Cassazione civile , sez. un., 28 marzo 2006, n. 7036
Rientra nella giurisdizione del g.o. - e non dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato - la controversia con la quale un’associazione di consumatori chieda l’inibizione di atti di pubblicità ingannevole e la condanna dell’autore di essi al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 3 l. n. 281 del 1998, richiamato dall’art. 7 d.lg. n. 74 del 1992 (e successive modificazioni), che prevede la possibilità delle associazioni di rivolgersi al giudice competente, atteso che detta Autorità è un’amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo e non un giudice e che già la direttiva 84/54/Cee prevedeva la possibilità degli Stati membri di consentire a persone e organizzazioni di promuovere un’azione giudiziaria o di rivolgersi in via esclusiva all’Autorità amministrativa o di accordare entrambe le forme di tutela. Inoltre, poiché l’interesse tutelato ha natura di diritto soggettivo, il giudice competente cui si riferisce il citato art. 3 va individuato, in mancanza di diversa disciplina, nel giudice ordinario, senza che risulti irragionevole che il singolo consumatore per lo stesso fine debba rivolgersi necessariamente all’Autorità garante, mentre le associazioni dei consumatori e degli utenti possono adire anche il giudice ordinario. (Fattispecie anteriore all’entrata in vigore del nuovo codice del consumo).
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill. mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto - Dott. OLLA Giovanni - Presidente di sezione - Dott. PAPA Enrico - Consigliere - Dott. VARRONE Michele - Consigliere - Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere - Dott. VITRONE Ugo - Consigliere - Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere - Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere - Dott. LA TERZA Maura - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da: ASSOCIAZIONE MOVIMENTO CONSUMATORI, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIATOMMASO CAMPANELLA 41/G, presso lo studio dell'avvocato LAILAPERCIBALLI, rappresentata e difesa dall'avvocato FIORIO VALENTINO,giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente - contro EDUCATION SCUOLA & LAVORO S.A.S. DI PASSERONE FRANCO;
- intimata -per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 30181/03 del Tribunale di TORINO; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il02/03/06 dal Consigliere Dott. Alfonso AMATUCCI; lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio MARTONE, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, dichiarino la giurisdizione del Giudice ordinario, con le conseguenze di legge.
Fatto
1. Con atto di citazione notificato il 29 ottobre del 2003 l'Associazione Movimento Consumatori convenne innanzi al tribunale di Torino la s.a.s. Education Scuola & Lavoro di Passerone Franco chiedendo che fosse dichiarato che "i messaggi pubblicitari diffusi dalla convenuta e prodotti in atti costituiscono pubblicità ingannevole ai sensi e per gli effetti del D. Lgs. n. 74 del 1992, art. 1 e ss.", che fosse inibito "ai sensi della L. n. 281 del 1998, art. 3, lett. a), l'utilizzo dei messaggi pubblicitari di cui in atti", che la convenuta fosse condannata "ai sensi della L. n. 281 del 1998, art. 3, lett. b), ad adottare le misure idonee a correggere od eliminare gli effetti dannosi delle violazione de quibus secondo le modalità accertande e determinande", che fosse ordinata la pubblicazione per estratto della sentenza ai sensi della L. n. 281 del 1998, art. 3, lett. c), e che, infine la Education fosse condannata al risarcimento del danno, in favore dell'attrice, derivante dalla lesione degli interessi collettivi dei consumatori.
Con ricorso del 4.11.2003 l'Associazione attrice richiese in corso di causa la tutela cautelare ai sensi della L. n. 281 del 1998, art. 3, comma 6, e art. 669 bis c.p.c., e segg..
Con ordinanza depositata il 22.12.2003 il Giudice singolo del tribunale rigettò le istanze cautelari per essere il Giudice ordinario carente di giurisdizione in ordine alle domande proposte.
Osservò che, vertendosi in ipotesi di pubblicità ingannevole, i provvedimenti richiesti avrebbero potuto essere adottati solo dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
L'associazione ricorrente propose reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. ed il tribunale in composizione collegiale lo ha rigettato con ordinanza 23 - 30.1.2004, confermando il provvedimento impugnato.
2. Ha rilevato il tribunale che il D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 7, riserva la tutela in materia di pubblicità ingannevole all'AGCM (avverso le cui decisioni è ammesso solo il ricorso al Giudice amministrativo) e che è ininfluente che il quattordicesimo comma dello stesso articolo (introdotto dal D.Lgs. n. 67 del 2000, art. 5) richiami, per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, la L. n. 281 del 1998, art. 3. Ciò in quanto l'art. 3 citato, prevedendo che le associazioni dei consumatori e degli utenti sono legittimate ad agire innanzi al "Giudice competente", non precisa tuttavia di quale Giudice si tratti; sicchè occorre pur sempre aver riguardo, per individuarlo, al D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 7, comma 13, che fa salva la giurisdizione del Giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale e, quanto alla pubblicità comparativa, per gli atti compiuti in violazione della legge sul diritto di autore, del marchio d'impresa, di denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti, il richiamo alla L. n. 281 del 1998, art. 3, avrebbe dunque il solo significato dell'attribuzione anche alle associazioni dei consumatori e degli utenti della legittimazione ad agire innanzi al Giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale (anche in deroga all'art. 2601 c.c.) e negli altri casi sopra indicati; mentre, in tema di pubblicità ingannevole, le associazioni dei consumatori potrebbero comunque rivolgersi esclusivamente all'Autorità garante e, in seconda battuta, al t.a.r..
Se si ragionasse diversamente - continua il tribunale - si determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra le associazioni dei consumatori da una parte, e tutti gli altri soggetti (singoli consumatori, imprenditori, etc.) dall'altra. Solo i primi, infatti, potrebbero scegliere se domandare la tutela al Giudice ordinario o all'Autorità, mentre tutti gli altri sarebbero "tenuti a seguire la regola della ripartizione tra le due giurisdizioni in base all'oggetto del contendere".
3. Rinviata la causa all'udienza del 7.4.2004 per gli incombenti di cui all'art. 183 c.p.c., l'Associazione Movimento Consumatori ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione con ricorso notificato il 6.4.2004, illustrato anche da memoria.
La società intimata non ha svolto attività difensiva.
Il pubblico ministero, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto che sia affermata la giurisdizione del Giudice ordinario sui rilievi che il D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 7, come sostituito dal D.Lgs. n. 67 del 2000, art. 5, (poi modificato con legge successiva all'introduzione del giudizio, dunque ininfluente ex art. 5 c.p.c.), prevede espressamente che per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti si applichi la L. 30 luglio 1988, n. 281, art. 3; che tale articolo a sua volta prevede che le associazioni iscritte nell'elenco di cui all'art. 5 possono agire direttamente davanti al "Giudice competente"; che tale Giudice non può essere che quello ordinario in relazione alla natura di diritto soggettivo dell'interesse tutelato; che a tale conclusione non osta l'eventuale (in relazione alla previsione di cui alla L. n. 281 del 1998, art. 3, ultimo comma) diversità di trattamento tra le associazioni ed i singoli, quale prospettata dal tribunale nella decisione sul reclamo, in quanto la natura collettiva dell'interesse tutelato può, sul piano della ragionevolezza, giustificare la scelta del legislatore.
Diritto
1. Va pregiudizialmente rilevato che il regolamento è ammissibile in quanto, come costantemente affermato da queste sezioni unite (ex multis, nn. 14070/03, 17078/03, 8212/05, 16603/05), la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione non è preclusa dalla circostanza che il Giudice adito per il merito abbia provveduto su una richiesta di .provvedimento cautelare, pur se ai fini della pronuncia abbia risolto in senso negativo una questione attinente alla giurisdizione, ovvero sia intervenuta pronunzia sul reclamo avverso il provvedimento cautelare, in quanto il provvedimento reso sull'istanza cautelare non costituisce sentenza e la pronunzia sul reclamo mantiene il carattere di provvisorietà proprio del provvedimento cautelare.
2. Deve poi osservarsi preliminarmente che, alla stregua del principio posto dall'art. 5 c.p.c., secondo il quale la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, non assume rilievo che tutte le norme che vengono in considerazione non siano più vigenti dall'entrata in vigore del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (recante "Codice del consumo, a norma della L. 29 luglio 2003, n. 229, art. 7"), il cui art. 146 ha abrogato il D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, la L. 30 luglio 1998, n. 281 ed il D. Lgs. 25 febbraio 2000, n. 67; ed i cui artt. 139 e 140 prevedono, peraltro, la legittimazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'art. 137 di agire innanzi al tribunale per la tutela degli interessi collettivi.
3. La questione posta col regolamento va risolta nel senso della sussistenza della giurisdizione del Giudice ordinario a conoscere della domanda, con la quale l'associazione dei consumatori attrice, inserita nell'elenco di cui alla L. n. 281 del 1998, art. 5, aveva domandato l'inibizione degli atti di pubblicità ingannevole e la condanna della società che li aveva posti in essere al risarcimento del danno.
Il D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 7, (recante "Attuazione della direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole.
Ecologia"), come sostituito dal D.Lgs. n. 67 del 2000, art. 5, (recante "Attuazione della direttiva 97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa. Ecologia"), sotto la rubrica "tutela amministrativa e giurisdizionale" prevede, al comma 14, (introdotto con D.Lgs. n. 67 del 2000 e che non compariva nel testo originario), che "per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti derivanti dalle disposizioni del presente decreto si applica la L. 30 luglio 1998, n. 281, art. 3" (recante "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. Ecologia").
Tale disposizione stabilisce, al primo comma, che le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'articolo 5 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi richiedendo al Giudice competente tutto quanto nella specie domandato dall'associazione attrice.
Ora, che per "Giudice competente" non possa intendersi l'Autorità garante della concorrenza e del mercato direttamente discende dal rilievo che l'Autorità istituita dalla L. 10 ottobre 1990, n. 287 non è un Giudice, com'è stato in ogni sede correttamente ritenuto (Corte di giustizia, sentenza 31 maggio 2005, in causa C-53/03; Cons. Stato, sez. 6, 23 aprile 2002, n. 2199), ma un'amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo (Cons. Stato, sez. 1, 25 ottobre 2000, n. 260/99).
Nè un'interpretazione della norma che si risolva nel riconoscimento alle associazioni dei consumatori della possibilità di chiedere la tutela inibitoria all'Autorità ovvero al "Giudice competente" appare in contrasto con le norme comunitarie in materia di pubblicità ingannevole. La citata direttiva 84/54/CEE prevede infatti, all'art. 4, comma 1, che i mezzi da apprestare dagli Stati membri "per combattere la pubblicità ingannevole e garantire l'osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell'interesse sia dei consumatori che dei concorrenti e del pubblico in generale" possono comportare la possibilità, per persone o organizzazioni aventi un legittimo interesse di "(a) promuovere un'azione giudiziaria contro tale pubblicità e/o (b) sottoporre tale pubblicità al giudizio di un'autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi...". Agli Stati membri era dunque data la possibilità di prevedere forme di tutela affidate sia in via esclusiva all'autorità amministrativa, sia in via esclusiva all'autorità giudiziaria, sia all'una "e" all'altra.
Conclusione questa ulteriormente avallata dal disposto dell'art. 7 della stessa direttiva, il quale prevede che essa non si oppone al mantenimento o all'adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei consumatori, delle persone che esercitano un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, nonchè del pubblico in generale. E va soggiunto che la L. n. 281 del 1998, art. 1, comma 2 bis, (nel testo aggiunto dal D.Lgs. 23 aprile 2001, n. 224, art. 1) prevede che la legge si applichi nelle ipotesi di violazioni degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle direttive europee di cui all'allegato;
allegato che, fra le tante, menziona anzitutto la direttiva cui si sta facendo riferimento, attuata con D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74.
4. Non appare poi dubitabile che il "Giudice competente" cui si riferisce la L. n. 281 del 1998, art. 3, debba essere individuato, in mancanza di diversa disciplina, in quello ordinario, in relazione alla natura di diritto soggettivo (sia pure collettivo) dell'interesse tutelato, non essendo configurabili ipotesi di subordinazione di tale interesse a quello generale, con conseguente qualificazione della situazione giuridica tutelata come interesse legittimo.
La stessa L. 30 luglio 1988, n. 281 qualifica del resto come fondamentale il diritto dei consumatori e degli utenti "ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità" (art. 1, comma 2, lettera "e").
5. Va infine osservato che non appare irragionevole - come ritenuto dal tribunale - la diversità di trattamento tra il singolo consumatore, che può rivolgersi solo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per richiedere l'inibizione degli atti di pubblicità ingannevole (ex D.Lgs. n. 74 del 1992, art. 7, come sostituito dal D.Lgs. n. 67 del 2000, art. 5), e le associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell'elenco di cui s'è detto, che per la tutela inibitoria degli interessi collettivi possono rivolgersi sia alla predetta Autorità (ai sensi dell'art. 7 citato) che al Giudice ordinario (ex L. n. 281 del 1998, art. 3).
Per un verso, invero, è stato chiarito che gli interessi diffusi (in quanto pertinenti alla sfera soggettiva di più individui in relazione alla loro qualificazione o in quanto considerati nella loro particolare dimensione) sono "adespoti" e possono essere tutelati in sede giudiziale solo in quanto il legislatore attribuisca ad un ente esponenziale la tutela degli interessi dei singoli componenti una collettività, che così appunto assurgono al rango di interessi "collettivi". Per altro verso, l'esclusione dell'accesso dei singoli alla tutela giudiziale appare giustificata dall'esigenza di evitare che una pluralità indefinita di interessi identici sia richiesta con un numero indeterminato di iniziative individuali seriali miranti agli stessi effetti, con inutile aggravio del sistema giudiziario e conseguente dispersione di una risorsa pubblica; e con frustrazione, inoltre, dell'effetto di incentivazione dell'aggregazione spontanea di più individui in un gruppo esponenziale, il che, soprattutto in sistemi cui è ignota la tutela dei diritti individuali omogenei da parte di singoli (invece tipica delle class actions, nelle quali il costo del processo non è però sopportato in proprio dall'attore), vale anche ad equilibrare l'entità delle risorse che ciascuna parte ha interesse ad investire nella controversia.
6. Le spese del regolamento possono essere compensate.
P.Q.M
LA CORTE DI CASSAZIONE A SEZIONI UNITE dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario in ordine alla causa promossa innanzi al tribunale di Torino dall'Associazione Movimento Consumatori nei confronti della s.a.s. Education Scuola & Lavoro di Passerone Franco con atto di citazione notificato il 29 ottobre del 2003; compensa le spese del regolamento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 2 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2006