Cassazione civile, SEZIONE II, 22 novembre 2000, n. 15101
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill. mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Franco PONTORIERI - Presidente -
Dott. Ugo RIGGIO - Consigliere -
Dott. Giandonato NAPOLETANO - Consigliere -
Dott. Ettore BUCCIANTE - Consigliere -
Dott. Vincenzo MAZZACANE - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso per REGOLAMENTO DI COMPETENZA proposto da:
FORMISANO SERGIO, difeso da se stesso, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA PIETRO BORSIERI 12,
- ricorrente -
contro
CANTIERE NAVALE PATRONE MORENO DI MORENO e ROLANDO SNC, in persona
del legale rapp.te p.t. tempore (*) Ing. MORENO PIER MICHELE,
elettivamente domiciliato in ROMA VLE MAZZINI 117, presso lo studio
dell'avvocato GUIDO VARANO, che lo difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 16973-99 del Tribunale di ROMA, depositata il
17-09-99;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il
01-06-00 dal Consigliere Dott. Vincenzo MAZZACANE;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.
Giovanni GIACALONE: chiede che codesta Corte, in camera di consiglio,
rigetti il ricorso descritto in epigrafe ed emetta i provvedimenti
conseguenti per legge.
Fatto
Con atto di citazione notificato il 7.7.1997 Sergio Formisano conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la S.n.c. Cantiere Navale Patrone Moreno di Moreno e Rolando chiedendo accertarsi, previa declaratoria di inefficacia ex art. 1469 bis c.c. delle condizioni generali del contratto stipulato tra le parti, la mancanza delle qualità promesse dell'imbarcazione "Patrone 25 Convertibile" acquistata dall'esponente e condannarsi quindi la convenuta al risarcimento dei danni determinati nella riduzione del 20% del prezzo del natante e quindi in complessive lire 31.200.000.
Costituendosi in giudizio la società convenuta eccepiva l'incompetenza per valore del Tribunale nonché l'incompetenza per territorio del Tribunale di Roma, competente essendo la Pretura di Albenga ovvero il Tribunale di Savona, foro generale del convenuto, e chiedendo comunque nel merito il rigetto delle domande attrici.
Con sentenza del 17.9.1999 il Tribunale di Roma dichiarava la propria incompetenza territoriale per essere competente il Tribunale di Savona. Il Tribunale adito premetteva che il contratto era stato concluso tra le parti il 21.10.1995 in Ceriale (Savona), cosicché non poteva applicarsi ad esso la disciplina di cui all'art. 1469 bis c.c. introdotta in Italia dall'art. 25 della L. 6.2.1996 n. 52 non avente efficacia retroattiva, e dunque la controversia non era radicabile nel foro dal consumatore come preteso dal Formisano; rilevava inoltre che l'obbligazione dedotta in giudizio era sorta in Ceriale dove era stato perfezionato il contratto e dove era stata anche eseguita con la consegna dell'imbarcazione come previsto in contratto (oppure, aggiungeva il Tribunale, la consegna del natante era avvenuta a Cala Gonone in Sardegna, come sostenuto dall'attore, ma non certamente a Roma, dove neppure era stato pagato il prezzo, da versarsi, in base al contratto, presso la cassa del costruttore-venditore); osservava inoltre che anche in ipotesi di domanda di risoluzione per inadempimento e di risarcimento danni il creditore conserva l'iniziale facoltà di scelta con riferimento al foro territoriale relativo all'obbligazione originaria, sia che di essa si chieda l'adempimento o la risoluzione, sia che costituisca la "causa petendi" di altra obbligazione sostitutiva come quella di risarcimento danni; in definitiva quindi era competente per territorio il Tribunale di Savona, nel cui circondario aveva sede la società convenuta, sia quale foro generale del convenuto sia quale foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione. Avverso tale sentenza il Formisano ha proposto istanza di regolamento di competenza basata su tre motivi; la società Cantiere Navale Patrone Moreno ha depositato una scrittura difensiva; il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso; entrambe le parti hanno presentato memorie.
Diritto
Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 38-20 e 112 c.p.c. nonché degli articoli 1182 secondo comma - 1453 e seguenti - 1667 e 1668 c.c., sostiene che il Tribunale di Roma avrebbe trascurato la circostanza che la società convenuta, nel sollevare l'eccezione di incompetenza territoriale, non aveva contestato il criterio di collegamento relativo al foro facoltativo per i diritti di obbligazione previsto dall'art. 20 c.p.c.. La censura è infondata. Deve invero osservarsi che il Formisano nell'atto di citazione introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale di Roma ha indicato il foro di residenza o domicilio del consumatore di cui all'art. 1469 bis c.c. quale l'unico ad aver determinato la scelta del giudice adito; tale impostazione comporta il venir meno dell'obbligo della convenuta, che ha sollevato l'eccezione di incompetenza territoriale, di contestare la competenza in relazione a tutti i criteri di collegamento previsti dagli articoli 18-19 e 20 c.p.c., e quindi anche con riferimento a quelli che l'attore non ha invocato a fondamento della scelta del foro adito. In tal senso la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, in materia di competenza territoriale derogabile per le cause relative a diritti di obbligazione, la sussistenza dell'obbligo del convenuto di formulare l'eccezione di incompetenza con esplicito riferimento a tutti i concorrenti criteri di collegamento rinvenibili negli articoli 18-19 e 20 c.p.c., la cui scelta è rimessa alla discrezione dell'attore, salvo peraltro che quest'ultimo non abbia indicato uno specifico foro quale l'unico giustificativo della scelta del giudice adito (Cass. 16.2.1999 n. 1278). Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1339 - 1469 bis - 1667 e 1668 c.c., 240 cod. Nav., 20 c.p.c. e della L. 6.2.1996 n. 52 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., assume che erroneamente il Tribunale di Roma ha escluso l'applicabilità dell'art. 1469 bis c.c. n. 19 istitutivo del foro del consumatore (con conseguente competenza territoriale del suddetto Tribunale, luogo di residenza dell'attore-consumatore), considerato che la legge 6.2.1996 n. 52, che aveva introdotto tale nuova competenza territoriale ed aveva dato attuazione in Italia alla direttiva CEE n. 93-13, era già entrata in vigore all'epoca di instaurazione della controversia.
Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 129 e 189 del Trattato istitutivo dell'Unione Europea e successive integrazioni, nonché della L. 6.2.1996 n. 52 in riferimento agli articoli 10 e 111 della Costituzione, rileva che comunque il giudice di merito non ha considerato che la menzionata direttiva CEE aveva introdotto un foro "ex lege" per le controversie tra consumatore e professionista di immediata e diretta applicazione; l'art. 1469 bis c.c. n. 19, aggiunge il ricorrente, prevede una disposizione di natura processuale applicabile quindi anche ai contratti stipulati prima della sua entrata in vigore.
Entrambe le censure prospettate con il secondo e con il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.
Sotto un primo profilo non può essere condivisa la tesi di una immediata applicabilità della menzionata direttiva CEE alla luce dell'orientamento di questa Corte (formatosi sulla scia della giurisprudenza comunitaria) secondo cui le disposizioni di una direttiva comunitaria sono prive di efficacia normativa nei rapporti tra privati (cioè di effetti cosiddetti orizzontali), qualora lo Stato destinatario della direttiva non abbia adempiuto l'obbligo posto a suo carico di ottemperarvi, potendo in tal caso essere invocate solo nei confronti dello Stato stesso (Cass. 27.2.1995 n. 2275; Cass. 3.2.1995 n. 1271; Cass. 20.11.1997 n. 11571).
Neppure appare fondata la tesi dell'immediata applicabilità dell'art. 1469 bis c.c. n. 19 nella fattispecie (con riferimento quindi ad un giudizio avente ad oggetto un rapporto sorto prima dell'entrata in vigore della menzionata normativa) sul rilievo della sua natura processuale.
Invero al riguardo deve essere richiamata la "ratio" degli articoli 1469 bis e seguenti c.c., i quali si propongono di tutelare, nell'ambito dei contratti conclusi tra il consumatore ed il professionista, il contraente consumatore che non abbia avuto un'adeguata informazione in ordine ad alcune pattuizioni accessorie al contratto per non aver partecipato attivamente o comunque sufficientemente alla formazione del regolamento negoziale (si pensi alle clausole relative alle limitazioni di responsabilità o a quelle che regolano il diritto di recesso).
In tale contesto si iscrive anche la clausola, da presumere vessatoria fino a prova contraria (art. 1469 bis c.c. n. 19) che stabilisce "come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore": essa infatti, essendo ricompresa nell'ambito di una normativa ispirata alla salvaguardia dei diritti del consumatore nei contratti conclusi con il professionista nei termini sopra enunciati, istituisce un criterio legale in ordine alla determinazione della competenza territoriale finalizzato a riverberare i suoi effetti sul piano della tutela sostanziale, avendo il legislatore ritenuto che il foro di residenza o di domicilio elettivo del consumatore si configura come una garanzia di riequilibrio delle rispettive posizioni delle parti contraenti; deve pertanto affermarsi la natura sostanziale della suddetta clausola. Infine deve rilevarsi che il ricorrente nella memoria del 23.5.2000 deduce la competenza del Tribunale di Roma come foro del consumatore ai sensi dell'art. 12 del Decreto Legislativo 15.1.1992 n. 50 con riferimento alle vendite effettuate fuori dei locali commerciali; al riguardo è agevole osservare che si tratta di una questione del tutto nuova, non prospettata in precedenza nell'istanza di regolamento di competenza, come tale inammissibile. Il ricorso deve quindi essere rigettato, ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M
La Corte: rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, di cui lire 161.600, per spese e lire 3.000.000 per onorari di avvocato. Così deciso in Roma il 1.6.2000.