole n. 4.1Iett. c e n. 7), deve ribadirsi il giudizio negativo in ordine alla clausola n. 7 che prevede il versamento da parte del consumatore di un deposito cauzionale non superiore al 10% (ma per il modulo contrattuale in uso della S.p.a. Sogea tale percentuale sale addirittura al 15 %). .
Infatti, oltre a rilevare che la misura suindicata costituisce il tetto massimo fissato per il deposito (per cui spetta alla capacità contrattuale del consumatore di far fissare da controparte una misura inferiore ed anche di molto), non si vede perché tale obbligo assuma carattere vessatorio costituendo, si ripete, tale punto una delle condizioni contrattuali che può essere liberamente accettata dalla parte gravata oppure rifiutata rivolgendosi, cosi, ad altro «professionista» che pratichi condizioni contrattuali meno onerose su questo punto.
Per quanto concerne, invece, la clausola 4.1 lett. c) deve accogliersi, sia pure parzialmente, l’appello incidentale proposto dal Comitato Difesa Consumatori.
Infatti se è vero che l’esigenza delle società appellante ed appellate di escludere dalla garanzia contro la corrosione degli «elementi strutturali della carrozzeria» per ben otto anni gli elementi della stessa riparati o modificati «fuori della rete assistenziale del costruttore» appare legittima, in quanto in questo caso il costruttore potrebbe dover rimediare alla lunga (rispetto alla data di consegna dell'auto) ai difetti dell'opera eseguita da altri operatori del settore automobilistico (ricambisti indipendenti, officine meccaniche e carrozzerie al di fuori della rete assistenziale della casa produttrice), altrettanto non può dirsi nel caso in cui elementi strutturali della carrozzeria originari vengano “montati” da operatori (carrozzerie) estranei alla rete assistenziale: in questo caso infatti, la pretesa della S.p.a. Fiat Auto e della S.p.a. Alfa Romeo di costringere gli acquirenti delle auto di loro produzione a rivolgersi (per non essere esclusi dalla garanzia in questione) alla rete assistenziale, anche nel caso che si tratti di ricambi originali (certificati dalla fattura rilasciata dal carrozziere “estraneo”), appare lesiva non solo di principi di libera concorrenza nel mercato (già di per sé protetti dalle Direttive CEE in vigore), ma,soprattutto, vessatoria nei confronti del consumatore acquirente.
Quindi le clausole 4.1 lett. c), per la concessionaria S.p.a. Progetto e 4.3 (II), per la concessionaria S.p.a. Sogea, vanno dichiarate vessatorie, con conseguente dichiarazione di inibitoria, nel punto II nella parte in cui si parla di “montati” in riferimento agli elementi strutturali della carrozzeria.
Per il resto (dichiarazione di vessatorietà della clausola n. 4.1 del modulo utilizzato dalla S.p.a. Fiat Auto e dalla concessionaria S.p.a. Progetto) ordine di pubblicazione sui giornali e sul mensile indicati in sentenza; l’appellata sentenza va confermata.
- Omissis -