Tribunale di Palermo, 11 luglio 2000 - G.U. Nicoletti - Adiconsum (avv.G.e A.Palmigiano) c. Accord Viaggi s.r.l. (avv. A. e P. Sferruzza)
published in [11] Il Corriere Giuridico 2000, pp. 1508-1510
I contratti di viaggio "tutto compreso", ancorché disciplinati dalla normativa di settore - d. lgs. I7 marzo 1995, n. 111 di trasposizione della direttiva 90/314/CEE e L. 27 dicembre 1977 n. 1084 di ratifica della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV) sottoscritta a Bruxelles il 24 aprile 1970 - soggiacciono alla novella codicistica in tema di clausola abusive che ha recepito - la direttiva 93/13/CEE.
È abusiva la clausola che, nel consentire al tour operator di trattenere una somma di denaro versata dal turista se quest' ultimo non conclude il contratto o ne recede, non prevede il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest' ultimo a recedere dal contratto.
Il frammentario rinvio alla normativa di settore non impedisce il vaglio di vessatorietà, non trovando applicazione il divieto di cui all' art. 1469-ter comma 3 c.c. che esclude il significativo squilibrio in caso di recepimento di una disposizione di legge, (principi affermati ai fini della soccombenza virtuale nell' ambito di una controversia in cui il tour operator, in corso di causa, ha modificato le clausole contrattuali uniformandosi alle richieste dell' associazione dei consumatori).
Omissis
Motivi della decisione
Omissis
Tanto premesso, focalizzando la questione principale posta all' attenzione di questo giudice, deve invero sottolinearsi che l'azione inibitoria di cui all'art. 1469-sexies c.c. è un rimedio di tipo general-preventivo che è proteso ad incidere proprio sui formulari contrattuali considerati in modo generale ed astratto, indipendentemente dal loro impiego concreto, quale fonte normativa privata potenzialmente applicabile ad una serie di contratti individuali con i singoli consumatori, impedendone la diffusione con conseguente declaratoria di inefficacia, ove ne sia accertata l'abusività per garantire ai consumatori proprio la libertà di contrarre a condizioni non vessatorie (cfr. sul punto Trib. Roma, ordinanza 29 maggio 1997).
Occorre quindi verificare, per ritenere sussistente in capo all' Adiconsum l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., se, nella specie, il professionista abbia o meno predisposto condizioni generali di contratto c.d. "abusive" e se abbia dimostrato di volerle utilizzare nella stipulazione dei contratti con i consumatori prima dell'instaurazione del giudizio.
Il fatto inequivocabile, confermato dal comportamento recessivo della convenuta, che entrambe le parti abbiano alla fine concordato per l'abusività delle clausole indicate specificamente in citazione (artt. n. 7, 11 e 18 delle condizioni generali) induce ad una veloce disamina della prima questione essendo sul punto senz'altro condivisibili le esaustive ed articolate argomentazioni trovate in varie pronunzie di questo Tribunale (cfr. in particolare Trib. Palermo ordinanza del 24.1.1997 e sentenza del 2.6.1998, prodotta in copia emesse fra Adiconsum e Soc. Aereoviaggi già citate).
Riguardo l'art. 7 delle condizioni generali di contratto, riportate nella terzultima e penultima pagina del catalogo "Estate 1998" - Sicilia D.O.C. (versato in atti), - rubricato "recesso del consumatore" - deve rilevarsi che la clausola, esaminata unitamente a quelle di cui agli artt. 5 e 9, risulta in aperto contrasto con l' art; 1469 bis, comma 3, n. 5) c.c. che sancisce la prèsunzione di vessatorietà laddove la disposizione abbia come effetto di consentire al professionista di trattenere una Somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o ne recede, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere.
La clausola in questione, infatti, evidenzia un significativo e sostanziale squilibrio fra l'ipotesi di recesso del consumatore e quella del professionista nel senso che, mentre quest'ultimo può recedere ad nutum dal rapporto - vedasi specificamente l'inciso "per qualsiasi ragione" nonché la generica previsione, per mancato raggiungimento del numero minimo dei partecipanti di cui all'art. 9 - senza altra conseguenza che quella di rimborsare le somme percepite entro 7 giorni lavorativi dal momento del recesso o della cancellazione, escluso ogni ulteriore esborso, il consumatore, che, già all'atto della prenotazione ex art. 5 cond. gen., deve versare un acconto pari al 25% della quota di partecipazione e l'intera quota di iscrizione al viaggio e poi tutto il Corrispettivo entro 30 giorni dalla partenza, dovrà, al fine di esercitare il diritto potestativo di recesso a titolo di corrispettivo (c.d. caparra o multa penitenziale), corrispondere somme, specificamente indicate per scaglioni via via crescenti a seconda di quanto tempo prima venga esercitato e delle tipologie di prestazioni richieste (cfr. art. 7 delle condizioni).
Benché poi la disposizione contrattuale in questione ricalchi in parte l'art. 9 L. 1084/77 e . l'art. 13 d.lgs. 111/95 tanto non basta, per sottrarla, a mente dell'art 1469 ter, comma 3 c.c., al test di vessatorietà previsto dall' art. 1469-sexies, ove solo si consideri che tali leggi non prevedevano di certo il diritto di recesso dell' organizzatore senza prevedere alcun indennizzo al viaggiatore, il che avrebbe di certo svilito i contenuti delle stesse norme nazionali che miravano già a garantire un equo con temperamento degli interessi delle due categorie di contraenti interessate.
Passando poi all'esame dell'art. 11 delle condizioni generali di contratto - rubricato "classificazione. alberghiera" - non. può non rilevarsi che la clausola risulta palesemente. in contrasto con l'art. 1469 bis, comma 2 n. 14) c.c. che pone la presunzione di vessatorietà per la condizione che riservi al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto, prevedendo appunto che: «La classificazione alberghiera, in assenza di classificazioni ufficiali riconosciute dalle competenti pubbliche autorità dei paesi anche membri della CEE, cui il relativo servizio si riferisce, è stabilita dall' organizzatore in base a propri criteri di valutazione degli standards di qualità».
E infatti evidente che la clausola in commento riservi, con conseguente significativo squilibrio, dei diritti e degli obblighi contrattuali a carico del f consumatore, solo all' organizzatore il potere di determinare in concreto lo standard di qualità degli alberghi messi a disposizione dell'utente nei paesi in cui manca una classificazione ufficiale, non consentendo in alcun modo al turista di potere sindacare la sistemazione alberghiera né gli standards ai quali l'organizzatore ha ritenuto di attenersi per la classificazione finendo, quindi, col determinare una limitazione di responsabilità in favore del tour operator, peraltro libero di interpretare a suo piacimento parte del contenuto del contratto.
In ultimo, neppure sarebbe sfuggita alla sanzione dell'inibitoria ordinaria la clausola contenuta all'art. 18 delle condizioni generali di contratto rubricato:.- "foro competente clausola compromissoria" - che prevede: "Per ogni controversia dipendente dal presente contratto sarà competente esclusivamente il foro ove ha sede il Tour Operator", poiché di segno evidentemente contrario alla disposizione di cui all'art. 1469 bis; comma 3 n. 19) c.c. che fa presumere la vessatorietà della condizione contrattuale che stabilisce come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore.
Deve invero rilevarsi che tale clausola contrattuale determina in concreto per il consumatore l'impossibilità di tutelate in via giurisdizionale i propri diritti se non sottoponendosi a costi spropositati, consentendo per converso al predisponente di limitare le spese nell'ipotesi di qualsivoglia controversia che possa dipendere anche dall'abuso della sua posizione dominante, con significativo squilibrio a carico del contraente debole.
Tanto precisato in merito alle clausole di cui l'attrice lamentava correttamente l'abusività, occorre inoltre evidenziare, relativamente al punto attinente all'utilizzo delle predette nella stipulazione dei contratti, che l'Adiconsum ha senz'altro dimostrato che la convenuta ha inserito in un catalogo valevole per la stagione estiva 1998 che, peraltro, comprendeva prenotazioni sino all' ottobre ed al dicembre di quell'anno (cfr. proposte a pagg. 2 e 10 del depliant), e cioè anche per date successive a quelle di instaurazione del giudizio (4 settembre 1998), le condizioni .generali di contratto contenenti le clausole abusive già esaminate.
Ed allora se, come già evidenziato, il rimedio ordinario di cui all'art. 1469-sexies c.c. ha carattere general-preventivo ed è diretto a colpire la potenziale diffusione di clausole abusive che compromettano l'equilibrio fra le parti a discapito del contraente debole, non può essere presa in positiva considerazione l'obiezione della convenuta circa l' asserita inapplicabilità del catalogo per il periodo successivo a quello dì introduzione del presente procedimento, ben potendo la Accord Viaggi S.r.l. riutilizzare in altro catalogo valevole per le stagioni successive - sì come avvenuto in precedenza (cfr. altro depliant in atti) identiche condizioni proprio perché predisposte per il complesso generalizzato delle contrattazioni del professionista.
Tenuto conto poi che le disposizioni della novella di cui alla L. 6 febbraio 1996, n. 52 sono entrate in vigore in data ben antecedente all'instaurazione del presente procedimento, ed hanno avuto peraltro le già segnalate applicazioni giurisprudenziali (fra le prime ordinanze Tribunale Torino 4 ottobre 1996, 14 e 16 agosto 1996, Tribunale Palermo 24 gennaio 1997 e 22 ottobre 1997 in sede di reclamo, Tribunale Roma 28 maggio 1997 ecc.), non può neppure trovare ingresso l'ulteriore rilievo della convenuta - pure smentito dalla produzione ad opera dell' attrice del ricorso depositato il 15 luglio 1996 da questa ultima contro la stessa in altro procedimento che ha ritenuto profilarsi la problematica in questione esclusivamente con la pubblicazione della sentenza di questo Tribunale n. 1941/98 avvenuta solo in data 2 giugno 1998, né tanto meno l’argomento della non definitività della normativa, avuto riguardo alle parziali modifiche apportate alle norme di cui al capo XIV bis del codice civile dalla L. 21 dicembre 1999, n. 526, non avendo di certo esse efficacia retroattiva né valenza tale da distorcere il quadro sin qui delineato, essendo le clausole sottoposte all'attenzione di questo giudice assolutamente inequivoche quanto al contenuto e conseguentemente sottratte alla sfera di applicazione dell'attuale art. 1469-quater comma 3 c.c.
Considerato tuttavia che, pochi mesi dopo l'instaurazione della presente controversia, la convenuta - che non è provato sia stata preventivamente intimata dall'Adiconsum in via stragiudiziale al fine di uniformarsi alla normativa in commento - si è attivata al fine di modificare nel senso soluto dal legislatore comunitario e nazionale le condizioni generali di contratto dì cui faceva applicazione nella generalità dei contratti ed avuto riguardo altresì alla peculiarità delle questioni trattate, ritiene il giudice, in ossequio al criterio della soccombenza, di dover dichiarare compensate per un terzo le spese di giudizio e di porre a carico dell'Accord Viaggi S.r.l. la restante parte, liquidata in dispositivo.
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