TRIBUNALE
Lamezia Terme
Ordinanza 16 luglio 2006
Il Giudice designato
ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile iscritto al n. 2438 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2005, vertente
tra
ACU - Associazione Consumatori Utenti Onlus, iscritta nell’elenco di cui all’art. 137 del d.lgs. 6.09.2005, n. 206, giusto decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 9.11.2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 10.12.2004, n. 289, in persona del suo Presidente nazionale e legale rappresentante pro – tempore GC nonché del Presidente regionale della sede Calabria avv. FCS….
= RICORRENTE =
e
TRENITALIA S.p.A. – Gruppo Ferrovie dello Stato, società con socio unico soggetto alla direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato S.p.A., in persona dell’institore avv. AP ….
= RESISTENTE =
nonché
Comitato regionale LEGAMBIENTE CALABRIA, …..
= INTERVENIENTE =
Oggetto: ricorso per inibitoria in via d’urgenza a cura dell’Associazione rappresentativa dei consumatori e degli utenti per i fumi emanati dalle locomotive di Trenitalia S.p.A. presso la stazione ferroviaria di Lamezia Terme centrale.
A scioglimento della riserva di cui al processo verbale di udienza in data 8 maggio 2006;
decorsi i termini concessi di giorni 30 per il deposito di note illustrative e documenti e di ulteriori giorni 20 per il deposito di repliche;
letto il ricorso introduttivo del procedimento, depositato in data 31.10.2005, in cui si conclude per l’inibizione delle condotte lesive degli interessi collettivi dei cittadini di Sant’Eufemia nonché dei diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti, tenute da Trenitalia S.p.A., e per la conseguente adozione di ogni provvedimento idoneo a correggerne o eliminarne gli effetti pregiudizievoli, con ordine di pubblicazione di ogni provvedimento adottato;
letta la comparsa di costituzione depositata da Trenitalia S.p.A. all’udienza di comparizione delle parti in data 18.01.2006, in cui si chiede la reiezione di tutte le domande formulate siccome inammissibili, improcedibili ed infondate per i motivi dedotti in narrativa;
visto l’atto di intervento depositato dal Comitato regionale di Legambiente Calabria all’udienza in data 20.02.2006, nel quale si aderisce alle richieste formulate dall’Associazione istante;
preso atto dell’interrogatorio libero assunto nei riguardi del dirigente di Trenitalia S.p.A., SP , come da processi verbali di udienza in data 20.02.2006 e 8.05.2006;
esaminati gli atti e i documenti di causa;
viste le note autorizzate depositate in data 7.06.2006 e le repliche depositate da parte resistente in data 26.06.2006 e da parte ricorrente in data 27.06.2006;
osserva
L’eccepito difetto di legittimazione processuale attiva (legittimazione ad agire ex art. 81 c.p.c.) dell’associazione istante è degno di accoglimento.
E ciò perché gli interessi collettivi a difesa dei quali è stata esperita l’odierna azione non riguardano all’evidenza né i consumatori né gli utenti del servizio reso da Trenitalia S.p.A..
Sebbene l’ente ricorrente sia inserito nell’elenco di cui all’art. 137 del codice del consumo, difetta sul piano oggettivo alcun riferimento funzionale alle materie che inficiano la tutela del consumatore ovvero dell’utente.
Benché, in ordine alla prospettazione di cui al ricorso introduttivo, siano potenzialmente incisi alcuni dei diritti fondamentali di cui all’art. 2 (il diritto alla salute, il diritto alla sicurezza ed alla qualità dei servizi, il diritto all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza), nondimeno essi non sono imputabili a soggetti fruitori, in base ad atti o comportamenti, delle prestazioni tipiche rese dalla società resistente. Ora, le doglianze mosse nell’atto che instaura il giudizio afferiscono in via esclusiva alla posizione degli abitanti delle zone limitrofe alla stazione ferroviaria di Lamezia Terme centrale e s’incentrano sulla dispersione dei fumi dalle locomotive che operano in detta stazione. Ne consegue che, pur allargando a dismisura le maglie del significato di consumatore o di utente, tali soggetti non rientrano nei relativi concetti, in confronto al tenore della lagnanza esternata. Si tratta, piuttosto, di cittadini che lamentano un disservizio derivato dalle modalità accessorie di esecuzione delle prestazioni tipiche rese da Trenitalia (trasporto degli utenti mediante linea ferroviaria) ma che sono estranei alla fruizione di dette prestazioni. Del resto, quand’anche si ipotizzi che i medesimi cittadini siano al contempo potenziali fruitori del servizio di trasporto ferroviario di persone, in partenza da o in arrivo a Lamezia Terme centrale, l’immissione denunciata non è connessa all’utilizzazione del servizio medesimo poiché, dalle deduzioni sviluppate, si evince che la diffusione di fumi concernerebbe una macchina di manovra, una locomotiva 345 utilizzata per le manovre in stazione e una locomotiva 445 di trazione in partenza da Lamezia (vedi deposizioni rese dal dirigente Stefanelli Pietro). Ebbene, l’accensione (rectius, preriscaldamento) di tali mezzi avviene in un piazzale distante dall’area riservata ai viaggiatori, per giunta verso le ore 5:00 del mattino. Ed infatti, il tenore delle prove richieste da parte istante nella memoria depositata in data 14.02.2006 tende a dimostrare l’inquinamento atmosferico derivante dal riscaldamento dei motori dei predetti mezzi, non già nella stazione ferroviaria, bensì nel quartiere di Sant’Eufemia. I relativi abitanti, nonostante possano reclamare tutela personalmente, non sono utenti, neanche in via collaterale, del servizio ferroviario reso da Trenitalia. Per l’effetto, le lesioni affermate sono all’esterno dell’esercizio dell’attività propria di Trenitalia.
Ebbene, intanto i diritti fondamentali di cui all’art. 2 del codice del consumo sono riconosciuti, in quanto di essi siano portatori i consumatori o gli utenti, eventualmente rappresentati dalle associazioni di categoria.
Fuori da tale delimitazione, i medesimi cittadini possono agire uti singuli e non a mezzo delle associazioni dei consumatori. Il dettato normativo non ammette una diversa interpretazione.
A norma del comma primo dell’art. 139 del codice del consumo, le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’art. 137 sono legittimate ad agire a tutela dei soli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti medesimi e non del quisque de populo. D’altro canto, la delimitazione del bacino di tutela (dei soli consumatori ed utenti) costituisce presupposto indispensabile al fine di vagliare la potestas agendi delle associazioni, rappresentative degli interessi dei soli consumatori o utenti in senso stretto. A fortiori, non si rientra chiaramente nell’alveo delle azioni inibitorie previste dall’art. 37 a difesa degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti in materia di clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori. Nella fattispecie, le persone fisiche rappresentate dall’associazione istante non acquistano o utilizzano beni o servizi resi da Trenitalia. Sennonché, nonostante il campo di azioni esperibili dalle associazioni ne includa un’ampia gamma, ai sensi dell’art. 139, comma primo, resta fermo che tale campo abbraccia le sole ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal codice del consumo. Per converso, nessuna relazione di consumo vi è tra i cittadini rappresentati dall’associazione ricorrente e Trenitalia.
Pertanto, i comportamenti denunciati non risultano, neanche in tesi, lesivi degli interessi di consumatori o utenti, il che esclude che l’associazione di categoria possa legittimamente invocarne la correlativa inibitoria. Dall’esposizione che precede deriva che la posizione delle persone asseritamente danneggiate, in confronto ai pregiudizi lamentati, esclude la legittimazione dell’accesso alla giustizia a favore delle associazioni riconosciute ma non preclude il diritto di ciascun danneggiato all’esercizio delle corrispondenti azioni individuali avverso le medesime violazioni. Né l’intervento adesivo dipendente del comitato regionale Legambiente Calabria può sanare l’acclarata carenza di legittimazione ad agire della parte ricorrente.
Sul punto, conviene esaminare più in generale la questione dell’estensione della legittimazione ad agire degli enti preposti. Più volte in giurisprudenza è stato affrontato il problema della legittimazione a ricorrere o a intervenire delle associazioni dei consumatori e degli utenti nelle varie materie in cui sono coinvolti interessi dei medesimi (dalla pubblicità ingannevole al diritto di accesso), potendosi l’estensione del contenzioso spiegare agevolmente alla luce di due elementi, quali la latitudine della nozione legislativa di “consumatore o utente” e le regole del sistema italiano di tutela giurisdizionale, che caratterizzano le controversie instaurate da questo tipo di associazioni.
Sotto il primo profilo, è sufficiente ricordare la definizione contenuta nell’art. 2, primo comma, della legge 30.07.1998, n. 281 (si intendono per “consumatori o utenti [...] le persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all’attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta”) e quella oggi vigente (probabilmente più ampia della precedente, in virtù del diverso predicato verbale utilizzato), contenuta nel sopravvenuto codice del consumo, approvato con d.lgs. 6.09.2005, n. 206: è “consumatore o utente [...] la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” (il nuovo testo di legge dichiaratamente provvede al completo “riassetto” del c.d. “statuto del consumatore”, attraverso l’armonizzazione e il riordino delle “normative concernenti i processi di acquisto e consumo, al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti”; esso ha, tra l’altro, abrogato la legge 30.07.1998, n. 281; cfr. artt. 1, 3, primo comma, lett. f, e 146 del codice del consumo). Quanto all’altro aspetto, vanno menzionati gli esiti dei ripetuti - e per molti versi fruttuosi - tentativi di individuare una soddisfacente tecnica di protezione degli interessi diffusi in un contesto processuale tuttora retto dal principio personalistico (l’ordinamento processuale italiano, connotato dalle tradizionali limitazioni desumibili dagli artt. 24 Cost. e 99 e 100 c.p.c., non conosce ancora le class actions tipiche del diritto statunitense e contempla solo eccezionali casi di azioni popolari). L’articolato modello incentrato sull’imputazione degli interessi diffusi in capo ad enti che siano dotati di una certa rappresentatività e la cui ragion d’essere risiede nella tutela di questo tipo di interessi (auto-legittimazione), costituisce - nel diritto interno - il punto di arrivo di una lunga evoluzione che ha riguardato le c.d. “azioni di interesse collettivo” e le corrispondenti esigenze di tutela derivanti, come giustamente osservato in dottrina, dagli attuali modelli di produzione e distribuzione di massa. La perdurante effettività di questo schema sembra implicitamente ribadita anche dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 2207 del 4.02.2005, la quale, nel dare soluzione positiva al quesito se anche i singoli consumatori siano legittimati, ai sensi dell’art. 33 l. n. 287/1990 (disposizione relativa alle azioni di nullità delle intese antitrust), a denunciare l’invalidità dei contratti c.d. “a valle” di un’intesa illecita, afferma: “il giudice, che dirime controversie e non si occupa di fenomeni, può essere officiato solo in presenza o in vista almeno di un pregiudizio”. Si sottolinea in tal modo come la funzione giurisdizionale possa legittimamente dispiegarsi solo qualora si ravvisi una lesione (attuale o potenziale) di una posizione giuridica di vantaggio presente nel patrimonio di chi agisce. Si spiega allora perché nelle decisioni riguardanti gli enti portatori di interessi collettivi il problema dell’accesso al giudice sia nelle varie fattispecie risolto soffermandosi vuoi sull’interesse a ricorrere vuoi sulla sussistenza di una posizione differenziata e qualificata; e si spiega anche perché viene costantemente escluso che l’azione possa essere esperita per perseguire “mere finalità di giustizia” ovvero per tutelare il “generico interesse, generale ed indifferenziato, di tutti i cittadini al ripristino della legalità violata”.
Quanto detto giustifica, infine, il canone giurisprudenziale secondo cui la legittimazione a ricorrere di un’associazione di consumatori va verificata caso per caso “alla luce degli atti o comportamenti effettivamente impugnati e della loro concreta attitudine a ledere, in rapporto di diretta congruità, gli interessi” di cui l’ente è portatore statutario.
Poste queste premesse, è ora possibile passare all’esame dell’odierna azione. Non vi è dubbio che la qualità dell’Acu - associazione di consumatori ed utenti, regolarmente iscritta nell’apposito elenco ministeriale, le consenta di esperire iniziative a tutela dei “diritti fondamentali” che l’art. 2, secondo comma, del codice del consumo (riproduttivo dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 281/1998) “riconosce” in favore dei consumatori e degli utenti (si tratta dei diritti: “a. alla tutela della salute; b. alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi; c. ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità; d. all’educazione al consumo; e. alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali; f. alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti; g. all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza”). Il successivo art. 139 (“legittimazione ad agire”), contenuto nel Titolo II (significativamente dedicato all’ “accesso alla giustizia”), Parte V, del codice del consumo, sancisce (con norma sostanzialmente coincidente con l’art. 3 della legge n. 281/98) che tali associazioni “sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti” mentre l’art. 140 (“procedura”) specifica come esse possano richiedere “al tribunale: a. di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti; b. di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c. di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate”. Lo statuto dell’Acu va letto in correlazione con tali disposizioni. In esso si prevede, infatti (v. art. 3), che l’associazione persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo della “tutela dei diritti civili dei consumatori e degli utenti, con divieto di svolgere attività diverse” (e non genericamente degli interessi del cittadino). Prevede, altresì, che l’attività dell’associazione “è diretta ad arrecare benefici a quei consumatori ed utenti (sic !) che si trovano in situazioni di svantaggio in ragione delle loro condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali e familiari”. Ancora, si stabilisce che l’Acu si propone di “tutelare e rappresentare i diritti civili dei consumatori e degli utenti (sic !), in particolare di quelli svantaggiati, riconosciuti e sanciti dall’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite, dalla Consumers International, dalla Comunità Europea, dallo Stato italiano, dalle regioni d’Italia, con le forme e le modalità previste nei relativi atti normativi; in particolare, riconosce come fondamentali diritti civili dei consumatori e degli utenti (sic !): - il diritto alla sicurezza e all’integrità fisica e psichica; - il diritto alla qualità dei prodotti e dei servizi; - il diritto a ricevere un’informazione adeguata e una pubblicità corretta; - il diritto a ricevere un’adeguata educazione al consumo; - il diritto a poter esercitare una libera scelta tra prodotti e servizi competitivi; - il diritto ad essere rappresentati; - il diritto ad un equo ristoro dei danni subiti; - il diritto ad un ambiente sano; - il diritto alla tutela economica e del risparmio; - il diritto alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali”. Per raggiungere tali scopi, l’Associazione – tra l’altro (v. art. 4 dello statuto) - “favorisce l’accesso alla giustizia da parte di quei consumatori e utenti (sic !) particolarmente svantaggiati” e “rappresenta gli interessi dei singoli consumatori e utenti ovvero gli interessi collettivi e generali dei cittadini (sic !), in particolare di quelli svantaggiati, attraverso la proposizione di azioni ordinarie e/o di inibizione, compresa la costituzione di parte civile, in materie penali, civili, amministrative o di competenza di Autorità di settore, sui temi inerenti l’oggetto sociale (sic !)”. I dati normativi appena riportati permettono di ribadire la conclusione di carattere generale innanzi anticipata: la pur ampia legittimazione ad agire in giudizio dell’associazione ricorrente non è tuttavia così vasta da ricomprendere qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta, in modo diretto o indiretto, sui cittadini, dovendo al contrario essere commisurata a quegli atti che siano idonei ad interferire con specificità ed immediatezza sulla posizione dei consumatori e degli utenti. In questa ottica, va evidenziato che, nel caso concreto, non si riscontrano elementi dai quali desumere l’attitudine del comportamento contestato a vulnerare, in modo certo o almeno probabile, gli interessi la cui tutela costituisce finalità statuaria dell’Acu. E ciò giustappunto perché gli interessi di cui i cittadini rappresentati sono portatori non sono qualificati dall’inerenza ad un rapporto di consumo o di fruizione con i servizi tipizzati resi da Trenitalia. In tale fattispecie, l’Acu ha operato, non già come rappresentante di una cerchia differenziata di consumatori o utenti, ma come portavoce di esigenze (seppure in ipotesi fondate) di giustizia reclamate dagli abitanti di un quartiere, peraltro costituiti in comitato (questo sì legittimato ad agire in loro rappresentanza) rispetto a condotte avulse dalla produzione di un servizio (che è quello di trasporto delle persone).
Sussistono giusti motivi, attesa la complessità delle questioni trattate, per compensare interamente tra le parti le competenze di lite.
P.Q.M.
visti gli artt. 2, 137, 139 e 140 del d.lgs. 6.09.2005, n. 206 e 669 ter, 669 sexies, 669 septies e 700 c.p.c.:
dichiara il difetto di legittimazione ad agire dell’Associazione istante;
compensa interamente tra le parti le competenze di lite.
Manda alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza alle parti.
Lamezia Terme, 16.07.2006.
Il Giudice
Dott. Cesare Trapuzzano