Cassazione civile, SEZIONE III, 29 ottobre 1998, n. 10809
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill. mi Sigg. Magistrati: Dott. Vincenzo SALLUZZO, Presidente Dott. Antonio LIMONGELLI Consigliere, Dott. Mario FINOCCHIARO Rel. Dott. Antonio SEGRETO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA
sul ricorso (n. 14840-1996 R.G.) proposto da: CE.RI.P. S.a.s., corrente in Pescara, in persona del legale rappresentante CALDARESI MICHELE, elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione, difeso dall'avv. Paolino Berghella, giusta delega in atti;- ricorrente -contro PROIETTI LARA,- intimata -nonché sul ricorso (n. 891-97 R.G.) proposto da:Proietti Lara, elettivamente domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, difesa dall'avv.Vittorio D'Angelo, giusta delega in atti;- controricorrente ricorrente incidentale -CE.RI.P: S.a.s., corrente in Pescara, in persona del legale rappresentante Caldaresi Michele- intimato -avverso la sentenza del Giudice di Pace del mandamento di Lanciano n. 94-96 del 7 - 13 novembre 1996 (R.G. 539-96). Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26maggio 1998 dal Relatore Cons. Mario Finocchiaro;Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele Ceniccola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità sia del ricorso principale che di quello incidentale.
Fatto
Con atto 27 giugno 1996 la CE.RI.P. s.a.s. conveniva in giudizio, innanzi al giudice di pace di Lanciano, PROIETTI Lara: premesso che con contratto stipulato in data 11 aprile 1992 in Ascoli Piceno - contratto recante deroga ai normali criteri di competenza territoriale, mediante clausola espressamente accettata - la convenuta si era iscritta a un corso di operatore programmatore, ne chiedeva la condanna al pagamento della somma di lire 2.000.000.
Costituitasi in giudizio la PROIETTI resisteva alla avversa pretesa, eccependone l'infondatezza e chiedendo il rigetto. Eccepiva comunque l'incompetenza, per territorio, del giudice adito e svolgeva, altresì, domanda riconvenzionale.
Svoltasi l'istruttoria del caso il giudice, con sentenza 7 - 13 novembre 1996 dichiarava la propria incompetenza per territorio a decidere il giudizio, essendo competente - a norma degli artt. 18 e 20 c.p.c. - il giudice di pace di Ascoli Piceno o quello di Torino.
Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso la CE.RI.P. s.a.s., cui resiste, con controricorso e ricorso incidentale, PROIETTI Lara.
Diritto
2. I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
Eccepisce, in limine, la controricorrente - ricorrente incidentale PROIETTI Lara che il ricorso di controparte è inammissibile, perché, ai sensi dell'art. 46 c.p.c., contro le sentenze del giudice di pace è inammissibile il ricorso per regolamento di competenza. 3. Non diversamente il P.G. ha chiesto - sotto lo stesso profilo - la declaratoria di inammissibilità sia del ricorso principale che di quello incidentale.
Il rilievo non coglie nel segno. 4. Contrariamente a quanto assume la difesa della controricorrente, infatti, nella specie, la CE.RI.P. s.a.s. - non ha affatto proposto ricorso per regolamento di competenza, certamente inammissibile, avverso sentenze del giudice di pace (cfr., ad esempio, Cass. 24 marzo 1998 n. 3095, specie in motivazione), ma ricorso per cassazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 113, comma 2, 339, comma 3, e 360 comma 1, c.p.c., trattandosi di sentenza resa dal giudice di pace in causa di valore non eccedente lire due milioni, e non si dubita - a quel che risulti - che tali sentenze siano ricorribili per cassazione.
Precisato quanto sopra si osserva che in qualche occasione questa Corte regolatrice ha enunciato il principio in forza del quale una sentenza, del giudice di pace, che decide sulla sola competenza non può annoverarsi tra quelle "pronunziate secondo equità" in considerazione del fatto che l'equità attiene alla regola sostanziale di giudizio, alla decisione del merito della causa e non già alle questioni di ordine processuale, per la decisione delle quali il giudice di pace è vincolato alla osservanza e alla applicazione delle norme di diritto (recentemente, in tale senso, ad esempio, Cass. 3 giugno 1998 n. 5430, specie in motivazione). a) Assume detta giurisprudenza - in particolare - che per quanto attiene alle pronunce del giudice di pace su questioni di competenza possono trarsi le seguenti regole: b) la sentenza che decide una questione di competenza separatamente dal merito della causa può essere impugnata solo con l'appello perché resa secondo diritto!; c) la sentenza che decide una questione di competenza, insieme col merito della causa, deciso secondo equità, può essere impugnata con ricorso per cassazione (anche) per violazione delle norme sulla competenza solo se, contestualmente, viene impugnata la pronuncia di merito fondata sulla equità, valendo altrimenti la regola sub a); 5. la sentenza che decida una questione di competenza insieme con il merito della causa, deciso secondo diritto, è impugnabile (anche) per violazione delle norme sulla competenza con appello (In questo senso, Cass. 20 marzo 1998 n. 2942, nonché Cass. 28 aprile 1998 n. 4317; Cass. 28 aprile 1998 n. 4321 e Cass. 28 aprile 1998 n. 4331, specie in motivazione).
Ritiene l'adito collegio che la tesi di cui sopra non possa trovare conferma. 5.1 Sulla base delle considerazioni che seguono.
L'art. 113, comma 2, c.p.c. dispone testualmente, "il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede lire due milioni".
La tassatività della previsione "il giudice decide secondo equità...", non "il giudice può decidere secondo equità...."! è tale che al riguardo non sussiste alcuna discrezionalità, per il giudice, come anche per le parti cfr., infatti, diversamente, l'art. 114 c.p.c.! nella scelta, rispettivamente se rendere il giudicante! o sollecitare le parti in lite! una pronunzia "secondo equità" o "secondo diritto".
Se la "causa" ha un valore non eccedente "lire due milioni", questa deve essere decisa - necessariamente - "secondo equità".
È pacifico - peraltro - e sul punto non esiste contrasto di sorta, nell'ambito della giurisprudenza di questa Corte regolatrice - che il giudice di pace come, con riferimento alla normativa anteriore alla l. 21 novembre 1991, n. 374, il conciliatore, per effetto dell'art. 3, l. 30 luglio 1984, n. 399! è tenuto a riferirsi alla equità per quanto concerne la decisione di merito, che statuisce del bene della vita oggetto della controversia, non anche per quanto riguarda il procedimento, onde le questioni relative ai problemi in procedendo devono essere decise secondo diritto (e sono, conseguentemente, al riguardo, ammissibili motivi di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 nn. 1, 2 e 4 c.p.c.). (Tra le tantissime, in tale senso, Cass. 2 settembre 1995 n. 2674; Cass. 8 luglio 1995 n. 7545, sull'obbligo del giudice conciliatore di osservare le norme processuali del procedimento e del giudizio, Cass. 4 maggio 1992 n. 5240, in margine al dovere di osservanza dell'art. 112 c.p.c., Cass. 29 maggio 1991 n. 6045 e Cass. 3 aprile 1992 n. 4114, sul dovere del giudice conciliatore di applicare le norme sulla competenza sia per territorio che per materia).
Non controverso quanto precede e non controverso - altresì - che qualora una controversia di valore inferiore a lire 2 milioni sia stata decisa dal giudice di pace con violazione delle norme processuali la stessa è suscettibile di ricorso per cassazione e non di appello, sotto il profilo che si denunzia la violazione, da parte del giudice a quo, di norme di diritto e non dell'equità! è evidente che non sussistono ragioni di sorta per operare, nell'ambito delle pronunce sulla competenza rese dal giudice di pace, quella distinzione fatta dalla giurisprudenza ricordata sopra e da cui questo collegio dissente. 5.2 Come evidenziato sopra - infatti - la sentenza del giudice di pace è, alternativamente, suscettibile di appello o di ricorso per cassazione non perché in un caso ha fatto applicazione eventualmente malamente interpretandole! di norme di diritto e nell'altro, dell'equità, ma solo in funzione del valore della causa. 5.3 In altri termini per accertare - in ogni singolo caso - se la sentenza del giudice di pace è suscettibile di appello o di ricorso per cassazione non bisogna compiere l'indagine suggerita da Cass. 3 giugno 1998 n. 5430, cit., e, cioè, verificare se nel caso concreto il giudice di pace ha fatto, o meno, ricorso alla "equità", ma tenere presente unicamente il valore della causa, essendo sempre e comunque ammissibile il ricorso per cassazione, ogniqualvolta la causa ha un valore inferiore a lire due milioni.
Conferma la impossibilità di dare seguito all'assunto che qui si critica il rilievo che giusta lo stesso, in presenza di causa di valore inferiore a lire due milioni, la sentenza resa dal giudice di pace è suscettibile "solo" di appello nell'ipotesi in cui il giudice "neghi" la propria competenza rendendo una pronuncia limitata alla questione "competenza"!, mentre nell'ipotesi "affermi" tale competenza rigettando l'eccezione di incompetenza e pronunciando nel merito! la pronuncia stessa è suscettibile di ricorso per cassazione purché il ricorrente censuri, contemporaneamente, anche il merito!.
Prevedendo la norma positiva, come detto sopra, diversi mezzi di impugnazione, delle sentenze del giudice di pace, solo in funzione del valore della causa, e non potendo - palesemente - la causa avere un diverso "valore" a seconda che l'eccezione di incompetenza è rigettata o è accolta, è evidente che la lettura dell'art. 113, comma 2, c.p.c., data dalla giurisprudenza ricordata sopra, ingiustificata sulla base del testo letterale della norma, deve disattendersi alla luce del precetto di cui all'art. 12, comma 1, preleggi. 6. Deve - conclusivamente - ritenersi che sia il ricorso principale, che quello incidentale, proposti nella specie avverso la sentenza del giudice di pace di Lanciano, che ha negato la propria competenza per territorio a conoscere della controversia, avente un valore inferiore a lire due milioni, sono ammissibili, anche il profilo sopra esaminato.
Come accennato in parte espositiva nel caso di specie il giudice adito ha ritenuto la propria incompetenza territoriale a decidere il presente giudizio, per essere competenti il giudice di pace di Ascoli Piceno o quello di Torino. 7. Ha osservato - in particolare - il giudicante che la clausola contrattuale che indica il giudice di pace di Lanciano come competente anche se non in via esclusiva! per le controversie che sarebbero sorte tra le parti è inoperante, in forza dell'art. 12, d. lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, che stabilisce inequivocabilmente che nelle controversie relative a contratti come quelli in oggetto contratti conclusi fuori dai locali commerciali! la competenza territoriale appartiene inderogabilmente al giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato.
Il ricorrente principale censura tale statuizione eccependo che la stessa sarebbe stata esatta nell'ipotesi la PROIETTI si fosse avvalsa della clausola di ripensamento e il giudizio fosse insorto dopo l'applicazione di detta clausola. 8. Poiché nella specie la controversia aveva altro oggetto (adempimento contrattuale) e poiché la clausola contrattuale quale quella ora in esame! che indichi la competenza di un determinato foro, senza esprimere la volontà di escludere la competenza dei giudici indicati dagli artt. 18 e 20 c.p.c., va interpretata (alla luce di una risalente giurisprudenza di questo Supremo Collegio) nel senso di aggiungere il predetto foro a quelli già previsti dalla legge, il giudice adito non poteva non ritenere la propria competenza (Sussistendo, al riguardo, la concorrente competenza dei giudici di Lanciano, Ascoli Piceno e Torino). 9. Il rilievo non coglie nel segno.
Premesso che l'art. 12 d. lgs. 15 gennaio 1992 n. 50, il quale stabilisce la competenza inderogabile del giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore per le controversie inerenti all'applicazione del decreto, si riferisce esclusivamente ai contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore, e non si applica quindi ai rapporti che, benché dedotti in giudizio in epoca successiva, siano tuttavia insorti prima dell'entrata in vigore del decreto medesimo (Così, ad esempio, Cass. 25 settembre 1996 n. 8465), si osserva - in primis - che nella specie il contratto inter partes è stato stipulato l'11 aprile 1992 avvenuta, giusta la previsione di cui all'art. 13, comma 1, dello stesso, trenta giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, pubblicazione avvenuta il 3 febbraio 1992!.
Contemporaneamente deve evidenziarsi, da un lato, che il d. lgs. 15 gennaio 1992 n. 50, recante l'attuazione della direttiva CEE n. 577-85 in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali, ha il "campo di applicazione" indicato nel suo articolo 1 (secondo cui il "presente decreto si applica ai contratti tra un operatore commerciale e un consumatore riguardanti la fornitura di beni o la prestazione di servizi, in qualunque forma conclusi, stipulati....."), dall'altro, che l'art. 12 di tale testo normativo testualmente recita : "per le controversie civili inerenti all'applicazione del presente decreto la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato".
È evidente, pertanto, in forza delle disposizioni sopra richiamate, che la speciale competenza per territorio del giudice "del luogo di residenza o di domicilio del consumatore", non è affatto limitato - come invoca il ricorrente - alla eventualità il consumatore si sia avvalso - o voglia avvalersi - del "diritto di recesso ", previsto dall'art. 4 dello stesso d. lgs. N. 50 del 1992, ma a qualsiasi controversia sorta in margine a uno dei contratti conclusi nelle condizioni di tempo e di luogo indicati nel precedente articolo 1, comma 1 e 2, a prescindere dallo specifico oggetto della controversia (abbia, cioè, questa, come scopo l'esecuzione del contratto o la sua eventuale risoluzione per inadempimento).
Nè è rilevante - in senso contrario - che i contratti conclusi a norma del ricordato articolo 1 siano caratterizzati, tra l'altro, dal "diritto di recesso" attribuito al consumatore. 9. Risultato infondato, il ricorso principale, deve - come anticipato - rigettarsi. 10. Con il ricorso incidentale la PROIETTI, ancora, censura la sentenza gravata nella parte in cui questa ha indicato la concorrente competenza, per territorio, dei giudici di pace rispettivamente di Ascoli Piceno (luogo di residenza del consumatore) e di Torino (luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio), senza tenere presente che la competenza del giudice del luogo di residenza del consumatore è - per volontà di legge - inderogabile.
Il motivo è fondato e meritevole di accoglimento.
Come riferito sopra, in sede di esame del ricorso principale, l'art. 12 del d. lgs. 15 gennaio 1992, n. 50 prevede - per le controversie relative a contratti negoziati fuori dei locali commerciali - che la competenza del giudice del luogo di residenza del consumatore sia "inderogabile": è palese, pertanto, che il giudice di pace di Lanciano non poteva affermare la concorrente competenza anche del giudice di pace di Torino. 11. In conclusione, in accoglimento del proposto ricorso la sentenza impugnata, per la parte de qua, deve essere cassata, con affermazione dell'esclusiva competenza del giudice di pace di Ascoli Piceno a conoscere della controversia.
Le spese di questa fase del giudizio, liquidate come in dispositivo devono fare carico esclusivo alla soccombente CE.RI.P.
S.a.s..
P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi;
rigetta il ricorso principale;
accoglie quello incidentale e cassando in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata, dichiara la competenza esclusiva del giudice di Ascoli Piceno a conoscere della controversia;
condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di questa fase del giudizio che liquida, in lire 1.071.000 di cui lire 987.000 per onorari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della III sezione civile della Corte di cassazione il giorno 26 maggio 1998.