- 1 Che cosa significa “esecuzione” in materia civile e commerciale?
- 2 Quali sono la o le autorità competenti in materia di esecuzione?
- 3 Quali sono le condizioni per l’emissione di un titolo esecutivo o per l’esecuzione di un provvedimento giudiziario?
- 4 Oggetto e natura dei provvedimenti di esecuzione
- 5 Vi è possibilità di appello contro la decisione che emette questo tipo di provvedimenti?
- 6 Esistono limiti all'esecuzione, in particolare legati alla protezione del debitore o alla prescrizione?
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1 Che cosa significa “esecuzione” in materia civile e commerciale?
L’esecuzione è la fase di attuazione coattiva delle sentenze giudiziali e degli altri titoli esecutivi (titoli di credito, atti pubblici e scritture private autenticate per determinate prestazioni). Tale fase – comunque giurisdizionale - prevede l’intervento della forza pubblica nel caso in cui l’obbligato non adempia spontaneamente alla propria obbligazione.
2 Quali sono la o le autorità competenti in materia di esecuzione?
Le autorità competenti in materia di esecuzione sono i Tribunali ordinari. Inoltre è ai Tribunali ordinari che deve essere presentata la domanda di diniego di esecuzione di cui all'articolo 47, §1, del Regolamento (UE) n.1215/2012 (Bruxelles I rifusione).
Se il debitore è una pubblica amministrazione, per attuare una sentenza del giudice ordinario, il creditore può promuovere un giudizio speciale davanti al Tribunale amministrativo regionale (giudizio di ottemperanza, artt. 112 e seguenti del codice del processo amministrativo). Tale procedimento non è obbligatorio, ma è alternativo all’esecuzione diretta dal Tribunale ordinario e richiede, a differenza di quest’ultima, che la sentenza da eseguire sia passata in giudicato. Le successive risposte fanno riferimento al procedimento esecutivo ordinario.
3 Quali sono le condizioni per l’emissione di un titolo esecutivo o per l’esecuzione di un provvedimento giudiziario?
La titolarità di un titolo esecutivo è condizione necessaria e sufficiente per cominciare un’azione esecutiva. I titoli esecutivi sono tipicamente previsti per legge dall’art. 474 c.p.c. e si distinguono in titoli di formazione giudiziale e titoli di formazione stragiudiziale. Tra i primi si annoverano la sentenza e gli atti e provvedimenti emessi da un’autorità giudiziaria nel corso o a conclusione di un processo giurisdizionale. Tra i secondi i titoli di credito, gli atti pubblici e le scritture private autenticate che le parti possono formare senza l’intervento del giudice.
3.1 La procedura
Prima di iniziare l’esecuzione forzata, il creditore deve notificare al debitore il titolo esecutivo e il precetto,
che consiste in un’intimazione al debitore ad adempiere entro un termine non inferiore ai 10 giorni, con l’avvertimento che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata, ai sensi dell’art. 480 c.p.c. Prima di tale termine non si può iniziare l’esecuzione forzata, salvo che il Presidente del Tribunale, se vi è pericolo nel ritardo, autorizzi l’esecuzione immediata (art. 482 c.p.c.)
L’art. 480 c.p.c. regola il contenuto del precetto. In esso, è necessaria l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In mancanza di elezione del domicilio, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui l’atto è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso.
Successivamente a questi adempimenti, può iniziare il processo esecutivo. In Italia vi sono tre tipi di procedimento esecutivo.
1) L’espropriazione forzata, che consiste nel pignoramento e nella vendita o assegnazione di beni e crediti del debitore, al fine di ricavare il denaro per pagare il creditore. Il pignoramento avviene da parte dell’ufficiale giudiziario, che procede previa esibizione del titolo esecutivo e del precetto notificati. Il pignoramento deve avvenire entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di notificazione del precetto e, comunque, non prima del termine in esso indicato; qualora ciò non avvenga il precetto perderà di efficacia (art. 481). In questa fase processuale è necessaria l’assistenza di un legale.
Il pignoramento impedisce al debitore di sottrarre i beni e i crediti pignorati alla garanzia del credito per cui si procede. Esso perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi quarantacinque giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita al giudice competente per l’esecuzione.
2. L’esecuzione per consegna o rilascio, in cui l’ufficiale giudiziario consegna al creditore il bene mobile determinato a cui ha diritto, oppure allontana il debitore dal bene immobile.
3. L’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, per cui occorre presentare un ricorso al giudice dell’esecuzione, che determina le modalità di attuazione dell’obbligo, nominando l’ufficiale giudiziario responsabile e le persone che devono eseguire l’obbligo (per esempio, un’impresa di costruzioni), a spese del debitore.
La procedura esecutiva tende a garantire, attraverso l’ausilio della forza pubblica, l’attuazione coattiva delle obbligazioni inadempiute. Può essere utilizzata sia per i crediti di danaro che per le obbligazioni di consegna di cose mobili, di rilascio di beni immobili e per le obbligazioni di fare e non fare.
Inoltre, l’art. 614 bis c.p.c. consente al giudice che pronuncia condanna per un obbligo diverso dal pagamento di denaro, di imporre il pagamento al creditore di una somma di denaro per ogni violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Tale misura può essere richiesta anche al giudice dell’esecuzione, dopo la notificazione del precetto.
3.2 Le principali condizioni
Condizione necessaria e sufficiente per cominciare una procedura esecutiva è la titolarità di un titolo esecutivo che incorpori un diritto «certo, liquido ed esigibile» (art. 474). Il grado di “certezza” varia a seconda del titolo: non è necessario attendere il passaggio in giudicato delle sentenze per poterle eseguire, perché la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva finché non è riformata dal giudice di appello. “Liquido” significa determinato nell’ammontare o determinabile con operazioni aritmetiche, non discrezionali. “Esigibile” significa che il credito è scaduto e non è sottoposto a termini o condizioni sospensive.
4 Oggetto e natura dei provvedimenti di esecuzione
Diversi sono i provvedimenti, normalmente ordinanze, che il giudice dell’esecuzione emana nel corso della procedura. Si va da quelli necessari a dettare le regole per l’ordinato svolgimento del procedimento, ai provvedimenti che attribuiscono utilità concrete, come per esempio il decreto di assegnazione del bene pignorato al soggetto che lo abbia acquistato all’asta o se ne sia reso aggiudicatario.
4.1 Quali tipi di beni possono essere oggetto dell’esecuzione?
Possono essere assoggettati all’espropriazione forzata a) beni mobili b) beni immobili c) crediti del debitore e beni mobili che questi detenga presso terzi d) quote di società.
Possono, inoltre essere eseguiti coattivamente, anche gli obblighi di consegna di cose mobili, di rilascio di beni immobili e di fare e non fare.
4.2 Quali sono gli effetti dei provvedimenti di esecuzione?
L’inizio dell’esecuzione per somme di denaro, che avviene con il pignoramento, determina l’indisponibilità dei beni pignorati per il debitore esecutato. Tutti gli atti di disposizione degli stessi, cioè, saranno inefficaci e inopponibili all’esecuzione.
4.3 Qual è la validità di tali provvedimenti?
Si tratta di provvedimenti aventi efficacia esecutiva strumentali al soddisfacimento della pretesa creditoria, di conseguenza non hanno un’efficacia di accertamento.
5 Vi è possibilità di appello contro la decisione che emette questo tipo di provvedimenti?
L’ordinamento prevede forme di impugnazione degli atti e delle decisioni relative alla procedura esecutiva che si realizzano mediante le opposizioni del debitore (e/o del terzo assoggettato all’esecuzione), le quali danno luogo a due diversi tipi di giudizi:
- opposizione all’esecuzione artt. 615 e 616 c.p.c.; ove si contesti il diritto a procedere all’esecuzione forzata (ossia l’esistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente o la pignorabilità di determinati beni);
- opposizione agli atti esecutivi artt. 617 e 618 c.p.c.; ove si contestino vizi formali (ossia si contesta la legittimità degli atti del processo esecutivo).
Le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi, proposte prima dell’inizio dell’esecuzione forzata vengono definite opposizioni a “precetto”, poiché sono conseguenti all’atto che preannuncia l’esecuzione: l'opposizione viene fatta infatti contro il precetto mediante atto di citazione proposto avanti al giudice di cognizione competente per materia o per valore e per territorio, secondo le disposizioni generali previste dal codice.
Se l'esecuzione è già iniziata, ossia c'è stata la notifica dell'atto di pignoramento al debitore, l'opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi si propongono depositando specifico ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Il giudice può disporre la sospensione dell’esecuzione, fino alla decisione sull’opposizione, ma la sospensione non è automatica.
La sentenza pronunciata nell’opposizione può essere impugnata con appello, come tutte le sentenze di primo grado.
I terzi che pretendano di avere diritti reali sui beni pignorati possono proporre ricorso al giudice dell’esecuzione finchè non sia disposta la vendita o l’assegnazione del bene stesso.
Le norme che disciplinano la materia sono gli articoli 615,616,617, 618 e 619 del codice di procedura civile.
6 Esistono limiti all'esecuzione, in particolare legati alla protezione del debitore o alla prescrizione?
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono pignorare, ai sensi dell’art. 514 del codice di procedura civile:
1) le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto;
2) l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore economico anche per accertato pregio artistico o di antiquariato;
3) i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero precedente.
Sono altresì esclusi i mobili (tranne i letti) di rilevante valore economico (anche per accertato pregio artistico o di antiquariato).
Non possono nemmeno essere pignorate le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio; le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione, gli animali d’affezione e gli animali impiegati a fini terapeutici o di assistenza.
La legge, poi, dichiara impignorabili, tra l'altro: i beni demaniali dello Stato, i beni patrimoniali indisponibili dello Stato o di altro ente pubblico, i beni destinati al regime patrimoniale della famiglia, i beni di enti ecclesiastici ed edifici di culto.
Quanto ai crediti del debitore verso terzi, sono esenti da pignoramento, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura civile:
(a) i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, previa comunque l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto;
(b) i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza;
(c) le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato; per crediti di altro tipo, tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto; il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette;
(d) la rendita vitalizia, se costituita a titolo gratuito, in quanto sia stato disposto che essa non è soggetta a pignoramento o a sequestro entro i limiti del bisogno alimentare del creditore;
(e) le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario dell’assicurazione, fatte salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori e quelle relative alla collazione, all’imputazione e alla riduzione delle donazioni;
(f) le somme dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro; la parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti sopra alla lettera c);
(g) i fondi speciali per la previdenza e l’assistenza che l’imprenditore abbia costituiti, anche senza contribuzione dei prestatori di lavoro, se si tratta di crediti avanzati dai creditori dell'imprenditore o del prestatore di lavoro.
È inoltre previsto che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti sopra descritti, nonché da quelli previsti dalle speciali disposizioni di legge.
Spetta al debitore far valere che il bene o il credito è esente da pignoramento, mediante opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.).
L'azione esecutiva non può essere esercitata vittoriosamente se è interamente trascorso il termine di prescrizione del credito che si vuole far valere. Il termine di prescrizione, in generale, è di dieci anni, ma può variare a seconda del diritto in questione (per esempio, il risarcimento del danno extracontrattuale si prescrive in cinque anni). La legge, inoltre, stabilisce un tempo di prescrizione diverso a seconda del tipo di atto che accerta il credito su cui l'esecuzione si fonda. Ad esempio si prescrive in dieci anni il credito accertato in una sentenza passata in giudicato, anche se, in generale, per quel tipo di credito la legge prevede un termine inferiore.
Su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, può autorizzare che la ricerca dei beni da pignorare avvenga con modalità telematiche (art. 492bis c.p.c.). Questo comporta che l’ufficiale giudiziario può effettuare ricerche di beni e crediti del debitore presso l’anagrafe tributaria e le banche dati delle pubbliche amministrazioni. Sono state altresì introdotte, anche nell'esecuzione mobiliare, forme di rateizzazione dei pagamenti nell’ambito della conversione del pignoramento.
Link al codice di procedura italiano: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1940-10-28;1443
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