L'Italia è uno Stato unitario con un certo grado di decentralizzazione. La riforma costituzionale del 2001 ha modificato la Costituzione italiana e adottato una sorta di modello federale di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. L’articolo 117.2 della Costituzione italiana, come modificato nel 2001, individua un elenco di materie di esclusiva competenza dello Stato. L'articolo 117.3 stabilisce le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. In tal caso, le Regioni hanno competenza legislativa da esercitare secondo i principi elaborati dallo Stato centrale. Inoltre, le Regioni hanno autonoma competenza legislativa in tutte le materie che non sono elencate come materie esclusive dello Stato o concorrenti tra Stato e Regioni (competenza esclusiva regionale).
Il potere di legiferare in materia ambientale è di competenza esclusiva dello Stato (art. 117.2 Costituzione italiana). Tuttavia, l'art. 117.3 della Costituzione italiana conferisce alle Regioni competenza legislativa concorrente in molti settori relativi all'ambiente, quali l'urbanistica, la sanità, la protezione civile, la produzione, i trasporti e la distribuzione dell'energia. Inoltre, alcune disposizioni del Codice dell'Ambiente (D.Lgs 152/2006 di seguito CA), consentono alle Regioni di mantenere o introdurre misure di protezione più rigorose. Le norme emanate a livello regionale hanno tuttavia un impatto limitato sulle materie regolate dal CA, poiché di solito riproducono la legislazione dello Stato.[1]
La legittimazione ad agire in materia ambientale è una materia che rientra nella competenza esclusiva dello Stato. Le norme nazionali sulla legittimazione ad agire si applicano quindi all'intero territorio dello Stato.
Ad oggi, la maggior parte delle leggi ambientali italiane sono trasposizioni di leggi dell'UE, come armonizzate e codificate nella CA.
Nel sistema nazionale italiano l'ambiente è considerato un valore primario assoluto, ed è tutelato sia come interesse pubblico di primario valore costituzionale[2] sia come bene personale fondamentale.[3] Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (di seguito MATTM) è l'autorità competente per l'attuazione delle politiche ambientali e per il rilascio delle autorizzazioni ambientali di impianti con impronta ambientale più significativa. Il MATTM può anche imporre sanzioni per violazioni di tali permessi. Inoltre, il MATTM sovrintende alle procedure di bonifica dei terreni contaminati situati nelle zone più inquinate del Paese.
Un altro ruolo importante in materia ambientale è svolto dall'Istituto Superiore Nazionale per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), insieme alle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA) e le Agenzie Provinciali per la Protezione Ambientale (APPA)[4], le cui principali attività sono:
Infine, le forze di polizia nazionali (che hanno anche una sezione specializzata di polizia marittima); le forze di polizia locali; la sezione specializzata dei Carabinieri per la tutela ambientale; le guardie forestali (assorbite dall'Arma dei Carabinieri nel 2016), e gli agenti doganali hanno ampi poteri di ispezione per garantire il rispetto delle disposizioni di diritto ambientale. Il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, in particolare, è posto alle dipendenze funzionali del MATTM per la sorveglianza, prevenzione e repressione delle violazioni commesse contro l'ambiente. Qualora tali autorità riscontrino una violazione delle normative ambientali o una mancanza di permessi o autorizzazioni, hanno il diritto di:
Nel sistema italiano, individui e ONG ambientali aventi un interesse legittimo nel processo decisionale possono contestare la liceità delle azioni delle autorità pubbliche in materia ambientale. L’interesse legittimo è l'interesse della parte ad ottenere una decisione amministrativa. Può quindi sorgere un interesse legittimo ogniqualvolta un ente pubblico eserciti, o non eserciti, un potere autoritativo conferitogli per legge (art. 7 Codice Procedura Amministrativa, di seguito CPA, Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104). Gli individui e le ONG ambientali hanno anche il diritto di partecipare al processo decisionale ambientale e di avere accesso alle informazioni ambientali. Inoltre, hanno il diritto di chiedere un risarcimento dinanzi ai tribunali civili e penali per i danni sia finanziari che non finanziari subiti come conseguenza diretta di danni ambientali.[5]
La Costituzione italiana non contiene disposizioni esplicite a tutela dell'ambiente. Tuttavia, la protezione dell'ambiente può essere desunta dalle seguenti disposizioni combinate:
La Costituzione contiene disposizioni esplicite sull'accesso alla giustizia. L’art. 24 afferma che tutte le persone hanno il diritto di intraprendere un'azione giudiziaria per proteggere i propri diritti individuali e interessi legittimi. Il diritto alla difesa è inviolabile in ogni fase e grado del procedimento. Ai bisognosi vengono assicurati, mediante misure adeguate, i mezzi per l'azione legale e la difesa a tutti i livelli di giurisdizione. Inoltre, l'art. 113 della Costituzione stabilisce che la tutela giudiziaria dei diritti e degli interessi legittimi contro atti della Pubblica Amministrazione (di seguito PA) è sempre consentita davanti agli organi di giustizia ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari tipi di ricorso o particolari categorie di atti (tranne che per gli atti puramente politici).
Nel 2006 l'Italia ha emanato il CA (Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), che, come detto, ha armonizzato e codificato le leggi ambientali nazionali con le Direttive comunitarie. Il CA stabilisce il quadro giuridico applicabile alla prevenzione e al controllo dell'inquinamento (IPCC); alla valutazione dell'impatto ambientale (VIA); alla valutazione strategica ambientale (VAS); alla protezione del suolo; alla politica e gestione dell'acqua; gestione dei rifiuti e degli imballaggi; gestione dei terreni contaminati; qualità dell'aria; danni ambientali e sanzioni.
L'accesso alle informazioni e l'accesso alla giustizia per diniego di informazioni sono regolati dalla legge 241/990 (artt. 22-28),[6]in combinato disposto con il decreto legislativo 195/2005 (art. 7) e il decreto legislativo 104/2010 (art. 116). Inoltre, l'art. 3-sexies CA regola il diritto di accesso alle informazioni ambientali e il diritto di partecipare al processo decisionale in materia ambientale e stabilisce che chiunque, senza dover provare l'esistenza di un interesse, può avere accesso alle informazioni riguardanti lo stato dell'ambiente ed il paesaggio.
La partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia contro decisioni della PA sono regolati dalla Legge 241/1990, come modificata e recepita dalle disposizioni del CA[7] regolanti la partecipazione a specifiche procedure ambientali, comprese le procedure VIA, VAS e AIA. L'accesso alla giustizia contro decisioni, atti od omissioni della PA è regolato dalla CA come modificata dal D.Lgs. 128/2010 e dalle norme procedurali generali previste dalla Legge 241/1990.
La Corte di Cassazione italiana è il più alto organo giudiziario, sebbene non possa essere considerata come un tribunale di terzo grado. Questa Corte è competente solo per valutare la violazione o l'errata interpretazione della legge da parte dei tribunali inferiori. Si pronuncia anche sui conflitti di competenza, giurisdizione e poteri all'interno della magistratura. In materia civile e penale ha il potere di riesaminare sentenze dei tribunali inferiori ma solo su questioni di diritto (decisione di legittimità); cioè, per confermare se la Corte che si occupa del merito ha applicato e interpretato correttamente la legge.
La Corte di Cassazione italiana ha svolto un ruolo importante nell'interpretazione delle disposizioni nazionali relative all'ambiente. Sebbene il sistema italiano non riconosca un diritto autonomo ad un ambiente sano, la Corte di Cassazione italiana ha interpretato l'art. 32 della Costituzione, che garantisce il diritto individuale alla salute, come diritto individuale a vivere in un 'ambiente sano.' La Suprema Corte ha affermato l'inviolabilità di tale diritto, che non può essere soppresso dalla PA anche per motivi di ordine pubblico, poiché costituisce un diritto assoluto.[8]
Le parti in procedimenti amministrativi o giudiziari possono fare affidamento su accordi internazionali solo nella misura in cui si riferiscono all'atto interno che lo ha ratificato.
Il sistema giudiziario italiano è suddiviso in giurisdizione ordinaria e speciale. La Corte costituzionale non fa parte del potere giudiziario anche se le sue funzioni sono sostanzialmente giudiziarie. Tra i diversi poteri, si pronuncia sulle controversie relative alla legittimità costituzionale di leggi e atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni. Decide inoltre in materia di conflitto di poteri tra le diverse istituzioni dello Stato, tra Stato e Regioni e tra Regioni.
La giurisdizione ordinaria si occupa di materia civile o penale ed è amministrata da giudici ordinari e giudici onorari che formano la magistratura. I giudici onorari sono giudici non professionisti e hanno giurisdizione su casi civili e penali minori (ad esempio, giudice di pace).
La competenza di primo grado, sia in materia civile che penale, è esercitata dagli organi giudiziari come segue:
La competenza di secondo grado, sia in materia civile che penale, è esercitata dagli organi giudiziari come segue:
La giurisdizione speciale include:
La giurisdizione amministrativa mira a garantire il rispetto da parte della PA del principio dello Stato di diritto e di tutelare i diritti individuali e gli interessi legittimi. Come detto, l'interesse legittimo è l'interesse della parte ad ottenere una decisione amministrativa. Può quindi sorgere un interesse legittimo ogni volta un ente pubblico eserciti, o non eserciti, un potere autoritativo conferitogli per legge. Tutte le decisioni amministrative possono essere impugnate davanti al giudice amministrativo, comprese quelle emesse dal più alto livello dell'amministrazione (come, ad esempio, atti emanati dall'esecutivo). Solo gli atti politici non possono essere impugnati davanti al giudice amministrativo. La giurisdizione amministrativa è composta dai Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), in primo grado, e dal Consiglio di Stato in secondo grado.
Il più alto organo giudiziario in materia civile e penale è la Corte Suprema di Cassazione. Non si tratta, tuttavia, di un tribunale di terzo grado. La Suprema Corte di Cassazione è infatti competente solo a valutare la violazione o l'errata interpretazione della legge da parte del giudice di grado inferiore. I casi di conflitto di competenza tra giudici speciali o tra giudici speciali e ordinari sono anch’essi deferiti alla Suprema Corte di Cassazione, che delibera in Sezioni Unite.
Nei procedimenti penali, la competenza territoriale è determinata dal luogo in cui è stato commesso il reato. A seconda del tipo e della gravità del reato, il reato sarà giudicato dinanzi al Giudice di Pace, al Tribunale Ordinario o alla Corte d'Assise. I casi di conflitto di competenza o giurisdizione possono essere impugnati dalle parti o d'ufficio dal giudice in ogni fase del procedimento (art. 20 cp).
Nei procedimenti civili la regola generale è che il tribunale competente è quello del luogo di residenza o domicilio del convenuto (art. 18 cpc). A seconda del valore economico della domanda, la causa sarà processata davanti al Giudice di Pace o al Tribunale Ordinario. I casi di conflitto di competenza o giurisdizione possono essere impugnati dalle parti o d'ufficio dal giudice in ogni fase del procedimento processuale (artt. 37 e 41 cc).
I TAR sono 20, insediati in 20 regioni d'Italia. Nei procedimenti amministrativi, la regola generale è che la competenza territoriale è determinata dal luogo in cui opera la PA (responsabile della decisione impugnata, atto o omissione) (art. 13 CPA). Il conflitto di giurisdizione può essere contestato dalle parti o d'ufficio dal tribunale nel corso del procedimento di primo grado (art. 9 CPA).
L'ordinamento giuridico italiano non prevede organi giudiziari speciali né procedimenti giudiziari speciali in materia ambientale. Questi sono principalmente trattati dalla giurisdizione amministrativa che segue le regole generali del procedimento amministrativo.
I ricorsi contro atti amministrativi rientrano nella competenza esclusiva dei giudici amministrativi. La giurisdizione amministrativa ha competenza generale sulla legittimità di atti emessi dalla PA emanati in violazione di interessi legittimi (ossia una violazione dell'interesse di una persona causata da una decisione della PA). In questo caso il tribunale amministrativo può disporre la cassazione di una decisione amministrativa dichiarata invalida per mancanza di competenza, violazione della legge o abuso di potere. Quando i giudici amministrativi annullino una decisione amministrativa, possono specificare misure adeguate a garantire l'esecuzione della sentenza (art. 34.1 CPA). Dal 2000,[9] il giudice amministrativo può altresì condannare la PA al risarcimento del danno subito da un soggetto per atti od omissioni della PA (art. 30 CPA).
Inoltre, la giurisdizione amministrativa ha una competenza esclusiva residua su alcune materie (art. 133 CPA), ad esempio:
La competenza esclusiva non contesta uno specifico atto emanato dalla PA, ma serve per far valere un diritto riconosciuto dalla legge. Il giudice amministrativo può condannare la PA al risarcimento del danno; fare o dare qualcosa; fornire un servizio specifico (cd reintegrazione in forma specifica) (art. 34 CPA).
Come regola generale, un tribunale non può giudicare d'ufficio reclami che non gli siano stati fatti valere e deve pronunciarsi nei limiti della domanda. Una volta che un procedimento è stato avviato dalle parti, i giudici hanno poteri d’ufficio limitati. A titolo di esempio, il giudice può d’ufficio:
Nell'ordinamento nazionale italiano il quadro amministrativo si riferisce allo Stato, alle amministrazioni regionali, alle province, ai comuni e agli eventuali enti che svolgono funzioni pubbliche (artt. 41-43 Costituzione). Il MATTM ha competenza per quanto riguarda le autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti nelle acque marine; misure riguardanti linee elettriche con tensione superiore a 150 KV; procedure di valutazione dell'impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e procedure integrate di prevenzione e controllo dell'inquinamento (IPPC / IED) per siti di particolare rilevanza.
Le regioni hanno competenze di pianificazione e programmazione. Inoltre, alle Regioni è affidato il potere di adottare specifici provvedimenti amministrativi quali permessi di gestione dei rifiuti, permessi di emissione in aria e procedure VIA e AIA quando non riservate allo Stato e non delegate alle Province dalle Regioni.
Poiché le Regioni hanno la scelta di delegare i poteri amministrativi ai Comuni, la natura precisa dei poteri dei Comuni varia, sebbene in generale le competenze conferite in materia ambientale sono di portata limitata.[10]
Le decisioni amministrative ambientali possono essere impugnate innanzi al TAR competente entro 60 giorni dalla notifica della decisione all'interessato o dalla data di pubblicazione della decisione (art. 2 e 21 della Legge 1034/1971 e successive modificazioni). I rimedi amministrativi non devono essere esauriti prima di adire un tribunale (art. 20 della legge 1034/1971). La decisione del TAR è impugnabile innanzi al Consiglio di Stato entro 60 giorni dalla notifica della decisione del tribunale. Nel sistema nazionale, il tribunale non ha limiti di tempo per emettere una sentenza. L’art. 111 Costituzione richiede che il processo si completi entro un termine ragionevole. Tuttavia, il tribunale amministrativo richiede in media due/tre anni per decidere.[11]Inoltre l'art. 2.2 CPA richiede che il giudice amministrativo e le parti cooperino per la realizzazione della ragionevole durata del processo.
L'ordinamento giuridico italiano non prevede organi giudiziari speciali né procedimenti giudiziari speciali in materia ambientale. Questi sono principalmente trattati dalla giurisdizione amministrativa che segue le regole generali del procedimento amministrativo.
Accanto ai rimedi giurisdizionali, l'ordinamento giuridico italiano prevede procedimenti stragiudiziali per impugnare atti amministrativi (ricorsi amministrativi -Decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971). Questi includono:
Contro le decisioni amministrative ambientali i singoli e le ONG possono ricorrere a rimedi sia stragiudiziali che giudiziali. Nei rimedi stragiudiziali, gli organi amministrativi dinanzi ai quali è stato impugnato l'atto devono emettere le decisioni entro il termine previsto da legge che varia a seconda delle diverse procedure coinvolte. Ad esempio, i termini possono essere di 30, 60, 90 o 120 giorni dalla presentazione della richiesta (Decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971). La decisione adottata dall'organo amministrativo a seguito del ricorso stragiudiziale è impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato. Questi procedimenti stragiudiziali controllano non solo la legittimità, ma anche il merito - l'adeguatezza - della decisione e non sono una precondizione per il ricorso amministrativo giudiziale. Le decisioni amministrative ambientali (VIA, VAS, IPPC) sono impugnabili dinanzi all'ente gerarchicamente superiore a quello che emette la decisione (ricorso gerarchico). Il richiedente deve presentare ricorso entro 30 giorni dalla notifica della decisione che influisce sul suo interesse. Questa procedura deve essere conclusa dalla PA entro 90 giorni.
Il sistema stragiudiziale prevede un ricorso straordinario e residuale, il cosiddetto Ricorso al Presidente della Repubblica (Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica), attraverso il quale può essere impugnata solo la legalità (non il merito) di un atto definitivo della PA. Una volta scelto questo rimedio, il ricorso amministrativo giudiziale è precluso. Il ricorso davanti al Presidente della Repubblica può essere presentato entro 120 giorni dalla notifica della decisione impugnata ed è deciso su parere obbligatorio del Consiglio di Stato.
Inoltre, in ogni fase del procedimento giudiziario, le parti possono richiedere al giudice di presentare una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). Come regola generale, il giudice ha potere discrezionale sull'opportunità di sottoporre la questione pregiudiziale. L'obbligo di rinvio si verifica solo quando i rimedi giudiziali nazionali non sono più disponibili e la risposta sull'applicazione del diritto dell'UE è necessaria ai fini di una decisione. Inoltre, il rinvio diventa obbligatorio anche per un tribunale di primo grado quando viene sollevata una questione sulla validità del diritto dell'UE, dato che i tribunali nazionali non hanno giurisdizione per dichiarare nulle le misure adottate dalle istituzioni dell'UE.[12]
Nel sistema giudiziario italiano i meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie, come la mediazione e la conciliazione, sono obbligatori solo nelle procedure civili e riguardano solo materie specifiche (D.Lgs. 28/2010). Pertanto, meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie non sono disponibili nel contesto dei procedimenti amministrative che trattano questioni ambientali.
In Italia la legge 127/1997 ha introdotto il Difensore civico a livello regionale e nelle Province autonome, mentre non esiste un Difensore civico a livello nazionale.[13] I difensori civici possono assistere il pubblico nella preparazione del ricorso (non possono, tuttavia, adire direttamente il tribunale) e possono chiedere alla PA di riesaminare un'azione o omissione impugnata (art. 16 Legge 127/1997).
L'azione penale privata non è disponibile nell'ordinamento giuridico italiano. Solo il pubblico ministero ha il potere - che è allo stesso tempo un obbligo - di avviare il procedimento penale (art. 112 Cost.). Tuttavia, le persone fisiche e giuridiche possono presentare un reclamo al pubblico ministero contro reati dannosi per l'ambiente e la salute.
Il CA definisce il "pubblico interessato" come il pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale o che ha un interesse in tali procedure. Ai fini della presente definizione le ONG che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sono considerate per legge come aventi interesse (art. 5, lettera v CA).
Per gli attori di cui sopra non ci sono regole applicabili nelle legislazioni settoriali su VIA, VAS,AIA. La legittimazione ad agire è riconosciuta a qualsiasi soggetto il cui interesse sia interessato dalla decisione della PA (art. 7 CPA).
L'ordinamento giuridico italiano offre ai cittadini aventi un interesse legittimo ad una decisione amministrativa la possibilità di partecipare al processo decisionale in materia ambientale. Questo diritto è ulteriormente rafforzato dalla possibilità di impugnare la decisione finale risultante dal processo decisionale dinanzi a un organo amministrativo o giudiziario, a condizione che il loro diritto o interesse legittimo sia stato violato.
Per quanto riguarda le persone fisiche, è stato osservato che la giurisprudenza amministrativa sulla legittimazione ad agire sembra basarsi su concetti vaghi e flessibili come la "vicinitas" (un legame stabile e rilevante tra il ricorrente e l'area ambientale in questione, da verificare caso per caso base).[14] Ad esempio, essere il proprietario (o vivere ai confini) di una terra interessata da attività dannose per l'ambiente o fonte di inquinamento può essere sufficiente per avere legittimazione ad agire.[15]
Inoltre, le ONG ambientali riconosciute e accreditate presso il MATTM ai sensi dell'articolo 13 della legge 349/1986 sono considerate interessate a decisioni, atti o omissioni ambientali. Per essere ufficialmente riconosciute dal MATTM e avere una legittimazione ad agire, le associazioni devono soddisfare determinati requisiti: devono agire su tutto il territorio nazionale o in almeno 5 Regioni; devono avere regole interne democratiche; devono perseguire obiettivi di tutela ambientale ed avere continuità di azione.
Secondo la giurisprudenza amministrativa italiana, la legittimazione ad agire può essere conferita anche dal giudice ad organizzazioni e gruppi ad hoc rappresentativi di un interesse che potrebbe essere pregiudicato dalla decisione, una volta stabilito un concreto e stabile collegamento con il territorio. Lo status di gruppi e associazioni può quindi essere concesso, caso per caso, a condizione che il gruppo o l'associazione siano effettivamente e coerentemente coinvolta nella protezione dell'ambiente e che rappresentino la comunità locale interessata dal provvedimento impugnato.[16]
Secondo la giurisprudenza amministrativa italiana, la legittimazione ad agire può essere conferita dai giudici anche a ONG straniere che rappresentano un interesse che potrebbe essere pregiudicato dalla decisione.
Di norma, nel procedimento giudiziario è ammessa la sola lingua italiana (art. 122 cp). Tuttavia, la legge prevede alcune eccezioni per quanto riguarda le Regioni e le Province autonome. Ad esempio, in Trentino-Alto Adige il tedesco è equiparato alla lingua italiana con riferimento a specifici atti del procedimento. In Valle d'Aosta il francese equivale alla lingua italiana e in Friuli-Venezia Giulia diritti specifici sono concessi alla minoranza linguistica slovena. Al di fuori di queste eccezioni, quando deve essere ascoltato un soggetto non italiano o quando il giudice deve esaminare documenti non scritti in italiano, può essere nominato un interprete. Nel procedimento penale al convenuto è concessa l'assistenza gratuita di un interprete (art. 111 della Costituzione e art. 143 del cpp). Nei procedimenti amministrativi e civili, il giudice decide quale parte deve pagare l'onorario dell'interprete (art. 53 delle norme di attuazione del codice di procedura civile). L'ordinamento giuridico italiano applica il principio "chi perde paga", pertanto, chi perde deve pagare il costo dell'interprete. Tuttavia, il giudice può limitare la responsabilità della parte soccombente per le spese se ritiene che le spese sostenute dalla parte vincente siano eccessive o non necessarie.
Panoramica su norme specifiche in materia ambientale amministrativa, controllo del giudice, citazione di un esperto nel contesto del procedimento, ecc.
Le regole che si applicano alle prove nei casi ambientali derivano dai codici di procedura civile, penale e amministrativa. In particolare, due principi fondamentali regolano la raccolta delle prove: l'onere della prova è a carico del ricorrente; e la raccolta delle prove segue il principio del contraddittorio tra le parti.
È responsabilità delle parti fornire al giudice le prove di cui dispone. Le parti di una controversia possono fornire allegazioni documentali e richiedere al giudice la nomina di un esperto; l'ispezione di persone o cose; l'esposizione di documenti o altri oggetti; l'audizione di testimoni. Il giudice può accogliere o respingere tali istanze con decreto motivato.
Inoltre, qualora siano necessarie ulteriori informazioni, il giudice amministrativo può d’ufficio:
Le prove sono valutate secondo il libero e prudente apprezzamento del giudice (art. 64.4 CPA, art. 192 cp, art. 116 cp).
Tutte le contestazioni e le istanze delle parti dovranno essere presentate entro i termini stabiliti dal giudice in fase istruttoria, pena l'irricevibilità. La fase di istruttoria termina quando tutte le prove sono state presentate entro i termini previsti dal giudice. La raccolta delle prove può essere effettuata anche prima dell'inizio della fase istruttoria quando vi è il serio rischio che le prove periscano o cambino in modo significativo a causa del passare del tempo. La presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata dal giudice su richiesta di parte (art. 54 e art. 73 CPA).
Il CPA non prevede né disciplina espressamente la facoltà delle parti di nominare un proprio esperto (Consulente Tecnico di Parte - CPT). Il Consiglio di Stato, invece, ha stabilito che le parti possano nominare un proprio CPT che ha diritto a partecipare alle indagini del perito nominato dal giudice (CTU).[17] In genere, le parti possono richiedere al giudice di nominare un esperto tra dipendenti pubblici o professionisti iscritti all'albo degli esperti esistente presso ciascun tribunale.[18]
3.1) Una perizia è vincolante per i giudici? Esiste una certa discrezionalità?
Il parere del perito non è strettamente vincolante per il giudice. Il giudice può decidere diversamente dal parere dell'esperto a condizione che la decisione sia motivata.
3.2) Norme per la convocazione di esperti da parte dell'organo giurisdizionale
I CTU sono nominati dal giudice con un decreto del tribunale. Con lo stesso decreto del tribunale, il giudice formula le domande al CTU e fissa il termine entro il quale il perito designato deve comparire dinanzi al magistrato per assumere l'incarico e prestare giuramento (art. 67 CPA).
3.3) Norme applicabili agli esperti nominati dalle parti
Come detto, le parti possono chiedere al giudice di nominare un esperto. Pertanto, si applicano le regole di cui sopra al 3.2.
3.4) Quali sono le spese di giudizio da sostenere, anche in relazione a perizie e testimonianze di esperti?
Con lo stesso decreto di nomina del CTU, il giudice definisce gli onorari del perito. Nello specifico, con il decreto di nomina il giudice ordina generalmente il pagamento della prima rata, mentre gli onorari peritali finali vengono liquidati dal giudice al termine del procedimento, su richiesta del CTU.
Gli ausiliari del giudice (CTU, interpreti, esperti tecnici, ecc.) hanno diritto agli onorari, alle spese di viaggio, alle indennità di soggiorno e al rimborso di tutte le altre spese sostenute per l'adempimento dell'incarico. I compensi degli esperti variano di volta in volta e si basano sulla tabella prevista dal DPR 115/2002 e dal DM 30/05/2002, che contengono gli importi dei compensi fissi e variabili per periti e consulenti tecnici. Per i servizi non elencati in tabella le tariffe corrispondono alle cosiddette vacazioni. Ogni vocazione dura 2 ore, la retta per la prima vocazione è di 14,68 euro, ridotta a 8,15 euro per ogni vacazione successiva. Il giudice non può assegnare più di quattro vocazioni al giorno.[19]
Nell'ordinamento giuridico italiano gli avvocati sono gli unici soggetti legittimati a rappresentare e difendere gli interessi di una parte in giudizio. La consulenza legale è sempre obbligatoria nei procedimenti giudiziari tranne nei casi di richiesta di accesso alle informazioni detenute dalla PA e nelle controversie civili davanti al giudice di pace quando il valore della controversia non supera i € 1.100 (art. 82 cp).
Gli avvocati agiscono nei limiti del mandato ricevuto in forma scritta dal proprio cliente e devono attenersi ai principi di moralità, integrità e lealtà previsti dal Codice Deontologico. Gli ordini degli avvocati locali e nazionali garantiscono l'applicazione del presente Codice e possono imporre sanzioni disciplinari.[20]
Inoltre, la legge n. 27/2012[21] stabilisce che tutti i professionisti, compresi gli avvocati, debbano fornire ai propri clienti una stima anticipata dei costi relativi all'attività professionale nonché un'indicazione del grado di complessità del caso. Gli onorari degli avvocati sono determinati secondo i parametri individuati dal Decreto del Ministero della Giustizia n. 55/2014, come da ultimo modificato dal Decreto del Ministero della Giustizia n. 37/2018. Gli onorari degli avvocati possono essere negoziati con il cliente.
1.1 È possibile beneficiare di assistenza pro bono?
In Italia non esistono disposizioni espresse sull'assistenza pro bono. Tuttavia, il principio della libertà delle parti nel determinare le tariffe applicabili per i servizi legali[22] è generalmente interpretato in modo da consentire ad avvocati motivati eticamente o socialmente di fornire questo servizio. Nessuna specifica licenza è richiesta dagli avvocati per fornire servizi legali pro bono in Italia, gli unici requisiti sono quelli di essere un avvocato iscritto all'Ordine degli Avvocati e di offrire servizi legali pro bono in conformità con la legislazione applicabile e le regole professionali.[23]
1.2 Laddove sia disponibile l'assistenza pro bono, quali sono i passaggi principali dell'iter per riceverla?
Come detto, in Italia non ci sono disposizioni espresse sull'assistenza pro bono, tuttavia, alcuni studi legali e ONG ambientali forniscono questo servizio (vedi sotto 1.3).
1.3 A chi si dovrebbe rivolgere chi intende richiedere l'assistenza pro bono?
Alcuni avvocati specializzati in diritto ambientale hanno creato associazioni che forniscono consulenza in materia ambientale.[24] Inoltre, alcune ONG hanno aperto uffici specializzati che forniscono consulenza ai cittadini in materia ambientale.[25] I cittadini possono contattare direttamente studi legali e avvocati specializzati in questioni ambientali o possono contattarli tramite le ONG.[26]
In Italia non esiste una sezione specifica dell'albo degli avvocati specialisti in diritto ambientale. Come detto, tuttavia, registri di esperti ambientali esistono all'interno di ciascun tribunale.[27]
Il sito web del Ministero dell'Ambiente fornisce un elenco delle ONG ambientali attive in Italia.
Diverse ONG internazionali sono attive sul territorio nazionale. A titolo di esempio:
Le decisioni amministrative ambientali (VIA, VAS e AIA) sono impugnabili dinanzi all'ente gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione (Ricorso gerarchico - Artt. 1-7 Decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971). Il richiedente deve presentare ricorso entro 30 giorni dalla notifica della decisione adottata in violazione del proprio interesse legittimo o diritto soggettivo.
Il procedimento deve concludersi entro 90 giorni con l'adozione definitiva di un nuovo provvedimento amministrativo impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato (art. 20 Legge 1034/1971). Se, trascorsi 90 giorni dal ricorso, la PA non ha comunicato la decisione all'interessato, il ricorso si intende respinto. Il rigetto è impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato.
Le decisioni amministrative ambientali possono essere impugnate anche direttamente davanti al TAR entro 60 giorni dalla notifica della decisione al soggetto interessato o dalla data di pubblicazione della decisione (artt.2 e 21 della legge 1034/1971 e successive modificazioni). I rimedi amministrativi, quindi, non devono essere esperiti prima di adire il tribunale amministrativo (art. 20 della legge 1034/1971).
In Italia non è stato fissato un termine entro il quale il giudice nazionale deve emettere la propria sentenza. Tuttavia, l'art. 111 della Costituzione richiede che il procedimento giudiziario si concluda entro un termine ragionevole. In generale, i tribunali amministrativi necessitano in media due/tre anni per decidere.[28]
Le persone fisiche e giuridiche possono impugnare le decisioni amministrative in materia ambientale dinanzi al TAR entro 60 giorni dalla notifica delle decisioni. Tutte le denunce e le istanze delle parti devono essere presentate entro la fase istruttoria altrimenti verranno dichiarate inammissibili dal giudice.
Le parti possono produrre documenti fino a 40 giorni prima dell'udienza, memorie fino a 30 giorni e rispondere ai nuovi documenti e alle nuove memorie fino a 20 giorni prima dell'udienza. La presentazione tardiva di memorie o documenti può essere eccezionalmente autorizzata dal giudice su richiesta di parte (art. 54 e art. 73 CPA).
Quando si impugnano una decisione amministrativa, né il ricorso amministrativo né la domanda di riesame giudiziario hanno effetto sospensivo automatico. Ai sensi dell'Art. 55 CPA, il ricorrente può chiedere al tribunale la sospensione degli effetti delle decisioni impugnate o l'adozione di eventuali provvedimenti provvisori idonei. Il tribunale amministrativo annullerà la decisione quando i motivi sollevati dal ricorrente sono fondati.
L'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa per gravi motivi, e per il tempo strettamente necessario, anche dallo stesso ente che ha emesso il provvedimento o da altro ente previsto dalla legge. Il termine di sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che dispone la sospensione e può essere prorogato o differito una sola volta, nonché ridotto ove ritenuto necessario dalla PA (art. 21-quater Legge 241/1990).
Per quanto riguarda i procedimenti amministrativi, un'ingiunzione può essere concessa solo su richiesta del ricorrente e deve essere indirizzata al tribunale competente. La decisione sulla concessione del provvedimento ingiuntivo è impugnabile innanzi al Consiglio di Stato entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento o entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento nella Gazzetta ufficiale (artt.55, 56 e 58 CPA).
Per quanto riguarda le procedure amministrative (ricorsi amministrativi), la sospensione dell'atto amministrativo può essere concessa dalla PA gerarchicamente superiore sia d'ufficio che su richiesta di parte (art. 2 decreto del Presidente della Repubblica 1199 / 1971).
La richiesta di provvedimento ingiuntivo in materia ambientale può essere presentata dopo l'adozione della decisione finale e deve essere indirizzata al tribunale competente.
In generale, le decisioni amministrative possono essere immediatamente eseguite indipendentemente da un ricorso o da un'azione presentata al tribunale.
Quando si impugnano una decisione amministrativa, né il ricorso amministrativo né la domanda di riesame giudiziario hanno effetto sospensivo automatico. I ricorrenti che intendono sospendere una decisione amministrativa devono rivolgere la richiesta alla PA competente o al tribunale amministrativo.
I criteri per la concessione del provvedimento ingiuntivo davanti al giudice amministrativo sono definiti dal CPA: una volta formulata la richiesta, il giudice deve decidere sulla questione nella prima udienza disponibile dopo la notifica della richiesta e dopo 10 giorni dal deposito dell’appello. Le parti possono presentare documenti fino a due giorni prima della decisione sulla richiesta e hanno il diritto di comparire davanti al tribunale.
Per prendere la decisione, il giudice deve verificare se l'esecuzione dell'atto impugnato possa procurare un danno grave e irreparabile agli interessi del ricorrente. Verificata tale condizione, il giudice può emettere un provvedimento contenente le motivazioni per la concessione del provvedimento ingiuntivo. Il provvedimento ingiuntivo può quindi essere eseguito dal richiedente e può contenere un'ordinanza:
Può anche prevedere altri tipi di provvedimenti ingiuntivi, come il sequestro conservativo o azioni urgenti.
Qualora dalla decisione sul provvedimento ingiuntivo derivi effetto irreversibile, il giudice può decidere di concederlo solo dietro pagamento di una cauzione. Inoltre, se la decisione sul decreto ingiuntivo non è eseguita in tutto o in parte, l'interessato può chiedere al tribunale di adottare gli opportuni provvedimenti esecutivi. La decisione sulla concessione del provvedimento ingiuntivo è impugnabile innanzi al Consiglio di Stato entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento o entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento nella Gazzetta ufficiale.
I costi sostenuti da un ricorrente in materia ambientale sono:
Le spese di giudizio variano a seconda della tipologia del procedimento e del valore della controversia dichiarata dal ricorrente (Art.13 D.P.R. n.115 / 2002 sulle spese giudiziarie).[29] Nei procedimenti amministrativi, il contributo unificato può variare da un minimo di € 650 a un massimo di € 6.000. In caso di appello può variare da un minimo di € 650 ad un massimo di € 9.000.
Si possono fare alcuni esempi rilevanti per i procedimenti amministrativi ambientali:
Tipo di ricorso amministrativo | Costo del tribunale |
Procedimenti riguardanti l'accesso alle informazioni ambientali | Gratuito |
Procedimenti in materia di accesso ai documenti amministrativi | 300 euro |
Procedimento contro il silenzio della PA | 300 euro |
Procedimenti concernenti l'esecuzione di sentenze | 300 euro |
Ricorso avanti TAR e Consiglio di Stato | 650 euro |
Appello straordinario davanti al Presidente della Repubblica | 650 euro |
In caso di accoglimento della domanda, l'attore è rimborsato dalla parte soccombente, a meno che il giudice non decida che ciascuna parte debba sopportare le proprie spese.
Ai sensi dell'Art. 9.4 legge n. 21/2012, tutti i professionisti, compresi gli avvocati, devono fornire ai propri clienti una stima anticipata di tutti i costi relativi all'attività professionale nonché un'indicazione del grado di complessità della pratica.
Il contributo unificato per un provvedimento ingiuntivo / provvisorio segue le regole sopra menzionate ma è ridotta del 50% e le tasse di bollo sono obbligatorie. Come detto, se dalla decisione sul provvedimento ingiuntivo derivasse effetto irreversibile, il giudice potrebbe decidere di concederlo solo dietro pagamento di una cauzione.
Nel sistema italiano l'assistenza finanziaria agli indigenti è un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione italiana (art. 24). Il Decreto del Presidente della Repubblica 115/2002 prevede quindi che il patrocinio a spese dello Stato debba essere concesso dallo Stato alle persone fisiche che abbiano un reddito annuo inferiore a € 11.493,82. Tale soglia viene aggiornata ogni due anni con decreto del Ministero della Giustizia, in base all'aumento dell'inflazione.
Nei procedimenti civili, penali e amministrativi la richiesta in carta semplice deve essere presentata all'Ordine degli Avvocati competente,[30] che potrebbe richiedere al ricorrente di produrre ulteriori documenti per provare la sua condizione economica. Entro 10 giorni dalla richiesta l'Ordine degli Avvocati deve accogliere o respingere la domanda. In caso di accoglimento della domanda il ricorrente può scegliere un avvocato dall'elenco tenuto dall'Ordine degli Avvocati e l'onorario del tribunale e l'onorario degli avvocati saranno a carico dello Stato. Se la richiesta viene respinta, il richiedente può rinnovare la richiesta direttamente davanti al giudice competente per il caso.
Art. 119 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 estende il patrocinio a spese dello Stato anche ad enti e associazioni, purché non perseguano finalità di lucro; non svolgono attività economiche (entrambi i criteri devono sussistere); e che abbiano un reddito annuo non superiore a € 11.493,82. Le richieste di patrocinio a spese dello Stato da parte di enti e associazioni seguono le stesse regole previste per le persone fisiche.[31]
Mentre le persone fisiche possono richiedere solo patrocinio o assistenza pro bono agli studi legali, le associazioni ambientaliste in Italia possono fare affidamento anche su diversi canali di finanziamento. Ad esempio, possono chiedere di essere inseriti nell'elenco degli enti no profit a cui i cittadini possono devolvere il 5x1000 delle imposte dovute allo Stato. Possono inoltre accedere a fondi speciali UE, statali, regionali e locali.[32]
L'ordinamento giuridico italiano applica il principio "chi perde paga" (art. 91 cpc). Tuttavia, il giudice può limitare discrezionalmente la responsabilità della parte soccombente se ritiene che i costi sostenuti dalla parte vincente siano eccessivi o non necessari. Nelle circostanze previste da legge, il giudice può anche dichiarare che ciascuna parte debba sostenere le proprie spese. Ciò si applica, ad esempio, quando una parte ha vinto su un punto controverso mentre l'altra parte ha avuto successo su un altro, o per altri motivi eccezionali motivati nella sentenza (art. 92 del cpc).
Vista l’importanza dei diritti in gioco, per alcune materie la legge prevede l'esenzione dalle spese di giudizio. A titolo esemplificativo, non sono previste spese di giudizio per:
Inoltre, le associazioni di tutela ambientale riconosciute dal MATTM possono godere dell'esenzione dal pagamento delle spese di giudizio, a condizione che agiscano a tutela di interessi collettivi comuni in materia ambientale.[33]
Informazioni dettagliate sull'accesso alla giustizia sono disponibili qui.
La ONG Legambiente fornisce inoltre informazioni pratiche sugli strumenti di accesso alla giustizia, inclusi modelli per l'esercizio del diritto di accesso ai documenti ambientali e per la segnalazione di sospette violazioni della normativa ambientale.[34] Inoltre, nel 2003 è stato istituito l'Ufficio Relazioni con il Pubblico ISPRA per facilitare l'accesso dei cittadini alle informazioni ambientali a livello nazionale.
Il legislatore italiano ha previsto anche altre forme di diffusione strutturata:
Le informazioni sulle decisioni amministrative ambientali sono pubblicate sul sito web della PA competente e rese disponibili sul sito nazionale GU (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana) o regionale BUR (Bollettino Ufficiale Regionale). Le informazioni sull'accesso alla giustizia sono fornite in ogni decisione amministrativa pubblicata dalla PA.
Non esistono regole settoriali applicabili per VIA, VAS, AIA.
Ai sensi dell'art. 3 e art. 8 Legge n. 241/1990, ogni decisione della PA notificata al suo destinatario deve indicare l'autorità competente - unitamente ai termini - entro i quali è possibile presentare ricorso giurisdizionale amministrativo. Inoltre, l'art. 8.2.d Legge n. 241/1990 (e artt. 40-41 e 64-bis D. Lgs. 82/2005) prevede mezzi telematici per l'accesso alle informazioni ambientali e l'accesso alla giustizia.
Di norma, nei procedimenti giudiziari è ammessa solo la lingua italiana (art. 122 cp). Tuttavia, la legge prevede alcune eccezioni per quanto riguarda le Regioni e le Province autonome. Ad esempio, in Trentino-Alto Adige il tedesco è equiparato alla lingua italiana con riferimento a specifici atti del procedimento. In Valle d'Aosta il francese equivale alla lingua italiana e in Friuli-Venezia Giulia diritti specifici sono concessi alla minoranza linguistica slovena. Al di fuori di queste eccezioni, quando deve essere ascoltato un soggetto non italiano o quando il giudice deve esaminare documenti non scritti in italiano, può essere nominato un interprete. Nel procedimento penale al convenuto è concessa l'assistenza gratuita di un interprete (art. 111 della Costituzione e art. 143 del cpp). Nei procedimenti amministrativi e civili, il giudice decide quale parte deve pagare l'onorario dell'interprete (art. 53 delle norme di attuazione del codice di procedura civile). L'ordinamento giuridico italiano applica il principio "chi perde paga", pertanto, chi perde deve pagare il costo dell'interprete. Tuttavia, il giudice può limitare la responsabilità della parte soccombente per le spese se ritiene che le spese sostenute dalla parte vincente siano eccessive o non necessarie.
Norme specifiche per paese in materia di valutazione dell'impatto ambientale (VIA) relative all'accesso alla giustizia
La VIA (Valutazione di Impatto Ambientale - VIA) si applica ai progetti con un potenziale impatto ambientale. Il principale atto legislativo regolante la procedura VIA è il CA (D.Lgs 152/2006) così come modificata dalla legge 128/2010 e dal Decreto Legislativo 104/2017 che ha recepito la Direttiva UE 2014/52/UE. In questa procedura la PA determina la necessità di una valutazione di impatto ambientale (screening); delimita l'oggetto dello studio di impatto ambientale (scoping); consulta il richiedente e il pubblico interessato; valuta i risultati della valutazione dell'impatto ambientale insieme ai risultati delle consultazioni; decide in merito al rilascio dell'autorizzazione del progetto; rende pubblica la decisione e monitora gli effetti ambientali dell'attività autorizzata (art. 19 CA).
Per quanto riguarda la procedura di screening, questo è il processo per determinare se la VIA è necessaria o meno per un particolare progetto. Secondo le norme generali sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale, le persone fisiche e giuridiche vantanti un interesse legittimo, comprese le associazioni ambientali che rappresentano interessi collettivi, possono partecipare alla procedura di screening. Secondo le norme sulla partecipazione del pubblico previste dal CA, il proponente dell'attività ha l’obbligo di inviare all'autorità competente lo studio preliminare di impatto ambientale. Lo studio preliminare viene quindi pubblicato sul sito web dell'autorità competente e il pubblico interessato può inviare osservazioni entro 45 giorni (art. 19 CA). L'autorità competente adotta la decisione finale entro i 45 giorni successivi. Tutta la documentazione relativa alla procedura e alla decisione finale, compresi i commenti e i pareri presentati dal pubblico, sono pubblicati dall'autorità competente sul proprio sito web.[35]
La decisione finale di screening sull'opportunità o meno di una VIA può essere impugnata dinanzi al giudice amministrativo da persone fisiche e giuridiche aventi un interesse legittimo, o i cui diritti potrebbero essere violati dalla decisione, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione secondo le regole generali del procedimento amministrativo.
La procedura di scoping è il processo di identificazione del contenuto e della portata delle informazioni ambientali da presentare all'autorità competente ai sensi della VIA (studio di impatto ambientale). Il pubblico che ha un interesse legittimo o che potrebbe essere interessato dalla decisione, compresi i gruppi di interesse pubblico come le ONG, ha il diritto di partecipare alla procedura di scoping.
Il proponente dell'attività trasmette all'autorità competente lo studio di impatto ambientale che viene pubblicato sul sito web dell'autorità competente. Il pubblico interessato può fornire commenti scritti entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della documentazione. L'autorità competente può anche decidere di organizzare consultazioni tramite audizioni pubbliche che mirano a discutere ulteriormente i pareri tecnici e le osservazioni pubbliche. L'udienza pubblica si conclude con la predisposizione di una relazione che dovrà essere presa in considerazione per la decisione finale (art. 24 bis CA).
Le decisioni finali di scoping VIA (che determinano l'oggetto dello studio di impatto ambientale) possono essere riviste solo insieme alla decisione finale sulla procedura VIA (artt. 21 e 27 CA).
Di solito, il pubblico può contestare la decisione ambientale durante la fase di consultazione che avviene dopo la prima fase della procedura di autorizzazione ambientale (cioè la fase di screening). Le decisioni di scoping possono essere riviste solo insieme alla decisione finale sulla procedura VIA (art. 21 e art. 27 EPC).
Le persone fisiche e giuridiche aventi un legittimo interesse (comprese le ONG straniere), o i cui diritti potrebbero essere lesi dalla decisione, possono sempre impugnare l'autorizzazione finale secondo le norme generali sulla procedura amministrativa. La decisione finale è dunque impugnabile dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione ed entro 30 giorni dalla notifica della decisione. Tale procedimento deve concludersi entro 90 giorni con l'adozione definitiva di una nuova decisione amministrativa impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato (art. 20 Legge 1034/1971).
Decisioni, atti od omissioni di natura amministrativa possono essere impugnati direttamente davanti al TAR entro 60 giorni dalla notifica della decisione all'interessato o dalla data di pubblicazione della decisione (art. 2 e art. 21 Legge 1034/1971, come successivamente modificato).
I tribunali amministrativi controllano non solo la legittimità procedurale delle decisioni amministrative, ma anche la loro legittimità sostanziale. Nella prima categoria, i tribunali verificano se l'autorità competente ha preso la decisione seguendo le fasi procedurali prescritte. Nella seconda, i tribunali verificano se le leggi ambientali sono state rispettate. Sia nell'ambito del controllo procedurale che in quello di legalità sostanziale, i tribunali amministrativi possono annullare la decisione della PA e concedere il risarcimento dei danni (art. 30 CPA).
Il tribunale può disporre sopralluoghi, assumere prove o delegare in qualità di consulente un perito tecnico incaricato di valutare il materiale ed i dati relativi allo studio di impatto ambientale (art. 67 Legge 156/2010).
Decisioni, atti od omissioni sono impugnabili dopo l'adozione della decisione di screening o dopo la decisione finale che autorizza o rifiuta l'autorizzazione VIA (art. 21 e art. 27 CA).
I rimedi amministrativi non devono essere esauriti prima di adire il TAR (art. 20 della legge 1034/1971).
Per poter presentare ricorso al TAR non è necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica della procedura VIA. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse legittimo, o diritto soggettivo, sia leso dalla decisione (art. 7 CPA).
Nell'ordinamento italiano, la giurisdizione amministrativa è informata al principio del contraddittorio, dalla parità delle parti e dal giusto processo (art. 2 CPA) in linea con l'art 111 della Costituzione e la giurisprudenza della Corte EDU[36] e CGUE. In sede di contestazione e decisione amministrativa ambientale, le parti possono quindi richiedere al giudice di nominare un esperto; ispezionare persone o cose; richiedere l'esposizione di documenti o altri oggetti; ascoltare i testimoni.
L’art. 111 della Costituzione richiede che i processi si concludano entro un termine ragionevole. Tuttavia, il tribunale amministrativo impiega in media due/tre anni per decidere.[37]
Sebbene non siano applicate sanzioni per i tribunali amministrativi che emettono decisioni in ritardo, la legge 89/2001 prevede che chiunque abbia subito un danno materiale o morale per la violazione del diritto ad una ragionevole durata del processo (come previsto dall'art. 6, comma 1 CEDU) ha il diritto di presentare ricorso per ottenere il risarcimento del danno. La ragionevole durata del processo è valutata dalla corte di seconda istanza tenendo conto della complessità del caso e dei comportamenti delle parti e del giudice, nonché del comportamento di ogni altra autorità chiamata a contribuire alla definizione del procedimento (art. 2.2 della Legge 89/2001).
Il provvedimento ingiuntivo nelle procedure VIA è possibile secondo le regole generali di cui alla sezione 1.7.2 e può essere applicato alla decisione VIA finale. Inoltre, la PA che ha adottato quest'ultima può decidere di sospendere temporaneamente gli effetti della decisione VIA per gravi motivi. La sospensione può essere prorogata una sola volta o ridotta in caso di necessità (art. 21quater, 2 Legge 241/1990).
La procedura integrata di prevenzione e riduzione dell'inquinamento (IPPC) è stata introdotta nella CA con l'adozione del D.Lgs 128/2010 come modificato dal D.Lgs 46/2014, D.Lgs 127/2016 e Legge 167/2017.[38] L'IPPC è la procedura attraverso la quale l'autorità competente adotta l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) che autorizza la costruzione o il funzionamento di alcuni impianti suscettibili di produrre inquinamento ambientale.
Secondo le regole generali sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale, possono partecipare alla procedura IPPC le persone fisiche e giuridiche che potrebbero essere interessate dalla decisione dell'AIA, nonché chiunque abbia un interesse privato o pubblico, comprese le associazioni che rappresentano interessi comuni quando è probabile che tali interessi vengano violati dalla decisione.
La legislazione IPPC è integrata da disposizioni settoriali sulla partecipazione del pubblico. Di conseguenza, durante le procedure AIA, il pubblico interessato può presentare osservazioni entro 30 giorni dalla pubblicazione della richiesta di autorizzazione sul sito web dell'autorità competente.
Non ci sono regole speciali relative all'accesso alla giustizia per le procedure IPPC. La decisione dell'AIA può quindi essere impugnata secondo le regole generali del procedimento amministrativo.
Secondo la regola generale del procedimento amministrativo, qualsiasi persona fisica o giuridica i cui diritti o interessi legittimi potrebbero essere violati dalla decisione AIA può presentare ricorso contro la decisione di concessione o di rifiuto dell'autorizzazione dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione. Le decisioni amministrative possono essere impugnate anche direttamente davanti al TAR.
Le persone fisiche e giuridiche, comprese le ONG straniere aventi un interesse legittimo, o i cui diritti sono violati dalla decisione, possono impugnare la decisione finale secondo le regole generali sulla procedura amministrativa.
Non esiste uno screening di per sé nella procedura IPPC. Tuttavia, quando i progetti IPPC rientrano nell'ambito della VIA, è necessaria la procedura di screening VIA. In questo caso l'AIA può essere rilasciata solo dopo che l'autorità competente ha ritenuto di non sottoporre i progetti a VIA. In queste circostanze si applicano le regole di cui alla sezione 1.8.1.
Non esiste di per sé una fase di scoping nella procedura IPPC.
Quando i progetti IPPC rientrano nell'ambito di applicazione della VIA, le persone fisiche e giuridiche possono contestare la decisione di screening della VIA.
Le persone fisiche e giuridiche possono anche impugnare la decisione finale che autorizza o rifiuta l’AIA. Tali decisioni sono impugnabili dinanzi al TAR entro 60 giorni dalla notifica della decisione all'interessato o dalla data di pubblicazione della decisione. Le decisioni sui progetti ambientali sono altresì impugnabili dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione entro 30 giorni dalla notifica della decisione che ha colpito il suo interesse. Tale procedimento deve concludersi entro 90 giorni con l'adozione definitiva di una nuova decisione amministrativa impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato.
Le persone fisiche e giuridiche, comprese le ONG straniere aventi un interesse legittimo, oi cui diritti sono violati dalla decisione, possono sempre impugnare l'autorizzazione AIA finale secondo le norme generali sulla procedura amministrativa.
I tribunali amministrativi controllano non solo la legittimità procedurale delle decisioni amministrative, ma anche la loro legittimità sostanziale. Nella prima categoria, i tribunali verificano se l'autorità competente ha preso la decisione seguendo le fasi procedurali prescritte. Nella seconda, i tribunali verificano se le leggi ambientali sono state rispettate. Sia nell'ambito del controllo procedurale che in quello di legalità sostanziale, i tribunali amministrativi possono annullare la decisione della PA e concedere il risarcimento dei danni (art. 30 CPA).
Il tribunale può disporre sopralluoghi, assumere prove o delegare in qualità di consulente un perito tecnico incaricato di valutare il materiale ed i dati relativi allo studio di impatto ambientale (art. 67 Legge 156/2010).
Il pubblico interessato può contestare la decisione AIA finale o la decisione di screening VIA, se applicabile (si veda a questo proposito 1.8.2. (5)).
I rimedi amministrativi non devono essere esauriti prima di adire il tribunale (art. 20 della legge 1034/1971).
Per poter presentare ricorso dinanzi ai tribunali amministrativi non è necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica della procedura IPPC. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse sia interessato dalla decisione (art. 7 CPA).
Nell'ordinamento italiano, la giurisdizione amministrativa è informata al principio del contraddittorio, dalla parità delle parti e dal giusto processo (art. 2 CPA) in linea con l'art 111 della Costituzione e la giurisprudenza della Corte EDU[39] e CGUE. In sede di contestazione e decisione amministrativa ambientale, le parti possono quindi richiedere al giudice di nominare un esperto; ispezionare persone o cose; richiedere l'esposizione di documenti o altri oggetti; ascoltare i testimoni.
L’art. 111 della Costituzione richiede che i processi si concludano entro un termine ragionevole. Tuttavia, il tribunale amministrativo impiega in media due/tre anni per decidere.[40]
Sebbene non siano applicate sanzioni per i tribunali amministrativi che emettono decisioni in ritardo, la legge 89/2001 prevede che chiunque abbia subito un danno materiale o morale per la violazione del diritto ad una ragionevole durata del processo (come previsto dall'art. 6, comma 1 CEDU) ha il diritto di presentare ricorso per ottenere il risarcimento del danno. La ragionevole durata del processo è valutata dalla corte di seconda istanza tenendo conto della complessità del caso e dei comportamenti delle parti e del giudice, nonché del comportamento di ogni altra autorità chiamata a contribuire alla definizione del procedimento (art. 2.2 della Legge 89/2001).
Il provvedimento ingiuntivo è disponibile nelle procedure IPPC secondo le regole generali di cui alla sezione 1.7.2. e si riferisce alla decisione finale dell'AIA. Inoltre, la PA che ha adottato la decisione AIA può decidere di sospenderla temporaneamente per gravi motivi. La sospensione può essere prorogata una sola volta o ridotta in caso di successive necessità (art. 21quater, 2 Legge 241/1990).
Secondo l'art. 3 e art. 8 della Legge 241/1990 ogni decisione della PA notificata al suo destinatario deve indicare l'autorità competente - unitamente ai termini - entro cui è possibile ottenere il sindacato giurisdizionale.
Norme giuridiche specifiche per paese relative all'applicazione della direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale, articoli 12 e 13
In Italia, la Direttiva sulla responsabilità per danno ambientale 2004/35 / CE è stata recepita nel Titolo III, parte VI del CA. Ai sensi dell'art. 309 CA, sebbene i cittadini e le ONG riconosciute non hanno legittimità ad adire il tribunale in modo autonomo per far valere la responsabilità ambientale, questi possono presentare al MATTM informazioni, osservazioni e documenti riguardanti un presunto danno ambientale e chiedere al MATTM di agire per rimediarlo. Le ONG riconosciute possono inoltre intervenire nei procedimenti di responsabilità ambientale che il MATTM può decidere di avviare (art. 18 comma 5 legge 349/1986).
Per quanto riguarda la legittimazione ad impugnare la decisione adottata in materia di bonifica o ripristino ambientale, l'art. 310 CA prevede che le persone fisiche o giuridiche aventi un interesse legittimo a partecipare al procedimento, o i cui diritti potrebbero essere lesi dal danno ambientale, possono ricorrere a rimedi sia giudiziali che stragiudiziali al fine di:
Si ritiene che le ONG ambientali riconosciute abbiano un interesse legittimo a partecipare al procedimento per il danno ambientale (art. 309.2 CA). Inoltre, è prassi giudiziaria comune che le associazioni ambientaliste non riconosciute dal MATTM ai sensi dell'art. 13 Legge 349/1986, possano essere legittimate ad agire in giudizio se: a) perseguono azioni efficaci e non occasionali a favore della tutela dell'ambiente; e b) rappresentano la comunità locale interessata dalla decisione impugnata.[42]
Secondo le norme generali sulle procedure amministrative (art. 29 CPA), le persone fisiche e giuridiche possono presentare ricorso al TAR entro 60 giorni dalla notifica o dalla pubblicazione della decisione impugnata. Il rimedio giudiziale può essere preceduto da un ricorso in opposizione (vedere la sezione 1.3.4.) presentato al MATTM. I ricorrenti possono anche ricorrere al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
L'opposizione al MATTM deve essere presentata entro 30 giorni. Contro il silenzio o la decisione di rigetto del MATTM è sempre possibile presentare ricorso al TAR entro 60 giorni dalla notifica della decisione di rigetto dell'opposizione, oppure 31 giorni dalla presentazione dell'opposizione se nessuna decisione è stata resa (art. 310 CA). Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica deve essere presentato entro 120 giorni dalla notifica o dalla pubblicazione della decisione impugnata.
Per quanto riguarda le osservazioni a corredo della richiesta di intervento del MATTM ai sensi dell'art. 309, il CA non prevede formalità o requisiti specifici. L’ art. 309 richiede solo che le osservazioni siano combinate con documenti e informazioni riguardanti qualsiasi caso di danno ambientale.
Il CA non prevede requisiti specifici al riguardo.
Il CA non prevede un termine per l'autorità competente per notificare per iscritto, per posta o per posta elettronica certificata, la decisione relativa alle osservazioni ai soggetti di interesse. Tuttavia, l'art. 309 CA prevede che il MATTM agisca senza indugio. Contro il silenzio del MATTM, i ricorrenti possono presentare ricorso al TAR (art. 310 CA).
Nel CA non è prevista alcuna proroga al diritto di richiedere l'intervento dell'autorità competente in caso di minaccia imminente.
Il MATTM, per conto dello Stato, ha facoltà di esercitare l'azione legale in materia di responsabilità ambientale. L'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le Regioni, gli enti locali e ogni altro ente pubblico legittimato a partecipare (art. 299, commi 1-2 CA così come modificato dal d.lgs. 128/2010).
Non è necessario esperire procedure di ricorso amministrativo prima del ricorso a procedimenti giudiziali.
Se un progetto ha un impatto sull'ambiente transfrontaliero, lo Stato interessato e la sua popolazione devono essere coinvolti nella procedura di VIA o VAS secondo le regole previste dalla Convenzione ESPOO (attuata in Italia dalla Legge 640/1994). Per i progetti transfrontalieri il MATTM (Direzione per la Protezione Ambientale) è responsabile di notificare lo Stato interessato e di fornire la relativa documentazione alla sua popolazione. In Italia non esistono regole specifiche sull'accesso alla giustizia per le procedure transfrontaliere, pertanto, si applicano le norme nazionali sull'accesso alla giustizia. Il pubblico interessato può dunque contestare la decisione ambientale secondo le regole stabilite nelle sezioni 1.8.1 (decisione di screening VIA e decisione finale VIA) e 2.2 (decisione di screening SEA e decisione finale SEA).
In contesto transfrontaliero, la popolazione residente nelle aree suscettibili di essere interessate dal progetto transfrontaliero rappresenta il “pubblico interessato”. Pertanto, include i cittadini dello Stato di origine e quelli dello Stato colpito che riceveranno un pari trattamento di informazione e partecipazione (art. 2, paragrafo 6 della Convenzione di Espoo).
Sì. Se l'Italia viola i diritti di partecipazione delle ONG di uno Stato limitrofo interessato, dovrebbe garantire a tali soggetti gli stessi diritti conferiti ai cittadini dello Stato di origine sulla base del principio di non discriminazione (si veda ad esempio Convenzione di Espoo art. 2 paragrafo 6).
Una ONG straniera, sebbene non ufficialmente riconosciuta, potrebbe adire il giudice amministrativo italiano per contestare la legittimità di una proposta di piano, programma, progetto o decisione di attività adottata dalla PA italiana sostenendo di essere stata esclusa dalla fase di consultazione. La legittimazione ad agire, infatti, può essere conferita dal giudice italiano anche caso per caso, indipendentemente dal riconoscimento ufficiale da parte del MATTM.
Sì. Se l'Italia viola i diritti di partecipazione dei cittadini di uno Stato limitrofo interessato, dovrebbe garantire a tali soggetti gli stessi diritti conferiti ai cittadini dello Stato di origine sulla base del principio di non discriminazione (si veda ad esempio Convenzione di Espoo art. 2 paragrafo 6 ).
Un cittadino straniero potrebbe adire il giudice amministrativo italiano per contestare la legittimità di una proposta di piano, programma, progetto o decisione di attività adottata dalla PA italiana sostenendo di essere stato escluso dalla fase di consultazione.
Il pubblico interessato viene informato sulla procedura sin dalla fase di consultazione.
Quando è probabile che un piano, programma, progetto o attività proposto provochi un impatto transfrontaliero negativo significativo, il MATTM notifica e invia tutta la documentazione pertinente a qualsiasi Stato Parte che potrebbe essere interessato. Lo Stato interessato può notificare il proprio interesse a intervenire nella procedura entro 60 giorni. Se viene manifestato interesse, gli Stati interessati trasmettono all'autorità competente i pareri e le osservazioni delle autorità e del pubblico entro 90 giorni dalla dichiarazione di interesse (art. 32 CA).
In Italia non esistono regole specifiche sull'accesso alla giustizia per le procedure transfrontaliere. Pertanto, si applicano le norme nazionali sull'accesso alla giustizia di cui alla sezione 1.3.2 giustizia. Pertanto, il pubblico interessato può impugnare la decisione ambientale innanzi al TAR competente entro 60 giorni dalla notifica della o dalla data della sua pubblicazione.
Il MATTM ha l'obbligo di inviare allo Stato partecipante alla procedura la decisione amministrativa finale. La decisione, ai sensi dell'art. 3 e dell'art. 8 Legge 241/1990 indica l'autorità competente - unitamente ai termini - entro cui è possibile ottenere il sindacato giurisdizionale.
Di norma, nei procedimenti giudiziari è ammessa solo la lingua italiana (art. 122 cp). Tuttavia, la legge prevede alcune eccezioni per quanto riguarda le Regioni e le Province autonome. Ad esempio, in Trentino-Alto Adige il tedesco è equiparato alla lingua italiana con riferimento a specifici atti del procedimento. In Valle d'Aosta il francese equivale alla lingua italiana e in Friuli-Venezia Giulia diritti specifici sono concessi alla minoranza linguistica slovena. Al di fuori di queste eccezioni, quando deve essere ascoltato un soggetto non italiano o quando il giudice deve esaminare documenti non scritti in italiano, può essere nominato un interprete. Nel procedimento penale al convenuto è concessa l'assistenza gratuita di un interprete (art. 111 della Costituzione e art. 143 del cpp). Nei procedimenti amministrativi e civili, il giudice decide quale parte deve pagare l'onorario dell'interprete (art. 53 delle norme di attuazione del codice di procedura civile). L'ordinamento giuridico italiano applica il principio "chi perde paga", pertanto, chi perde deve pagare il costo dell'interprete. Tuttavia, il giudice può limitare la responsabilità della parte soccombente per le spese se ritiene che le spese sostenute dalla parte vincente siano eccessive o non necessarie.
Se un progetto transfrontaliero provoca danni alla popolazione di uno Stato limitrofo, i soggetti possono adire sia il tribunale del proprio Stato (ove si è verificato l'evento dannoso) sia i tribunali dello Stato limitrofo (ad esempio l’Italia) in cui si trova l'attività dannosa al fine di ottenere il risarcimento del danno (Regolamento del Consiglio 44/2001 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale).
[1] R. Caranta, ‘Study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in Italy’, 4.
[2] 'Una tutela così concepita é aderente al precetto dell'art. 9 Cost., Il quale, secondo una scelta operata al più alto livello dell'ordinamento, assume il detto valore come primario (mutatis mutandis Corte costituzionale, sentenza n. 94 del 1985 e n. 359 del 1985), cioé come insuscettivo di essere subordinato a qualsiasi altro (Corte costituzionale, sentenza n. 151 del 1986, 4).
[3]'Sennonché, quando si guarda all'ambiente come ad una "materia" di riparto della competenza legislativa tra Stato e Regioni, è necessario tener presente che si tratta di un bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e la salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole componenti'(…) ‘Ed è da notare, a questo proposito, che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente, inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario, e deve garantire, (come prescrive il diritto comunitario) un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore 'Corte costituzionale, sentenza n. 378 del 2007, 4.
[4] Un elenco delle agenzie regionali per la protezione ambientale è disponibile qui.
[5]Si veda ad esempio l'articolo 2043 del codice civile: "Risarcimento per atti illeciti" prevede che "Qualsiasi fatto intenzionale o colposo che provochi un danno ingiusto ad altri obbliga la persona che ha commesso il fatto a risarcire il danno". Tale richiesta di risarcimento danni è stata recentemente applicata con successo in ambito ambientale nella sentenza del Tribunale di Roma (Tribunale di Roma, Sezione Civile, sentenza n. 17258 del 20 settembre 2018).
[6] Legge 241/1990, "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi"
[7] Modificato dal Decreto Legge 91/2014 (trasformato in Legge 116/2014) e dal Decreto Ministeriale 30/03/2015 (concernente i progetti soggetti a procedura regionale / locale).
[8]Cass. Civ. SU, 6 ottobre 1979, n. 5172.
[9]Corte Cass. Sezione Unite 500/1999.
[10] Vedi GM Vagliasindi e U. Salanitro, "Development of an assessment framework on Environmental governance in the EU Member States", Italy, 14.
[11] Cfr. A tale riguardo il quadro di valutazione UE della giustizia 2018; vedi anche Indicatori CEPEJ sull'efficienza.
[12] Causa 314/85 Foto-Frost, EU: C: 1987: 452.
[13] Associazione Nazionale Difensori Civici Italiani
[14] Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in Italy, 11.
[15]TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 7 agosto 2008, n. 1097; Contro. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2012, n. 784.
[16]Contro. Stato, Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; vedere anche Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 e 9.4 della Convenzione di Aarhus in Italia, 13.
[17]Consiglio di Stato, sez. IV, 1, art. 192 cpp1 / 03/2013, n. 1464; Consiglio di Stato, sez. III, 04/05/2016, n. 1757.
[18] A titolo di esempio Albo dei Consulenti Tecnici d'Ufficio.
[19] Ulteriori informazioni sulla tabella sono disponibili qui.
[20] Vedere il sito web del Consiglio Nazionale Forense.
[21]Art. 9 (4) 24 marzo 2012, n. 27. Conversione in legge, con modificazioni, del dl 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
[22]Tale principio è sancito dal Codice Deontologico ed interpretato alla luce del Decreto-legge n. 233/2006, noto come “Decreto Bersani”, e Decreto Legge n. 1/2012, noto come Decreto “Liberalizzazioni’’.
[23] Per ulteriori informazioni vedere anche Pro bono Institute, "Pro Bono Practices and Opportunity in Italy".
[24] Si veda ad esempio Associazione Giuristi Ambientali.
[25]A titolo di esempio la ONG Legambiente e l'Associazione per la Difesa dell'Ambiente e dei Diritti dei Consumatori (CODACONS). Vedi centri Legambiente per azioni legali; e Codacons - Coordinamento delle Associazioni per l'ambiente e i diritti dei consumatori e degli utenti.
[26]Inoltre, nel maggio 2017 è stata costituita “Pro Bono Italia”. Pro Bono Italia è un'associazione senza scopo di lucro di avvocati, studi legali e associazioni forensi nata per la promozione e la diffusione della cultura del pro bono in Italia. Pro Bono Italia nasce in concomitanza con “Italian Pro Bono Roundtable”, ovvero un network di avvocati, studi legali e società che condividono lo scopo di interagire e cooperare pro bono con le ONG italiane e la società civile. Pro bono Italia fornisce un elenco di ONG e studi legali che forniscono assistenza pro bono. Queste ONG o studi legali possono essere contattati direttamente dai cittadini all'indirizzo https://probonoitalia.org e https://www.pilnet.org/.
[27] A titolo di esempio http://www.tribunale.torino.giustizia.it/it/Content/Ctu/27207?ordineProfessionale=&nominativo=&professione=128026&lemma=. Inoltre, l'Associazione Italiana Esperti Ambientali fornisce alcune informazioni sugli esperti ambientali. Vedere il sito Web.
[28] Cfr. A tale riguardo il quadro di valutazione UE della giustizia 2018; vedi anche Indicatori CEPEJ sull'efficienza.
[29] Ulteriori informazioni sulle spese di giustizia sono disponibili qui.
[30] Ai sensi del decreto 28 e 29 del Presidente della Repubblica n. 214/1973 presso ciascun TAR è costituita una Commissione per il patrocinio a spese dello Stato. La Commissione è composta da due magistrati amministrativi regionali, il più anziano dei quali assume le funzioni di presidente.
[31] Si prega di notare a questo proposito un recente ricorso presentato nel 2015 dal WWF dinanzi al Compliance Committee della Convenzione di Aarhus (caso ACCC / C / 2015/130).
[32] MATTM, Quarto aggiornamento del Rapporto nazionale italiano sull'attuazione della Convenzione di Aarhus (2017), 7.
[33] Cort. Cassaz. sentenza 21522/2013; vedere anche a titolo di esempio Esenzione dal contributo unificato per i ricorsi proposti dalle associazioni di protezione ambientale
[34] Legambiente (2013) Strumenti per la Tutela degli interessi diffusi.
[35] Il Decreto Legislativo 104/2017 ha modificato l'obbligo di pubblicazione del provvedimento di screening nelle gazzette ufficiali (Gazzetta Ufficiale o Bollettino Ufficiale Regionale).
[36]Si prega di notare, a questo proposito, che l'Italia è stata ritenuta in più occasioni in violazione dell'articolo 6.1 CEDU. Si veda ad esempio il caso Cocchiarella c. Italia, ricorso n. 64886/01, sentenza del 29/03/2006.
[37] Cfr. A tale riguardo il quadro di valutazione UE della giustizia 2018; vedi anche Indicatori CEPEJ sull'efficienza.
[38] Queste modifiche legislative derivano dal recepimento delle direttive legislative comunitarie che, a loro volta, sono cambiate nel tempo.
[39]Si prega di notare, a questo proposito, che l'Italia è stata ritenuta in più occasioni in violazione dell'articolo 6.1 CEDU. Si veda ad esempio il caso Cocchiarella c. Italia, ricorso n. 64886/01, sentenza del 29/03/2006.
[40] Cfr. A tale riguardo il quadro di valutazione UE della giustizia 2018; vedi anche Indicatori CEPEJ sull'efficienza.
[41] Cfr. anche causa C-529/15.
[42]Vedi inter alia, sentenze del Consiglio di Stato n. 24 del 19 ottobre 1979; e n. 1185, 29 febbraio 2012.
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Secondo la giurisprudenza della CGUE,[2] l'accesso alla giustizia deve essere garantito anche per contestare determinate decisioni relative ad attività e progetti specifici che non rientrano nell'ambito di applicazione delle direttive VIA o IED. A titolo di esempio, l'accesso alla giustizia dovrebbe essere garantito per impugnare decisioni adottate in violazione della Direttiva Habitat (Direttiva 92/43 / CEE); la direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60 / CE); o la Direttiva Seveso III (Direttiva 2012/18/UE.
Secondo le regole generali di cui alla sezione 1.4.2, per avere legittimazione ad agire le persone fisiche e giuridiche devono dimostrare che il loro diritto o interesse legittimo può essere violato (o sia stato violato) dalla decisione, atto o omissione. Le ONG ambientali riconosciute sono considerate aventi un interesse legittimo per legge. Tali decisioni amministrative sono impugnabili dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione ed entro 30 giorni dalla notifica della decisione in merito al proprio interesse, oppure direttamente al TAR entro 60 giorni.
Come discusso nella sezione 1.4.2, i tribunali, caso per caso, possono anche riconoscere la legittimazione ad associazioni o gruppi ad hoc. Per quanto riguarda i singoli, è stato osservato che la giurisprudenza dei tribunali amministrativi sulla legittimazione ad agire sembra basarsi sul concetto vago e flessibile di "vicinitas". In questa misura, studi indicano che l'accesso alla giustizia è nel complesso abbastanza efficace da rispettare la giurisprudenza della CGUE.[3] A titolo esemplificativo, in caso di decisione di autorizzazione riguardante un'attività industriale non coperta dallo IED, i partecipanti hanno il diritto di accedere ai documenti relativi e possono presentare documenti e memorie che devono essere considerati al momento della decisione (art. 10 Legge 241 / 1990).[4] La decisione può essere impugnata dinanzi all'organo amministrativo gerarchicamente superiore o ai tribunali amministrativi entro 30 o 60 giorni dal momento gli interessati vengono a conoscenza del rilascio dell'autorizzazione. Va notato, tuttavia, che data la sua flessibilità intrinseca, il concetto di vicinitas consente un approccio caso per caso, dunque suscettibile di essere interpretata restrittivamente dai tribunali.[5]
Il ricorso amministrativo verifica non solo la legittimità, ma anche il merito - l'adeguatezza - della decisione. I tribunali amministrativi possono verificare la legittimità sia procedurale che sostanziale della decisione.
I rimedi amministrativi non devono essere esperiti prima di adire un tribunale (art. 20 della legge 1034/1971).
Per poter adire il TAR non è necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse legittimo sia stato leso dalla decisione (art. 7 CPA).
Non ci sono motivi / argomenti preclusi dalla fase giudiziaria.
Nell'ordinamento italiano, la giurisdizione amministrativa è informata al principio del contraddittorio, dalla parità delle parti e dal giusto processo (art. 2 CPA) in linea con l'art 111 della Costituzione e la giurisprudenza della Corte EDU[6] e CGUE. In sede di contestazione e decisione amministrativa ambientale, le parti possono quindi richiedere al giudice di nominare un esperto; ispezionare persone o cose; richiedere l'esposizione di documenti o altri oggetti; ascoltare i testimoni.
L’art. 111 della Costituzione richiede che i processi si concludano entro un termine ragionevole. Tuttavia, il tribunale amministrativo impiega in media due/tre anni per decidere.[7]
Il provvedimento ingiuntivo è disponibile secondo le regole generali di cui alla sezione 1.7.2.
In Italia non esiste una disposizione di legge che imponga di evitare costi proibitivi. Tuttavia, l'art. 1 e art. 7 CPA fanno riferimento al principio del giusto processo, di norma interpretato in senso da evitare costi proibitivi. I costi per l'accesso alla giustizia in queste aree possono essere stimati secondo le regole di cui al punto 1.7.3. L'ordinamento giuridico italiano applica il principio chi perde paga (art. 91 del cpc). In caso di soccombenza, il richiedente sosterrà quindi il costo. Tuttavia, il giudice può limitare i costi della parte soccombente se ritiene che le spese sostenute dalla parte vincente siano eccessive o non necessarie. Il giudice può anche decidere che ciascuna parte debba sopportare le proprie spese. Ciò accade quando: una parte ha vinto su un punto controverso mentre l'altra parte ha avuto successo su un altro; o per altri motivi eccezionali indicati nella sentenza (art. 92 del cpc).
La VAS (Valutazione Ambientale Strategica) è una procedura attraverso la quale la PA approva piani e programmi strategici al fine di preservare l'ambiente. Questa procedura include diversi passaggi, fra cui: determinare la necessità di una valutazione dell'impatto ambientale (screening); predisporre un “rapporto ambientale”; consultare il richiedente, la PA e il pubblico interessato; esame del “rapporto ambientale” e dei risultati delle consultazioni; decidere in merito al rilascio dell'autorizzazione VAS; informare il pubblico della decisione e monitorare gli effetti ambientali dell'attività autorizzata (Titolo II della CA). Questa procedura si applica, ad esempio, a piani / programmi preparati per: agricoltura, silvicoltura, pesca, energia, industria, trasporti, gestione dei rifiuti e delle acque, telecomunicazioni, turismo, sviluppo urbano (Annessi II, II-bis, III e IV art. 6(2) CA).
Secondo le regole generali sulla legittimazione ad agire di cui alla sezione 1.4.2, le persone e le ONG aventi un interesse legittimo, o i cui diritti possono essere violati dalla decisione, possono ricorrere a rimedi giudiziali e stragiudiziali per contestare l'atto decisionale o l'omissione. La decisione di screening VAS può essere impugnata secondo le regole generali sulla procedura amministrativa. Il rapporto ambientale del VAS può essere riesaminato solo insieme alla decisione finale sulla procedura VAS. Tali decisioni amministrative sono impugnabili dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione entro 30 giorni dalla notifica della decisione in merito al proprio interesse. Tale procedimento deve concludersi entro 90 giorni con l'adozione definitiva di una nuova decisione amministrativa impugnabile davanti al TAR e al Consiglio di Stato (art. 20 della Legge 1034/1971). I richiedenti possono presentare ricorso direttamente al TAR entro 60 giorni dalla notifica della decisione all'interessato o dalla data di pubblicazione della decisione (art. 2 e 21 della Legge 1034/1971 e successive modifiche).
Come discusso nella sezione 1.4.2, si ritiene che le ONG riconosciute abbiano un interesse legittimo nelle decisioni ambientali. I tribunali amministrativi, caso per caso, possono anche riconoscere la legittimazione ad agire ad associazioni o gruppi ad hoc. Per quanto riguarda i singoli, si è osservato che la giurisprudenza dei tribunali amministrativi sulla legittimazione ad agire sembra basarsi su concetti vaghi e flessibili, come quello di "vicinitas". L'accesso alla giustizia per contestare le decisioni della VAS è quindi sufficientemente flessibile da rispettare la giurisprudenza della CGUE.
Il ricorso amministrativo verifica non solo la legittimità, ma anche il merito - l'adeguatezza - della decisione. I tribunali amministrativi possono verificare la legittimità sia procedurale che sostanziale della decisione.
I rimedi amministrativi non devono essere esperiti prima di adire un tribunale (art. 20 della legge 1034/1971).
La procedura VAS per la consultazione pubblica è simile alla procedura VIA: l'avviso è pubblicato nella GU o BUR e il pubblico ha 60 giorni per commentare. I commenti del pubblico sono presi in considerazione per la decisione finale, che deve essere accompagnata da un parere motivato. Essere cittadino italiano non è un prerequisito per partecipare alla consultazione secondo il principio di non discriminazione.
Per poter agire davanti ai tribunali amministrativi non è tuttavia necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse sia stato leso dalla decisione (art. 7 CPA).
Il provvedimento ingiuntivo è disponibile secondo le regole generali di cui al 1.7.2.
I costi per l'accesso alla giustizia in queste aree possono essere stimati secondo le regole di cui al punto 1.7.3.
L’art. 7 della Convenzione di Aarhus richiede la partecipazione del pubblico a piani, programmi e politiche in materia di ambiente nella misura appropriata. In Italia, la partecipazione del pubblico alle decisioni su piani e programmi è garantita principalmente attraverso l'applicazione della procedura VAS. Un’importante pratica recente seguita dalle autorità pubbliche è infatti quella di applicare la procedura VAS, inclusi i requisiti di partecipazione del pubblico, anche in situazioni in cui è ancora prevista discrezionalità.[10] Inoltre, in Italia la partecipazione del pubblico a piani e programmi è stata sviluppata con particolare rilevanza a livello locale anche in situazioni in cui non è applicata la procedura VAS. A titolo di esempio:
È prevista anche la partecipazione del pubblico al processo decisionale locale alla redazione di piani, ad esempio sulla gestione delle acque reflue, piani di tutela delle acque, prevenzione dell'inquinamento acustico o atmosferico, pianificazione urbanistica, interventi strutturali, uso del suolo, bacino idrografico, gestione e sviluppo locale / regionale.[11]
Inoltre, si segnala che l'art. 7 della Convenzione di Aarhus può comprendere anche piani non soggetti a procedura VAS e formalmente non legati all'ambiente. Tuttavia, art. 7 prevede la partecipazione pubblica qualora tali piani e programmi abbiano sostanzialmente un interesse ambientale. A titolo di esempio, il Ministero dell'Università e della Ricerca ha recentemente aperto un bando per la consultazione pubblica sul Programma Nazionale di Ricerca 2021-2027 (PNR). Con il PNR 2021-2027, il Ministero dell'Università e della Ricerca ha inteso avviare una pianificazione strategica partecipata per contribuire allo sviluppo sostenibile della società e rispondere alle richieste di emergenza.[12]
Per quanto riguarda l'accesso alla giustizia, il pubblico che ha un legittimo interesse a una decisione amministrativa (persone fisiche e associazioni) non solo può partecipare al processo decisionale ma anche impugnare dinanzi ai tribunali amministrativi qualsiasi decisione illegittima adottata da un'autorità pubblica (Legge 1034/1971 e Legge 241/1990). Solo gli atti politici non possono essere impugnati davanti al giudice amministrativo. Il pubblico può anche ricorrere al controllo amministrativo (Decreto del Presidente della Repubblica 1199/1971).
Infatti, una decisione può essere considerata illegittima quando adottata in violazione alle disposizioni di legge che regolano le modalità di esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, comprese quelle sulla partecipazione pubblica.[13] Tali decisioni amministrative sono impugnabili dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione entro 30 giorni dalla notifica della decisione in merito al proprio interesse. Tale procedimento deve concludersi entro 90 giorni con l'adozione definitiva di una nuova decisione amministrativa impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato (art. 20 Legge 1034/1971). I richiedenti possono presentare ricorso direttamente al TAR entro 60 giorni dalla notifica della decisione all'interessato o dalla data di pubblicazione della decisione (art. 2 e 21 della Legge 1034/1971 e successive modifiche).
È difficile, con le risorse stanziate per questo progetto, stabilire con certezza se l'accesso alla giustizia sia o meno efficace in questi casi. Tuttavia, i requisiti di legittimazione ad agire di cui alla sezione 1.4.2. potrebbero essere considerato sufficientemente flessibile da rispettare la giurisprudenza della CGUE. Va notato, tuttavia, che, data la sua flessibilità intrinseca, il concetto di vicinitas consente un approccio caso per caso che a volte può essere considerato alquanto restrittivo dai tribunali amministrativi.[14]
Il ricorso amministrativo verifica non solo la legittimità, ma anche il merito - l'adeguatezza - della decisione. I tribunali amministrativi possono verificare la legittimità sia procedurale che sostanziale della decisione.
I rimedi amministrativi non devono essere esperiti prima di adire un tribunale (art. 20 della legge 1034/1971).
Per poter afire il TAR non è necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse sia stato leso dalla decisione (art. 7 CPA).
Il provvedimento ingiuntivo è disponibile secondo le regole generali di cui alla sezione 1.7.2.
I costi per l'accesso alla giustizia in queste aree possono essere stimati secondo le regole di cui al punto 1.7.3.
Ogni persona o ONG ambientale il cui diritto o interesse legittimo è stato violato da un atto, omissione o decisione di un'autorità pubblica riguardante piani e programmi da prepararsi ai sensi della legislazione ambientale dell'UE, ha legittimazione a ricorrere a rimedi giudiziali e non secondo le regole generali di procedura amministrativa. Tali decisioni amministrative sono impugnabili dinanzi all'organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso la decisione entro 30 giorni dalla notifica della decisione in merito al proprio interesse. Tale procedimento deve concludersi entro 90 giorni con l'adozione definitiva di una nuova decisione amministrativa impugnabile innanzi al TAR e al Consiglio di Stato (art. 20 Legge 1034/1971).
Per quanto riguarda l'efficacia o meno dell'accesso alla giustizia, i requisiti di legittimazione ad agire di cui alla sezione 1.4.2. dovrebbe essere sufficientemente flessibili da rispettare la giurisprudenza della CGUE. A titolo di esempio, nel caso in cui l'autorità competente di un comune non abbia stabilito un piano per la qualità dell'aria in violazione delle norme dell'UE, un cittadino o una ONG ambientale potrebbero presentare un reclamo al Comune (o al difensore civico locale ove possibile).[16] Se ciò non fosse sufficiente, il cittadino o l'ONG interessati possono rivolgersi al TAR.
La forma in cui viene adottato il piano o il programma può fare la differenza in termini di legittimazione ad agire. Se un determinato piano o programma è emesso sotto forma di un provvedimento di carattere generale, i privati non possono accedere alla giustizia salvo per le parti in cui il provvedimento è immediatamente lesivo dei loro interessi legittimi o diritti soggettivi. In questo caso, la generalità delle prescrizioni potrebbe rendere più difficile la prova di legittimazione.
Se un determinato piano o programma viene emesso sotto forma di atto normativo, i destinatari di tali atti sono facilmente riconoscibili poiché l'atto può influire direttamente su una situazione giuridica soggettiva. Per loro, potrebbe essere più facile vedersi riconosciuti in giudizio la legittimazione ad agire.
Il ricorso amministrativo verifica non solo la legittimità, ma anche il merito - l'adeguatezza - della decisione. I tribunali amministrativi possono verificare la legittimità sia procedurale che sostanziale della decisione.
I rimedi amministrativi non devono essere esperiti prima di adire un tribunale (art. 20 della legge 1034/1971).
Per poter essere dinanzi ai tribunali amministrativi non è necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse sia interessato dalla decisione (art. 7 CPA).
Non ci sono motivi / argomenti preclusi alla fase di controllo giurisdizionale.
Nell'ordinamento italiano, la giurisdizione amministrativa è informata dal principio del contraddittorio, dalla parità delle parti e dal giusto processo (art. 2 CPA), in conformità con l'art 111 della Costituzione e la giurisprudenza della Corte EDU[17] e CJEU. In sede di contestazione e decisione amministrativa ambientale, le parti possono quindi richiedere al giudice di nominare un esperto; ispezionare persone o cose; richiedere l'esposizione di documenti o altri oggetti; per ascoltare i testimoni.
Art. 111 della Costituzione richiede che il procedimento giudiziario si concluda entro un termine ragionevole. Tuttavia, il tribunale amministrativo richiede in media due/tre anni per decidere.[18]
Il provvedimento ingiuntivo è disponibile secondo le regole generali di cui al 1.7.2.
I costi per l'accesso alla giustizia in queste aree possono essere stimati secondo le regole di cui al punto 1.7.3.
La legislazione dell'UE viene recepita principalmente in Italia attraverso:
Più specificamente:
La legge di rango ordinario in conflitto con i trattati dell'UE, i regolamenti dell'UE o altre leggi dell'UE direttamente applicabili (a titolo di esempio, direttive auto-esecutive) può di per sé essere impugnata in tribunale. Le persone fisiche e giuridiche possono richiedere al giudice nazionale di disapplicare il diritto nazionale in conflitto o di interpretare il diritto nazionale in conformità con il diritto dell'UE. I ricorrenti possono anche chiedere al giudice o alla Corte costituzionale di deferire il caso alla CGUE.
Un atto / decisione amministrativa adottato sulla base di una fonte primaria del diritto italiano in conflitto con il diritto dell'UE direttamente applicabile, può essere impugnata da persone fisiche o giuridiche aventi un interesse legittimo, o i cui diritti potrebbero essere lesi dalla decisione, davanti al TAR. In tale circostanza, la persona fisica o giuridica può chiedere al giudice di annullare la decisione amministrativa o di deferire la causa alla Corte Costituzionale (il TAR, ad esempio, non può disapplicare la normativa parlamentare in conflitto ma può deferire la causa alla Corte Costituzionale).
Se l'atto / decisione amministrativo è di per sé in conflitto con la normativa dell'UE direttamente applicabile (ovvero l'atto / decisione non è adottato sulla base di una fonte primaria in conflitto col diritto dell’Unione), le persone fisiche e giuridiche possono chiedere al giudice di disapplicare l'atto amministrativo nel caso specifico.
Le persone fisiche o giuridiche aventi un interesse legittimo, o i cui diritti potrebbero essere lesi dai provvedimenti, possono anche impugnare una legge di rango secondario secondo i principi generali del procedimento amministrativo e chiedere al giudice di disapplicare la norma in conflitto o di rinviare la causa alla CGUE. L'atto amministrativo adottato sulla base del diritto derivato in conflitto sarà annullato in tutto o in parte dal giudice.
I tribunali amministrativi possono verificare la legittimità sia procedurale che sostanziale della decisione. La Corte costituzionale può verificare la legittimità costituzionale dell'atto legislativo o regolamentare utilizzato per attuare o recepire il diritto dell'UE.
I rimedi amministrativi non devono essere esperiti prima di adire un tribunale.
Per poter adire il TAR non è necessario aver partecipato alla fase di consultazione pubblica. La legittimazione ad agire è infatti concessa a qualsiasi soggetto il cui interesse sia leso dalla decisione.
Dinanzi al giudice amministrativo, il provvedimento ingiuntivo è disponibile secondo le regole generali di cui al punto 1.7.2. Dinanzi alla Corte Costituzionale è preclusa la richiesta di provvedimento ingiuntivo.
I costi per l'accesso alla giustizia in queste aree possono essere stimati secondo le regole di cui al punto 1.7.3. Le persone fisiche e giuridiche non hanno legittimazione ad agire dinanzi alla Corte Costituzionale, pertanto non sostengono alcun costo.
Il rinvio pregiudiziale sensi dell'art. 267 TFUE è possibile secondo le regole di cui al punto 1.3.5
[1] Questa categoria di cause riflette la recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, ad esempio: Protect C-664/15 (EU:C:2017:987), causa C-240/09 slovacca sull'orso bruno (EU:C:2011:125), cfr. comunicazione C/2017/2616 della Commissione sull'accesso alla giustizia in materia ambientale (GU C 275 del 18.8.2017, pag. 1).
[2]Si veda ad esempio Protect C-664/15, il caso dell'orso bruno slovacco C-240/09; 15, Lesoochranárske zoskupenie VLK contro Obvodný úrad Trenčín (Slovak Bears II) C-243/15 e C-127/02, Waddenzee, punti 66-70.
[3]Istituto per la politica ambientale europea, "Sviluppo di un quadro di valutazione sulla governance ambientale negli Stati membri dell'UE. Environmental Governance Assessment Italy '(febbraio 2019), 49 disponibile qui [accesso 09/04/20]; si veda anche Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 e 9.4 della Convenzione di Aarhus in Italia, 12; e Milieu Report, Studio sull'attuazione da parte dell'UE della Convenzione di Aarhus nel settore dell'accesso alla giustizia in materia ambientale Rapporto finale, settembre 2019.
[4] Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in Italy, 12.
[5] Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in Italy, 12.
[6]Si prega di notare, a questo proposito, che l'Italia è stata ritenuta in più occasioni in violazione dell'articolo 6.1 CEDU. Si veda ad esempio il caso Cocchiarella c. Italia, ricorso n. 64886/01, sentenza del 29/03/2006.
[7] Cfr. A tale riguardo il quadro di valutazione UE della giustizia 2018; vedi anche Indicatori CEPEJ sull'efficienza.
[8] La Direttiva SEA si riferisce a piani e programmi. Questi sono anche disciplinati dallgli Articoli 7 e 9(3) della Convenzione Aarhus.
[9] Vedi il caso ACCC/C/2010/54 come esempio di piano non sottomesso a SEA ma sottoposto a partecipazione pubblica come disciplinato dall'Articolo 7 della convenzione Aarhus.
[10] 4 ° aggiornamento dei rapporti nazionali sull'attuazione Aarhus, 28.
[11] 4 ° aggiornamento dei rapporti nazionali sull'attuazione Aarhus, 28.
[12] Per ulteriori informazioni visita "Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027".
[13] Ibid.
[14] Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in Italy, 12.
[15] Questi cadono nello scopo degli Articoli 7 e 9(3) della Convezione Aarhus. Vedi, ad esempio,i casi C-237/97, Janecek e i casi Boxus eSolvay C-128/09-C-131/09 e C-182/10, come riportato dalla Commission Notice C/2017/2616 sull’accesso alla giustizia in materia ambientale.
[16] si veda Caranta, R. (2013), Study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in Italy, 19.
[17]Si prega di notare, a questo proposito, che l'Italia è stata ritenuta in più occasioni in violazione dell'articolo 6.1 CEDU. Si veda ad esempio il caso Cocchiarella c. Italia, ricorso n. 64886/01, sentenza del 29/03/2006.
[18] Cfr. A tale riguardo il quadro di valutazione UE della giustizia 2018; vedi anche Indicatori CEPEJ sull'efficienza.
[19] Qesti atti ricadono nello scopo degli Articoli 8 e 9(3) della convenzione Aarhus. Un esempio di tale atto concerne la decisione dell’amministrazione nazionale nel caso C-281/16, Vereniging Hoekschewaards Landschap, ECLI:EU:C:2017:774.
[20] Come esempio di rinvio pregiudiziale vedi il caso C-281/16, Vereniging Hoekschewaards Landschap, ECLI:EU:C:2017:774.
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Nel sistema italiano non ci sono sanzioni contro la PA che adotta in ritardo le decisioni. Tuttavia, il ricorrente può impugnare il silenzio della PA dinanzi al TAR (art. 31 e 117 CPA) e chiedere il risarcimento del danno causato dal ritardo (art. 30 e 112 CPA).
Inoltre, nei casi in cui la PA non si è conformata a una sentenza, i ricorrenti possono ricorrere al cosiddetto giudizio di ottemperanza (artt.112-115 CPA). A seguito di tale procedimento, il giudice può ordinare alla PA di adempiere entro un termine determinato, nonché dichiarare nulli gli atti adottati in violazione della sentenza. Il giudice può inoltre sostituire l'amministrazione inerte o nominare un commissario ad acta.
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