REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MONDOVI'
in persona del giudice designato dr. Giuseppe Masante ha pronunciato
la seguente:
SENTENZA
nella causa civile promossa da:
L.P. , residente in Farigliano ed elettivamente domiciliato in
Carrù, Piazza D.A.C., presso lo studio dell'Avv. Diego Manfredi
che lo rappresenta e difende per procura in data 28.6.2004 a margine
dell'atto di citazione,
ATTORE
CONTRO AUTOCAR di P.L. & C. s.a.s. in persona del legale
rappresentante pro tempore, con sede in Mondovì ed ivi elettivamente
domiciliata in Via F.V. presso lo studio dell'Avv. Fernando Bracco,
che la rappresenta e difende per procura in data 16.11.2004 a margine
della comparsa di risposta,
CONVENUTA
OGGETTO: risoluzione contratto di vendita di autoveicolo e
risarcimento danni.
CONCLUSIONI DELL'ATTORE
Dichiararsi risolto il contratto di vendita in oggetto e condannare
la Autocar s.a.s. di P.L. & C. al risarcimento dei danni patiti
di euro 7.000,00 o la misura maggiore o minore ritenuta equa da
questo Giudice;
Altresì condannarsi l'anzidetta società al risarcimento di tutti i
danni conseguenti da liquidare secondo la valutazione equitativa di
questo Giudice;
Col favore delle spese.
CONCLUSIONI DELLA CONVENUTA
Respingersi la domanda ex adverso proposta, siccome infondata. Col
favore delle spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15.7.2004 L.P. conveniva avanti questo Tribunale la s.a.s. Autocar di P.L. & C. esponendo che il 21.1.2004 aveva acquistato dalla predetta un'autovettura Nissan Terrano II, che dopo un breve periodo di utilizzo si erano manifestate anomalie all'impianto frenante, sottoposto a controllo dal suo meccanico di fiducia, che la convenuta, informata dell'inconveniente, aveva provveduto alla sostituzione della pompa dei freni, che tale intervento non era stato sufficiente ad eliminare l'anomalia, riconducibile, come sostenuto dal citato meccanico, alle "pinze" dei freni stessi, che il 26.4.2004, a causa della presenza di cinghiali sulla carreggiata, aveva dovuto frenare improvvisamente, uscendo così di strada e riportando considerevoli danni al veicolo, tali da renderne antieconomica la riparazione. Sosteneva che l'uscita di strada era dovuta unicamente all'avaria dell'impianto frenante, come da perizia di parte, e che il venditore doveva essere ritenuto responsabile del sinistro a norma dell'art. 1519 quater c.c. Chiedeva conseguentemente la risoluzione del contratto di vendita e la condanna della convenuta al risarcimento sia dei danni materiali subiti, quantificati in euro 7.000,00, sia del danno conseguente alla privazione del suo unico mezzo di locomozione, da valutarsi equitativamente.
Con la rituale costituzione in giudizio la Autocar s.a.s. di P.L. & C. (in proseguo brevemente Autocar) chiedeva la reiezione di ogni domanda per insussistenza dei presupposti per l'applicazione della norma di cui all'art. 1519 quater c.c.. Affermava altresì che il L.P. aveva riferito a tale M.A. - alla quale si era rivolto per la redazione di una perizia di parte, chiedendole, peraltro, di ricollegare il sinistro de quo all'asserito difettoso funzionamento dell'impianto frenante - di essere uscito di strada non per le anomalie all'apparato frenante ma a causa della brusca manovra effettuata per evitare un cinghiale che gli aveva attraversato la strada, e che l'ispezione effettuata sul veicolo dopo il sinistro aveva consentito di escludere qualsiasi anomalia ai freni; aggiungeva ancora che l'attore, per sua espressa ammissione, era consapevole dell'asserito difetto e del tipo d'intervento che avrebbe consentito di eliminarlo e tuttavia non aveva provveduto a far eseguire le riparazioni consigliate dal suo meccanico di fiducia, pur avendo essa convenuta dichiarato la disponibilità a verificare l'esistenza dei lamentati inconvenienti ed a porvi rimedio, e che pertanto il sinistro era imputabile, ex art. 1227 c.c., all'inerzia e alla negligenza del L.P. , resa ancor più evidente dal fatto che, al momento dell'incidente, questi non aveva ancora provveduto alla revisione del mezzo prescritta dall'art. 80 C.d.S., il cui termine scadeva il 30.4.2004, e che essa convenuta si era dichiarata disposta ad eseguire gratuitamente.
Contestava infine la quantificazione del danno, tenuto anche conto che nel periodo successivo al sinistro, e precisamente per i mesi di maggio e giugno, aveva concesso in comodato all'attore un'autovettura.
Dopo le udienze di rito erano assunte le prove testimoniali dedotte.
La causa era quindi trattenuta a sentenza sulle conclusioni di cui in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel caso, e sul punto concordano le parti, deve trovare applicazione il paragrafo 1 bis (artt. 1519 bis - 1519 novies) della sezione del codice civile avente ad oggetto la vendita di beni di consumo, introdotto con il d.lgs. 24/2002 (che ha recepito a livello nazionale la direttiva n. 44/1999 C.C. e che è stato poi abrogato con il d.lgs. 206/2005), vigente all'epoca del contratto per cui è causa. Secondo tale disciplina (art. 1519 quater) il venditore ha l'obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita, è responsabile per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna ed è tenuto, in tale ultimo caso, al ripristino, senza spese, mediante riparazione o sostituzione. Il consumatore a sua volta può chiedere al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all'altro; qualora sussista l'impossibilità o eccessiva onerosità del ripristino o della sostituzione, o il venditore non abbia provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro congruo termine od ancora tali rimedi precedentemente effettuati abbiano arrecato notevoli inconvenienti, compete una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. La responsabilità del venditore sussiste quando il difetto di conformità si manifesti entro il termine di due anni dalla consegna del bene, con presunzione, nel caso di manifestazione entro sei mesi dalla consegna, di esistenza del vizio già a tale data, salva la prova contraria o l'incompatibilità di tale ipotesi con la natura del bene o con la natura del difetto. Il consumatore decade da ogni diritto qualora non denuncia il vizio entro due mesi dalla scoperta.
Si rileva infine che la disciplina in questione è applicabile anche "alla vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall'uso normale della cosa", ipotesi che ricorre nella fattispecie posto che il contratto ha avuto ad oggetto un'autovettura immatricolato il 15.12.1994 e quindi nove anni prima dell'acquisto da parte dell'attore.
Come esattamente osservato dalla convenuta il previsto specifico esonero da ogni responsabilità del venditore trova la propria giustificazione nella considerazione che nella vendita di cose usate la possibilità di riscontrare vizi è implicita nella natura e nella condizione delle cose medesime ed è quindi logico che il compratore, accettandone a priori la possibile esistenza, rinunci implicitamente alla garanzia per i vizi e difetti che siano una conseguenza normale dell'uso del bene.
Quanto agli aspetti in fatto della presente vertenza, in cui sono pacifici la data di acquisto e l'oggetto dello stesso, si rileva che il teste V.G., meccanico, ha riferito che il L.P. quasi subito dopo l'acquisto gli aveva fatto vedere il veicolo dicendo che a suo giudizio l'impianto frenante non funzionava bene, che aveva effettuato una prova constatando che il pedale del freno era "molle" e che in una frenata lunga l'autovettura deviava, a quanto ricordava a sinistra, che esaminato l'impianto aveva constatato che sulla ruota anteriore destra l'olio effettuava una minor pressione sulla pinza, che aveva consigliato di cambiare la pinza stessa (con necessaria sostituzione anche di quella sull'altra ruota), che il costo era risultato di circa 400 euro ciascuna e che il L.P. gli aveva detto che si sarebbe rivolto al venditore.
Il teste A.P. ha dichiarato di avere visionato, quale perito, il veicolo in presenza del L.P. e del titolare della convenuta, che quanto riferito sul non risultare anomalie sull'impianto frenante era frutto di un esame esterno, non essendo il veicolo movibile, e che per verificare l'effettiva esistenza di anomalie si sarebbe dovuto mettere l'autovettura su un ponte; ha aggiunto che i danni superavano il valore del veicolo e che risultavano percorsi 154.008 Km..
La teste B.M., socio accomandante e segretaria della convenuta, ha confermato che dalla scheda interna risultava una percorrenza, al momento della vendita, di 140.000 Km., che il veicolo era stato in precedenza controllato da un meccanico come da fattura in cui si menzionava un intervento sull'impianto frenante, che dopo la vendita era stata sostituita la pompa dei freni, che la convenuta, a seguito di successive doglianze del L.P., si era più volte offerta di controllare nuovamente il veicolo, del quale peraltro, e nonostante invito in tal senso, l'attore non aveva dato la disponibilità. La teste M.A. ha riferito di aver avuto un contatto telefonico con il L.P., non molto chiaro, per una perizia, senza peraltro confermare che lo fosse stato chiesto, come dedotto, di collegare il sinistro al difettoso funzionamento dei freni.
Attese le suesposte risultanze e la normativa sopra ricordata può ritenersi sussistente, al momento dell'acquisto, un'anomalia di funzionamento sulla "pinza" del freno anteriore destro, anomalia cine, proprio per la specifica localizzazione e consistenza, non è stata superata dalla sostituzione della pompa dell'impianto frenante. Ne sono conferma sia la dichiarazione del V.G., persona competente e su cui non vi è motivo di dubitare, sia le non contestate successive lamentele del L.P. , anche tramite il proprio legale (r.r. del 18.3.2004, inviata dopo la sostituzione della pompa dei freni, come emerge dal raffronto con la fattura in data 5.3.2004 del meccanico cui si era rivolta l'Autocar).
Può anche ritenersi che proprio le suddette ripetute contestazioni - che inizialmente indussero alla sostituzione della pompa, - configurino di fatto quella richiesta di verifica prevista dall'art. 1513 cpv c.c.
Ciò posto deve valutarsi l'applicabilità della normativa di cui si sono esposti i punti salienti, ed, essenzialmente, trattandosi di bene usato, se nel caso sia riscontrabile quel difetto non derivante dall'uso normale di cui all'ultimo comma dell'art. 1519 bis c.c.
A tale fondamentale questione - pur non condividendosi totalmente le argomentazioni di parte convenuta sul trattarsi di un difetto di "lieve entità", e ciò sia in relazione alla natura della manchevolezza in relazione al tipo di veicolo, sia in quanto il giudizio in tal senso sembra svincolato dalla successiva previsione (art. 1519 quater comma decimo) della impossibilità o eccessiva onerosità della riparazione - deve essere data risposta negativa.
Si osserva che la non corretta azione della pompa dell'olio, pur nuova, su una sola pinza dei freni comporta con evidenza che fa pinza stessa si fosse in qualche modo deteriorata od usurata, non potendosi, dopo un notevole lasso di tempo dalla produzione, ipotizzare un difetto originario. Orbene, il risalire l'immatricolazione a nove anni prima (5.12.1994), la destinazione al trasporto di cose, la percorrenza di 140.000 km. e la non insorgenza repentina del problema configurano una situazione che conduce fondatamente a ritenere che si fosse in presenza di un deterioramento che, se pur non connotato da elevata frequenza, appare riconducibile ad un uso normale della cosa.
A tale considerazione, che già appare risolutiva, occorre aggiungere che la sola tempestiva denuncia non appare sufficiente ai fini della domanda di risoluzione del contratto, proposta dall'attore, e ciò in quanto tale domanda (così come quella di riduzione del prezzo) è subordinata alla previa richiesta di ripristino (o sostituzione, a seconda del minor costo) e diviene azionabile solo quando tali rimedi siano impossibili od eccessivamente onerosi, oppure la riparazione precedentemente effettuata si sia rivelata fonte di notevoli inconvenienti od ancora il venditore si sia rifiutato di darvi corso. Orbene, non essendo certo in discussione la possibilità di sostituire la pinza né l'eccessiva onerosità (il costo, pur notevole, è nettamente inferiore a quello della vendita), non ritiene il Tribunale che nel caso si possa ritenere sussistente il secondo requisito, e cioè che la riparazione comunque effettuata (sostituzione della pompa dei freni) sia stata fonte di "notevoli" inconvenienti, risultando pacifico che il L.P. ha continuato ad usare il veicolo, pur manifestando delle riserve, tanto da richiedere un ulteriore intervento, come emerge dalla deposizione della B.M. . Osserva ancora e comunque il Tribunale che - salvo che si fornisca la prova di una riparazione di fatto insussistente, cosa non ravvisabile nella fattispecie posto che la Autocar di era rivolta ad un meccanico che verosimilmente aveva ritenuto esaustiva la sostituzione della pompa (intervento che in un punto della conclusionale lo stesso attore indica come più oneroso) -, la reiterazione della richiesta di intervento integra una manifestazione di volontà nel senso di scegliere l'opzione del ripristino.
La risoluzione del contratto (la domanda di riduzione del prezzo non è stata proposta) poteva quindi nel caso chiedersi solo fornendo la prova di un mancato intervento da parte della Autocar in un termine congruo (ricavabile dai parametri indicati nel sesto comma dell'art. 1519 quater) o, ed ovviamente, di un rifiuto su ulteriori richieste di riparazione. In merito osserva il Tribunale che la lettera del legale del L.P. potrebbe assumere rilievo, considerato altresì che la stessa è antecedente di oltre un mese all'incidente, per ritenere un'inerzia della convenuta, che non risulta aver dato riscontro scritto, come era logico e doveroso a fronte di una raccomandata di un legale, facendo l'offerta di cui al nono comma della norma citata e manifestando espressamente la volontà di attuare il rimedio.
Una perplessità nasce peraltro ed in primo luogo dal contenuto della suddetta lettera in cui - prescindendo dalla mancata prova sulla ricezione - si manifestano doglianze riferite alla carenza, non meglio specificata, dei requisiti per la revisione che sarebbe stata garantita e al mancato scarico delle due autovetture ritirate in permuta, si ricorda la necessità della garanzia annuale ed unicamente si afferma che "immediatamente dopo l'acquisto si sono verificato gravi problemi all'impianto frenante i quali rendono oltremodo pericoloso l'utilizzo del mezzo", con conclusivo invito ad un contatto con il legale "onde pervenire ad una ragionevole soluzione di tali problemi" evitando l'immediato ricorso alle vie giudiziarie. E' stata altresì prodotta una successiva missiva in data 29.4.2004, trasmessa via fax, nella quale è fatto riferimento ad una lettera della Autocar datata ed inviata il precedente giorno 27, peraltro non prodotta, si menziona l'incidente avvenuto in precedenza, si lamenta la mancata risposta alle lagnanze del L.P. e si evidenzia che il problema non riguardava la pompa dei freni ma altri elementi dell'impianto stesso.
Nella prima lettera non vi è quindi una inequivoca richiesta di specifico e diretto intervento, soprattutto dopo la sostituzione della pompa, il cui asserito esito non risolutivo è menzionato espressamente solo nella seconda missiva.
In secondo luogo non può sottacersi che dalla deposizione della teste B.M. - pur se valutabile con cautela attesa la qualità non solo di segretaria ma anche di accomandante della convenuta - è emerso che la Autocar si era dichiarata disponibile ad effettuare nuovi controlli per verificare ancora l'impianto frenante, invitando il L.P. a consegnare il veicolo, cosa che questi non aveva fatto, circostanza questa che configura un comportamento omissivo, estrinsecatosi nel non mettere il venditore in condizione di porre rimedio a quanto denunciato, che si pone in contrasto con i principi in tema di esecuzione del contratto sanciti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. (rispetto delle regole della correttezza e della buona fede).
In tale situazione la prova dell'inerzia o del rifiuto a provvedere da parte dell'Autocar, il cui onere incombe all'attore, non può ritenersi raggiunta con la conseguenza che debbono essere esclusi gli estremi per la richiesta risoluzione del contratto (si osserva che, nell'ipotesi di non ritenuto nesso causale tra difetto ed incidente, la risoluzione non potrebbe che comportare la restituzione del veicolo nelle condizioni in cui si trovava al momento dell'acquisto, salvi diversi danni) .
Per completezza di indagine si rileva che in citazione parte attrice ha fatto riferimento, ai fini della domanda di risoluzione, agli artt. 1492 e ss. c.c., questione peraltro non trattata in conclusionale, laddove è stata invocata la normativa speciale.
Il Tribunale ritiene in merito, condividendo le considerazioni di parte convenuta, che la speciale disciplina di cui alla citata sezione del codice civile in tema di vizi del bene compravenduto tra soggetti qualificati - un venditore professionale ed un consumatore, secondo la precisa definizione ivi contenuta di tali figure e che si attaglia al caso - superi le disposizioni dettate in via generale per la vendita, considerato anche che la normativa speciale impone, come si visto, un ordine gerarchico nelle facoltà del compratore.
Anche sotto tale aspetto la domanda di risoluzione del contratto non può pertanto trovare accoglimento.
Ritiene infine il Tribunale, in ordine alla responsabilità per il sinistro ed alle relative domande risarcitone, che non siano e-mersi elementi certi per ricondurre causalmente la fuoriuscita di strada al difetto di funzionamento dell'impianto frenante.
In primo luogo appare condivisibile il richiamo in via analogica alla disposizione del codice del consumo - approvato con il citato d.lgs. che ha abrogato la normativa in esame - secondo cui il "risarcimento non è dovuto quando il danneggiato sia stato consapevole del difetto del prodotto e del pericolo che ne derivava e nondimeno vi si sia volontariamente esposto", norma che riprende i principi generali sul necessario rispetto da parte del contraente creditore della ordinaria diligenza (cfr. art. 1227 c.c.).
Nel caso il L.P. , consapevole, per sua stessa allegazione, dei problemi connessi all'impianto frenante del veicolo, ha continuato ad utilizzarlo, cosi esponendosi volontariamente al rischio di incorrere in un incidente: ed è principio pacifico quello secondo cui la condotta del danneggiato può assumere rilevanza, ai fini del nesso di causalità necessaria, qualora si profili come esclusiva causa efficiente dell'evento dannoso. In sostanza, acquistato il veicolo dalla convenuta, il L.P., venuto a conoscenza del difetto, avrebbe dovuto azionare le vie corrette, nei termini della normativa speciale e con immediata diffida a provvedere, e non continuare ad usare il veicolo stesso, così ponendo in essere un nuovo ed indipendente determinismo causale.
In secondo luogo ed in fatto osserva il Tribunale che non può ritenersi acquisita una prova sicura sull'esistenza di un nesso causale tra il difetto in questione e la verificazione dell'evento descritto (fuoriuscita di strada nel tentativo di evitare, frenando, un gruppo di cinghiali).
L'incidente non risulta infatti aver avuto alcun testimone né essere stato rilevato da organi di polizia, ed a sostegno della tesi attorea è stata dedotta unicamente la consulenza di parte del dr. G.G.. Peraltro la consulenza di parte, nel caso stragiudiziale, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, tanto che il giudice non deve analizzarla e confutarla nel pervenire ad un contrario convincimento, e ciò anche quando venga confermata in sede testimoniale.
Pur di fronte a siffatto pacifico orientamento, osserva comunque il Tribunale, oltre alla considerazione sull'opportunità di un accertamento preventivo nelle forme di legge, che il G.G. non è stato indicato quale teste ed, altresì, che il medesimo si è limitato ad affermare - dopo aver sostenuto che il cilindro idraulico della pinza anteriore destra presentava un difetto di tenuta con conseguente insufficiente pressione dell'olio, tanto da comportare uno sbilanciamento del veicolo in quanto l'azione frenante era solo sulla ruota anteriore sinistra - che quando il conducente aveva frenato nell'affrontare una curva destrorsa era finito fuori strada, e quindi nella adiacente scarpata, per una rotazione antioraria. Non è stata peraltro fornita alcuna indicazione, neppure descrittiva, del luogo del sinistro, né è stato spiegato il motivo per cui il difetto, che sembra essere additato come preesistente, abbia cagionato un grave problema solo quattro mesi dopo l'acquisto del veicolo. Né può trascurarsi, valutando siffatta consulenza, che il perito di parte convenuta, assunto quale teste, ha confermato la propria relazione in cui si afferma che "se la causa dello sbilanciamento della frenatura è imputabile, come asserisce il Perito Dr. G.G., ad 'usura' è pur vero che questa si è concretizzata nel tempo e con l'uso del veicolo da parte del Sig. L.P. , a cui ovviamente compete la normale manutenzione", ed altresì che "se dovesse emergere uno sbilanciamento della frenata, tale fatto di per sé non giustificherebbe comunque una fuoriuscita di strada del veicolo a seguito di una forte frenata".
In conclusione le domande di parte attrice debbono essere respinte.
La particolarità della vertenza ed in specie la non trascurabile incertezza sul punto essenziale della disponibilità della convenuta ad un nuovo intervento fanno apparire equa la totale compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale in persona del giudice designato, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione,
RESPINGE
le domande proposte da L.P. nei confronti della s.a.s.Autocar di P.L. & C;
DICHIARA
interamente compensate tra le parti le spese di giudizio
Mondovì, 23.11.2006