REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di VICENZA SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Tribunale di Vicenza, Sezione Prima Civile, in persona del dott. FRANCESCO LAMAGNA, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile d'appello iscritta a ruolo in data 18.3.2011 al n. 1855 / 2011 R. G. e promossa con atto di citazione d'appello notificato il 15.3.2011
DA
S.I.A. (P. IVA: (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. L.G., rappresentata e difesa in giudizio, per procura a margine dell'atto di citazione di appello, dagli Avv.ti Massimo Giordano (C.F.: (...)) e Annalisa Carli (C.F.: (...)) del Foro di Vicenza, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima, in Vicenza, Via Oratorio dei Servi n. 15;
- attrice appellante -
CONTRO
Z.S. (C.F.: (...)), rappresentato e difeso in giudizio, per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello, dagli Avv.ti Roberta Tadiello (C.F.: (...)) del Foro di Reggio Emilia e Massimo Zocca (C.F.: (...)), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Vicenza, Galleria Porti n. 4;
E
H.I. S.P.A., con sede legale in M., Corso I. n. 1, in persona del suo Direttore Generale M.C., avente poteri di rappresentanza legale in forza del verbale del C.d.A. del 23.4.2010, rappresentata e difesa in giudizio, per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta in appello, dagli Avv.ti Anna Botti (C.F.: (...)) del Foro di Modena e Giuliana Podavini Masin (C.F.: (...)), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima, in Vicenza, cONTRà Porta Nova n. 17 (c/o studio Avv. Paola D'Ambrosi);
- convenuti appellati -
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 66 / 2010 del Giudice di Pace di Vicenza, emessa il 25.01.2010 e depositata il 28.01.2010.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Al fine di un opportuno inquadramento dell'oggetto del presente giudizio è necessario premettere che, con atto di citazione del 21.11.2003, ritualmente notificato il 3.12.2003, Z.S. esponeva che:
- il 19.11.2002 aveva acquistato presso l'agenzia P.V. s.r.l. di Vicenza, per un corrispettivo complessivo di Euro 4.944,00, interamente pagato prima della partenza, un pacchetto turistico, per sé e per la Sig.ra V.D.P., organizzato dal tour operator H.I. s.p.a., che comprendeva i seguenti servizi: volo andata del 27.12.2002 dall'aeroporto di Venezia per Monaco e poi coincidenza per Bangkok e per Phuket; il 28.12.2002, trasferimento dall'aeroporto di Phuket a Khaolak e pernottamento in tale località fino all'01.01.2003; trasferimento e pernottamento a Phuket fino al 04.01.2003; volo aereo da Phuket a Bangkok e pernottamento in tale città fino al 06.01.2003; ritorno da Bangkok a Zurigo con linea aerea
Thai Airwais International e coincidenza immediata del volo Zurigo - Venezia con la compagnia aerea S.I.A., con arrivo previsto alle ore 9.40;
- al termine del soggiorno, in data 07.01.2003, all'aeroporto di Zurigo si era visto negare l'imbarco da parte della S.I.A. sul volo LX 1660 delle ore 8,35 da Zurigo a Venezia, in quanto la compagnia aerea aveva contestato la mancata riconferma del volo quale causa della mancata disponibilità del posto;
- esso attore, al pari degli altri partecipanti del viaggio, prima di partire dalla Thailandia, aveva regolarmente provveduto a consegnare il proprio biglietto di ritorno all'incaricato della H. s.p.a. presente in loco affinchè provvedesse alla riconferma del volo;
- gli altri partecipanti al viaggio, al contrario di esso attore, erano stati regolarmente imbarcati;
- esso attore era stato poi riprotetto dalla S.A. sul successivo volo delle 15.55, con arrivo a Venezia per le ore 17.05, ossia con circa 7 ore di ritardo rispetto al programma originario;
- il suddetto ritardo aveva impedito allo stesso di tener fede ad un impegno di lavoro assunto per i pomeriggi del 7, 8 e 9 gennaio 2003, con conseguente risoluzione del contratto di conferimento dell'incarico professionale da parte del committente P.F. s.p.a. e perdita del compenso pattuito, pari ad Euro 1.450,00.
Tutto ciò premesso ed esposto, l'attore conveniva in giudizio avanti al Giudice di Pace di Vicenza la H.I.
s.p.a. per far "accertare l'inadempimento del contratto di viaggio di cui in premessa anche in relazione al D.Lgs. del 17 marzo 1995 n. 111, in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso", e, conseguentemente, condannare H.I. spa, in persona del legale rappresentate pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patiti dal Sig. S.Z. per il negato imbarco nel volo già prenotato LX 1660 del 07/01/03 da Zurigo a Venezia delle ore 08.35, in considerazione altresì del mancato guadagno pari a Euro 1.450,00 e dei danni morali cagionati all'attore per lo scredito all'immagine professionale conseguente alla circostanza di non aver tenuto fede agli impegni lavorativi assunti, da determinarsi per l'ammontare che sarà accertato in corso di causa e comunque nei limiti di competenza del giudice adito. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa."
Alla prima udienza del 02.02.2004 si costituiva in giudizio la H.I. s.p.a., chiedendo, preliminarmente, l'autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia aerea S.I.A. Ltd, allo scopo di svolgere nei suoi confronti azione di garanzia e, nel merito, il rigetto delle domande attoree o, in subordine, la limitazione degli importi di risarcimento dovuti secondo le previsioni contenute nella normativa nazionale e comunitaria applicabile.
Alla suddetta udienza il Giudice di Pace, su richiesta delle parti, concedeva termine per deposito di memorie e repliche, rinviando la causa all'udienza del 05.5.2004, in cui veniva autorizzata la chiamata in causa della terza, S.I.A. Ltd.
La terza chiamata, costituitasi ritualmente in giudizio, con apposita comparsa di costituzione e risposta depositata in data 09.11.2004, negava ogni sua responsabilità in ordine all'evento dannoso denunciato dalla parte attrice, deducendo che il mancato imbarco dell'attore nel volo Zurigo - Venezia delle ore 8.35 era riconducibile alla omessa riconferma dello stesso volo da parte del predetto passeggero o della H. e che, comunque, non poteva essere tenuta al risarcimento dei danni esposti dallo stesso attore, richiedendo, pertanto, il rigetto della domanda di manleva ex adverso proposta nei suoi confronti, con vittoria delle spese di lite.
All'udienza successiva del 10.11.2004 il Giudice di Pace, a fronte della costituzione in giudizio della terza chiamata, concedeva termine alle parti per deposito di memorie e repliche ed in quella sede l'attore estendeva il proprio contraddittorio alla terza chiamata, rassegnando le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Sig. Giudice di Pace di Vicenza, contrariis reiectis, accertare l'inadempimento del contratto di viaggio di cui in premessa all'atto di citazione, anche in relazione al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111 in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso", e, conseguentemente, condannare H.I. spa, in persona del legale rappresentante pro tempore e/o S.I.A.L. Ltd, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patiti dal Sig. S.Z. per il negato imbarco nel volo già prenotato LX 1660 del 07/01/03 da Zurigo a Venezia delle ore 08.35, in considerazione altresì del mancato guadagno pari a Euro 1.450,00 e dei danni morali cagionati all'attore per lo scredito all'immagine professionale conseguente alla circostanza di non aver tenuto fede agli impegni lavorativi precedentemente assunti, da determinarsi per l'ammontare che sarà accertato in corso di causa e comunque nei limiti di competenza del giudice adito. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio".
Espletata l'attività istruttoria ammessa e fatte precisare le conclusioni delle parti, il Giudice di Pace di Vicenza, con sentenza n. 66/2010 del 25/28.01.2010, così decideva: "1) Accoglie la domanda attorea nei termini detti in parte motiva. 2) Condanna H.I. spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento della somma di Euro 1.450,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo effettivo a favore di Z.S.. 3) Condanna la società convenuta al rimborso delle spese sostenute nel giudizio dall'attore che liquida in complessivi Euro 2793,00 di cui Euro 1440,00 per diritti, Euro 970,00 per onorari
ed Euro 383,00 per spese comprese quelle generali, oltre IVA e CPA. 4) Dichiara S.I.A. tenuta a manlevare la convenuta H.I. Spa di quanto la stessa dovrà corrispondere all'attore in esecuzione della presente sentenza. 5) Condanna S.I.A. al rimborso delle spese sostenute nel giudizio dalla convenuta H.I. Spa che liquida in complessivi Euro 2711,00 di cui Euro 1440,00 per diritti, Euro 970,00 per onorari ed Euro 301,00 per spese comprese quelle generali, oltre IVA e CPA".
Avverso tale sentenza, non notificata, proponeva appello la S.I.A., con atto di citazione di appello ritualmente notificato in data 15.3.2011, convenendo in giudizio avanti all'intestato Tribunale di Vicenza
Z.S. e la H.I. s.p.a. per l'udienza del 20.07.20/11 - poi differita d'ufficio al 24.4.2012 - al fine di ottenere la riforma della sentenza di primo grado, con rigetto delle domande svolte dagli appellati, Z.S. ed H.I.
s.p.a. e condanna di costoro alla restituzione di quanto corrisposto da essa appellante, in esecuzione della sentenza di primo grado, per un ammontare pari ad Euro 9.492,10 per sorte capitale, interessi e spese legali.
A sostegno del gravame, l'appellante deduceva, in estrema sintesi, che la disciplina legale di cui al D.Lgs.
n. 115 del 1995, relativa ai viaggi "tutto compreso", contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di prime cure, riguardava i rapporti tra il consumatore, acquirente di pacchetto turistico, l'organizzatore e il venditore dello stesso, ma non certo il rapporto tra il passeggero ed il vettore; che il mancato imbarco dello Z. era dipeso dalla omessa riconferma del volo di ritorno da Zurigo a Venezia da parte dell'interessato e non già da una situazione di "overbooking" come sostenuto dalla H.I. s.p.a.; che il primo Giudicante aveva valutato erroneamente il compendio probatorio messo a disposizione; che il negato imbarco dello Z. sul volo delle ore 8.35 del 07.01.2003 non poteva, comunque, essere messo in relazione di causalità diretta con il danno da questi lamentato e derivante dalla risoluzione dello stipulato contratto di consulenza cui il medesimo era vincolato; che la proposta conciliativa (di rimborsare la somma di Euro 186,00 o, in alternativa, una riduzione di Euro 279,00 da utilizzarsi in un futuro viaggio con S., era rivolta a passeggeri diversi dall'attore e, comunque, non implicava ammissione di responsabilità.
In data 28.6.2011 si costituiva in giudizio l'appellato Z.S., chiedendo la conferma della sentenza di primo grado ed il rigetto delle domande proposte dall'appellante, S.I.A. Ltd.
In data 04.4.2012 si costituiva in giudizio anche la H.I. s.p.a., la quale eccepiva, in via pregiudiziale, l'inammissibilità dell'appello per intervenuta decadenza dall'impugnazione della sentenza di primo grado, per mancato rispetto dei termini normativamente previsti dall'art. 327 c.p.c. (ante riforma) per proporre un tempestivo gravame, chiedendo, nel merito, la conferma della sentenza di primo grado e, in ogni caso, l'accoglimento delle conclusioni già spiegate in primo grado, da intendersi in questa sede riportate.
All'udienza di prima comparizione delle parti del 24.4.2012, il precedente Giudice Istruttore, su concorde richiesta dei procuratori delle parti, fissava l'udienza del 13.10.2017 per la precisazione delle conclusioni.
Alla suddetta udienza, quindi, la causa veniva riservata per la decisione, sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte, previa concessione alle stesse dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Così delineato l'ambito del dibattito processuale, deve rilevarsi preliminarmente che si rivela destituita di fondamento l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità del gravame sollevata dall'appellata H.I. s.p.a..
L'interessata, a sostegno dell'eccezione di cui trattasi, ha dedotto che la S.I.A. ha proposto appello, con atto notificato in data 15.3.2011, quando, a suo dire, pur tenendo conto della sospensione dei termini nel periodo feriale, era già irrimediabilmente decorso il termine di impugnazione c.d. lungo, previsto dall'art. 327 c.p.c., nell'originaria formulazione "ante riforma".
A confutazione dell'eccezione in parola è sufficiente evidenziare, tuttavia, che la sentenza emessa dal Giudice di prime cure è stata depositata il 28.01.2010 e che l'atto d'appello avverso tale pronuncia è stato notificato il 15.3.2011, ossia alla scadenza dell'ultimo giorno utile ai fini di una tempestiva impugnazione, dovendosi considerare che al termine annuale previsto dall'art. 327, 1 comma, c.p.c., si debba aggiungere un ulteriore periodo di 46 giorni per la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (id est: dal primo agosto al 15 settembre compresi) (v. Cass. civ. 19.9.2017, n. 21674).
Passando all'esame del merito della controversia, ritiene il Giudicante che i motivi d'appello non si sottraggano ad una valutazione di infondatezza, per le ragioni che si vengono ad esporre.
In punto di fatto, è pacifico tra le parti e risulta documentato che:
- l'attore appellato Z.S. ha acquistato, sottoscrivendo il relativo contratto in data 19.11.2002, per il tramite della P.V. s.r.l., agenzia viaggi intermediatrice, per il corrispettivo pattuito e pagato di Euro 4.944,00, il pacchetto turistico della H. relativo ad un viaggio, per due persone (Z.S. e D.P.V.), in Thailandia, con soggiorno in Bangkok, Khaolak e Phuket, con partenza in data 27.12.2002 da Venezia e ritorno da Bangkok a Zurigo e da Zurigo a Venezia in data 07.01.2003, nel quale erano inclusi, fra l'altro, i voli aerei di andata e ritorno, ed il soggiorno presso strutture alberghiere;
- al termine del soggiorno, in data 07.01.2003, all'aeroporto di Zurigo, il predetto attore si era visto negare l'imbarco da parte della S.I.A. sul volo LX 1660 delle ore 8,35 da Zurigo a Venezia, venendo poi
riprotetto dalla medesima Compagnia aerea sul successivo volo delle 15.55, con arrivo a Venezia alle ore 17.05, con circa 7 ore di ritardo rispetto al programma originario.
Non sussiste neppure alcuna incertezza circa le qualifiche di consumatore dell'appellato Z.S. (art. 5 D.Lgs.
n. 111 del 1995: "l'acquirente, il cessionario di un pacchetto turistico o qualunque persona anche da nominare, purchè soddisfi a tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare senza remunerazione un pacchetto turistico"), di organizzatore della H.I. s.p.a. (art. 3 D.Lgs. n. 111 del 1995, che espressamente prevede che "l'organizzatore può vendere pacchetti turistici direttamente o tramite un venditore"), di venditore dell'agenzia P.V. S.r.l. (art. 4 D.Lgs. n. 111 del 1995, a mente del quale è venditore colui che si obbliga a procurare pacchetti turistici verso un corrispettivo forfettario) e di vettore della S.I.A..
Tanto premesso, nel contratto di viaggio vacanza "tutto compreso" (c.d. "pacchetto turistico" o package) - disciplinato dal D.Lgs. n. 111 del 1995, emanato in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE, applicabile ai rapporti, come quello di specie, sorti anteriormente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 206 del 2005, c.d. Codice del consumo (v. Cass. 10.09.2010, n. 19283), poi confluito all'interno del D.Lgs. n. 79 del 2011,
c.d. Codice del Turismo (artt. 32 e ss.), che si distingue dal contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970 (resa esecutiva in Italia con L. n. 1084 del 1977 e relativa alla prestazione di servizi isolati: v. Cass. 25410/2013), diversamente da quest'ultimo essendo caratterizzato dalla "finalità turistica" che ne connota la causa concreta e assume rilievo come elemento di qualificazione (nonché relativamente alla sorte) del contratto (v. Cass. 12.11.2009, n. 23941; Cass. 24.04.2008, n. 10651; Cass. 20.12.2007, n. 26958; Cass. 24.07.2007, n. 16315) - l'organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono ex artt. 1176 comma 2 c.c. e 2236 c.c. tenuti ad una prestazione improntata alla diligenza professionale qualificata dalla specifica attività esercitata, in relazione ai diversi gradi di specializzazione propri del rispettivo specifico settore professionale.
Il professionista è quindi contrattualmente impegnato al risultato dovuto (v. Cass. 19.05.2004, n. 9471), quello cioè conseguibile secondo criteri di normalità, da apprezzarsi in relazione alla abilità tecnica e alla sua capacità tecnico-organizzativa.
Il normale esito della prestazione dipende infatti da una pluralità di fattori, tra cui l'organizzazione dei mezzi adeguati per il raggiungimento degli obiettivi in condizioni di normalità.
Normalità che risponde ad un giudizio relazionale di valore, in ragione delle circostanze del caso, atteso che anche per il migliore specialista del settore il giudizio di normalità va calibrato avuto riguardo alle strutture tecniche con cui è chiamato a prestare la propria opera professionale.
E lo spostamento verso l'alto della soglia di normalità del comportamento diligente dovuto determina la corrispondente diversa considerazione del grado di tenuità della colpa (v. Cass. 4437/82), con corrispondente preclusione della prestazione specialistica al professionista che specializzato non è (v. Cass. 05.07.2004, n. 12273; Cass. 2428/90).
Va per altro verso sottolineato che la riconduzione dell'obbligazione professionale nell'ambito del rapporto contrattuale, e della eventuale responsabilità che ne consegua nell'ambito di quella da inadempimento ex artt. 1218 ss. c.c., ha i suoi corollari anche sotto il profilo probatorio.
La Suprema Corte ha al riguardo già più volte affermato che l'onere della prova è ripartito tra le parti nel senso che (alla luce del principio enunziato in termini generali da Cass. S.U. 30.10.2001, n. 13533) il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l'adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall'avvenuto adempimento.
Analogo principio è stato posto con riguardo all'inesatto adempimento, rilevandosi che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando sul debitore l'onere di dimostrare di avere esattamente adempiuto.
Pertanto, in base alla regola di cui all'art. 1218 c.c. il creditore ha il mero onere di allegare il contratto ed il relativo inadempimento o inesatto adempimento, non essendo tenuto a provare la colpa del professionista e la relativa gravità. L'imposizione della presunzione dell'onere della prova in capo al debitore, il cui fondamento si è indicato nell'operare del principio di c.d. vicinanza alla prova o di riferibilità (v. Cass. 09.11.2006, n. 23918; Cass. 21.06.2004, n. 11488; Cass. S.U. 23.5.2001, n. 7027; Cass. S.U.
30.10.2001, n. 13533; Cass. 13.09.2000, n. 12103), va ancor più propriamente ravvisato nel criterio della maggiore possibilità per il debitore onerato di fornire la prova, in quanto rientrante nella sua sfera di dominio, in misura tanto più marcata quanto più l'esecuzione della prestazione consista nell'applicazione di regole tecniche sconosciute al creditore, essendo estranee alla comune esperienza, e viceversa proprie del bagaglio del professionista.
All'art. 2236 c.c. non va conseguentemente assegnata rilevanza alcuna ai fini della ripartizione dell'onere probatorio, giacché incombe in ogni caso al professionista dare la prova della particolare difficoltà della prestazione, laddove la norma in questione implica solamente una valutazione della colpa del medesimo, in relazione alle circostanze del caso concreto (v. Cass. 13.04.2007, n. 8826; Cass. 28.05.2004, n. 10297; Cass. 21.06.2004, n. 11488).
Orbene, alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto va osservato che l'organizzatore e il venditore di pacchetti turistici, la cui rispettiva obbligazione è senz'altro di risultato (v. Cass. 03.12.2009, n. 25396; Cass. 09.11.2004, n. 21343), sono tenuti all'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura della rispettiva attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio del turista-consumatore di pacchetti turistici, nonché ad evitare possibili eventi dannosi.
In caso di mancato o inesatto adempimento delle prestazioni oggetto del c.d. pacchetto turistico o package, sono pertanto tenuti a dare la prova che il risultato "anomalo" o anormale rispetto al convenuto esito della propria prestazione professionale, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull'esperienza, dipende da fatto ad essi non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto.
E laddove tale prova non riescano a dare, secondo la regola generale ex artt. 1218 e 2697 c.c. i medesimi rimangono soccombenti.
Va posto d'altro canto in rilievo che ai sensi degli artt. 14 ss. D.Lgs. n. 111 del 1995 l'organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono tenuti a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche se la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altro prestatore di servizi, salvo il diritto di rivalersi nei confronti di costui (vedi, con riferimento al vettore, Cass. 10.09.2010, n. 19283; Cass. 29.02.2008, n. 5531).
Nel superare i distinguo previsti con riferimento al contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970, ai sensi dell'art. 5 Direttiva n. 90/314/CEE e degli artt. 14 ss. D.Lgs. n. 111 del 1995 l'organizzatore e il venditore di pacchetti turistici rispondono per il mancato o inesatto adempimento sia delle prestazioni direttamente eseguite che di quelle effettuate da prestatori di servizi della cui opera comunque si avvalgano per l'adempimento della prestazione da essi dovuta.
Trattasi di responsabilità la cui fonte riposa nella regola generale di cui agli artt. 1228 e 2049 c.c., in base alla quale il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (v. Cass. 24.05.2006, n. 12362; Cass. 04.03.2004, n. 4400; Cass. 08.01.1999, n. 103), ancorché non siano alle sue dipendenze (v. Cass. 21.02.1998, n. 1883; Cass. 20.04.1989, n. 1855).
La responsabilità per fatto dell'ausiliario (e del preposto) prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, essendo irrilevante la natura del rapporto tra i medesimi sussistente ai fini considerati, fondamentale rilevanza viceversa assumendo la circostanza che dell'opera del terzo il debitore comunque si avvalga nell'attuazione della sua obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore, sicché la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.
La responsabilità che dall'esplicazione dell'attività di tale terzo direttamente consegue in capo all'organizzatore (e al venditore) di un pacchetto turistico riposa allora sul principio cuius commoda eius et incommoda, o, più precisamente, dell'appropriazione o avvalimento dell'attività altrui per l'adempimento della propria obbligazione, comportante l'assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino.
Il tour operator è pertanto direttamente responsabile anche quando l'evento dannoso risulti da ascriversi alla condotta colposa del terzo prestatore della cui attività comunque si sia avvalso, essendo tenuto al risarcimento dei danni sofferti dal turista-consumatore di pacchetto turistico in conseguenza della medesima, salvo in ogni caso il suo diritto di rivalsa nei confronti del prestatore medesimo (art. 14 comma 2 D.Lgs. n. 111 del 1995) (Cass. 22619/2012, in motivazione).
Ciò posto, la fattispecie in esame rientra nella disciplina del D.Lgs. n. 111 del 1995, disciplinante i viaggi e le vacanze "tutto compreso", la quale ha introdotto nel nostro ordinamento il c.d. "danno da vacanza rovinata" ovvero il pregiudizio non solo economico ma anche morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere - o godere appieno - dei benefici di una vacanza, a causa della cancellazione della stessa o dei disagi e disservizi subiti.
Detta figura di danno ha natura contrattuale, in quanto trova fondamento nell'inadempimento delle obbligazioni assunte dall'agenzia di viaggi e/o dal tour operator relativamente ad un contratto di viaggio o "pacchetto turistico" stipulato con il consumatore.
In particolare deve farsi riferimento all'art. 14 ove si afferma che "in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico l'organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità, se non provano che il mancato
o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a loro non imputabile", con l'ulteriore previsione che "l'organizzatore o il venditore che si avvale di altri prestatori di servizi è comunque tenuto a risarcire il danno sofferto dal consumatore, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti" (comma 2).
Il suddetto art. 14 comma 1 contiene una disciplina analoga a quella, in tema di responsabilità contrattuale, di cui al combinato disposto degli articoli 1218 e 1256 c.c. (salva la "particolarità'" di cui al comma 2, vale a dire l'obbligo "comunque" di risarcire il danno con possibilità di rivalersi da parte dell'organizzatore o venditore nei confronti di altri prestatori di servizi, in considerazione sia dell'esigenza di maggiore tutela del consumatore-utente del viaggio, sia della valutazione che l'adempimento di un pacchetto turistico è, nella prassi, a carico di più soggetti "debitori").
Ne deriva che con il contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico "tutto compreso", sottoscritto dall'utente sulla base di una articolata proposta contrattuale, spesso basata su un depliant illustrativo, l'organizzatore o il venditore assumono specifici obblighi, soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalità di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi etc., che vanno "esattamente" adempiuti; pertanto ove, come nel caso in esame, la prestazione non sia esattamente realizzata, sulla base di un criterio medio di diligenza ex art. 1176 comma 1 c.c., si configura responsabilità contrattuale, tranne nel caso in cui, come detto, organizzatore o venditore non forniscano adeguata prova di un inadempimento ad essi non imputabile.
È evidente, in relazione a tale ultimo punto e argomentando ex art. 1256 c.c., ed anche dell'art. 17 D.Lgs.
n. 111 del 1995 ("l'organizzatore ed il venditore sono esonerati dalla responsabilità... quando la mancata o inesatta esecuzione del contratto è imputabile al consumatore o è dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero da un caso fortuito o di forza maggiore"), pur se tale norma in tema di esonero di responsabilità non fa specifico riferimento a detto art. 14, che per evitare il sorgere di responsabilità a loro carico (con conseguente obbligo risarcitorio), organizzatore e venditore dovranno provare: o il caso fortuito (o la forza maggiore), o l'esclusiva responsabilità del consumatore, oppure l'esclusiva responsabilità di soggetto-terzo, quali eventi successivi alla stipula del "pacchetto" (v. Cass. 5189/2010 rv. 611821).
Quanto al concorso di responsabilità del venditore e dell'organizzatore, la previsione secondo cui essi sono tenuti al risarcimento del danno "secondo le rispettive responsabilità" indica chiaramente che il tour operator e l'agenzia viaggi venditrice del pacchetto sono responsabili soltanto dell'inadempimento degli obblighi rispettivamente e personalmente assunti nei confronti del consumatore: infatti, il legislatore ha inteso prevedere per l'organizzatore ed il venditore due regimi di responsabilità strutturalmente diversi, in funzione della sostanziale diversità delle prestazioni gravanti su ciascuno di essi.
In particolare, il venditore presso il quale sia stata effettuata la prenotazione del pacchetto turistico non risponde in alcun caso delle obbligazioni nascenti dall'organizzazione del viaggio, ma è responsabile esclusivamente per qualsiasi inosservanza che commette nell'adempimento dei suoi obblighi, anche informativi, tra i quali non rientra l'obbligo di fornire le prestazioni coordinate oggetto del pacchetto turistico ma esclusivamente le obbligazioni di concludere in nome e per conto del cliente-consumatore un contratto di pacchetto turistico. Pertanto, egli non è tenuto verso il consumatore per l'inadempimento da parte del tour operator, né per l'inadempimento da parte dei fornitori dei singoli servizi inclusi nel pacchetto (pernottamento, viaggio, escursioni, ecc.), salvo che, nell'esercizio della propria attività di mandatario, l'intermediario di viaggi possa ritenersi responsabile per culpa in eligendo nella scelta dell'organizzatore di viaggi o del fornitore del singolo servizio, con il quale egli ha direttamente concluso il contratto in nome e per conto del turista (Trib. Reggio Emilia 21.02.2004 e Trib. Mantova 04.03.2005).
Occorre infatti distinguere fra il contratto di organizzazione del viaggio (figura negoziale rientrante nell'ambito dell'appalto di servizi) alla stregua del quale il tour operator si obbliga a proprio nome a procurare al viaggiatore, per un prezzo globale, una serie più o meno ampia di prestazioni (ad esempio prenotazioni di biglietti, soggiorni) comprensive del trasporto; ed il contratto di intermediazione di viaggio in base al quale il venditore si obbliga a procurare al viaggiatore, per un determinato prezzo, sia un contratto di organizzazione del viaggio sia uno dei servizi separati che permettono di effettuare un viaggio: tale seconda tipologia negoziale va configurata come mandato con rappresentanza conferito dal viaggiatore, con la conseguenza che il venditore non sarà responsabile della mancata o difettosa esecuzione delle prestazioni in cui si concreta il viaggio bensì unicamente della violazione di siffatto mandato (Trib. Palermo 05.10.2006).
L'intermediario risponde dunque soltanto degli inadempimenti dei propri obblighi, anche nella fase precontrattuale e relativi principalmente alla completa informazione su tutte le caratteristiche del viaggio e dei servizi, e comunque dei doveri che gli competono quale intermediario di viaggi diligente. La responsabilità solidale dell'organizzatore e del venditore può tuttavia configurarsi nel caso in cui quest'ultimo, nel vendere il pacchetto vacanze, abbia omesso di fornire al consumatore-cliente tutte le informazioni relative alle prestazioni ed ai servizi acquistati o non le abbia fornite correttamente oppure non sia stato diligente nella scelta del tour operator cui indirizzare il turista.
Fatta eccezione per tali ipotesi, non è dunque possibile configurare una responsabilità solidale tra l'organizzatore ed il venditore o intermediario, sicchè è necessario valutare separatamente ciascun profilo
di inadempimento.
Nel caso di specie, le domande attoree proposte nel libello introduttivo del precedente grado erano dirette unicamente verso l'organizzatore (H.I. s.p.a.) e successivamente estese anche alla S.I.A..
Orbene, se da un lato non è in discussione che l'appellato Z.S. abbia regolarmente adempiuto le obbligazioni a suo carico derivanti dall'acquisto del pacchetto turistico "tutto compreso", corrispondendo nel momento della conclusione del contratto di viaggio l'intero prezzo pattuito, di ammontare pari all'importo di Euro 4.944,00, altrettanto non può dirsi con riferimento all'altro contraente H.I. s.p.a., che, in base ai principi ermeneutici sopra enunciati dal Supremo Collegio, è tenuta a rispondere per il mancato imbarco del Sig. Z. (e della Sig.ra D.P.), in data 7 gennaio 2003, sul volo - previsto nel programma di viaggio - LX 1660 con partenza da Zurigo alle ore 08.35 ed arrivo a Venezia alle ore 09.40.
Seppure il mancato imbarco dello Z. è evidentemente addebitabile alla S.I.A., ugualmente l'appellata H.I.
s.p.a. è chiamata a rispondere di siffatto inesatto adempimento, in qualità di organizzatore del viaggio, essendosi la stessa avvalsa per l'adempimento della prestazione dovuta nei confronti dell'acquirente - consumatore delle prestazioni eseguite dalla predetta Compagnia aerea.
H., infatti, essendosi avvalsa dell'attività altrui per l'adempimento della propria obbligazione nei confronti del consumatore, si è assunta il rischio per i danni che al creditore ne derivino, salvo il diritto di rivalersi nei confronti di questa.
E del resto, mette conto evidenziare che alcun rappresentante di H. ha evitato il verificarsi del mancato imbarco sul volo prenotato, né ha assistito lo Z. in aeroporto a Zurigo per le operazioni di imbarco, e ciò in violazione delle previsioni normative dell'art. 15 del contratto di acquisto del pacchetto turistico, che sancisce l'obbligo in capo all'organizzatore di prestare la dovuta assistenza al consumatore imposta dalle regole di diligenza professionale.
Né, del resto, la predetta appellata ha fornito la prova liberatoria, a suo carico, che l'inesatta esecuzione del contratto è imputabile allo stesso consumatore o è dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero da un caso fortuito o di forza maggiore.
E poiché il primo Giudicante ha esattamente riconosciuto la responsabilità della H.I. s.p.a. nella sua qualità di organizzatore del pacchetto turistico, attenendosi correttamente ai principi enunciati dal Supremo Collegio nei sopra citati arresti, l'impugnata sentenza, sulla specifico punto considerato, merita integrale conferma.
Ciò posto, deve peraltro rilevarsi che il mancato imbarco dello Z. è riconducibile al disservizio imputabile al vettore aereo S.I.A., emergendo dagli atti processuali che tale evento è stato provocato da una situazione di "overbooking", la cui responsabilità va attribuita unicamente alla Compagnia aerea medesima, e non già alla mancata conferma del volo da parte del viaggiatore o della stessa H.I. s.p.a..
La suddetta circostanza risulta, infatti, documentalmente provata, posto che alla richiesta di spiegazioni sul mancato imbarco dell'attore rivolta dalla convenuta H.I. in data 19.02.2003 (v. doc. 4 del fascicolo di H.) alla Compagnia aerea S.I.A., quest'ultima ha risposto con lettera del 22.4.2003, avente come problematica di riferimento la situazione proprio di Z.S. e di D.P.V. (v. doc. 2 del fascicolo di H.), confermando che il mancato imbarco del Sig. Z. sul volo LX 1660 del 07/01/03 era dipeso da una situazione di "overbooking" (e non già di mancata riconferma del suddetto volo), con ciò ammettendo implicitamente ed inequivocamente la propria responsabilità.
E del resto, è significativo che la stessa S.I.A., nel rispetto della normativa internazionale sul trasporto aereo vigente al tempo dei fatti di causa (art. 4 del Reg. CEE n. 295/91, abrogato dal Reg. CE n. 261/2004), ha provveduto in primo luogo a riproteggere l'attore sul volo immediatamente successivo, offrendogli, poi, a titolo di risarcimento del danno, un rimborso di $ 200, pari ad Euro 186,00, addirittura superiore a quello di Euro 150,00 previsto dalla suddetta normativa, ovvero, in alternativa, una riduzione di $ 300, pari ad Euro 279,00, per un futuro viaggio con la medesima Compagnia aerea S.I.A. (v. sempre doc. 2 del fascicolo di H.).
Tale condotta evidenzia, chiaramente, un'ammissione di responsabilità per i fatti di causa da parte della
S.I.A. ed avvalora ulteriormente l'assunto che il mancato imbarco dello Z. sia dipeso esclusivamente da una situazione di "overbooking" e non già dalla mancata riconferma del volo, dato che, in quest'ultimo caso, oltre a verificarsi la perdita del diritto al trasporto, non ci sarebbero state le condizioni per riconoscere al passeggero alcun diritto a rimborsi o ad agevolazioni.
A ciò si aggiunga che il pacchetto turistico in questione riguardava quattro persone (v. doc. 1 del fascicolo di H.), delle quali incontestatamente soltanto due (Z.S. e D.P.V.) non sono riuscite a partire con il volo LX 1660 per mancanza del posto, mentre le altre due si sono regolarmente imbarcate.
Ed in proposito, non si vede per quale motivo, stante l'unicità della prenotazione, la convenuta H.I. s.p.a. avrebbe dovuto correttamente seguire la procedura di riconferma del volo soltanto per due delle quattro persone del pacchetto turistico, omettendo di effettuarla per l'odierno appellato (e per la sua compagna di viaggio D.P.V.).
Al contrario, siffatta circostanza vale a corroborare l'assunto secondo cui il volo di rientro da Zurigo sia stato confermato anche per questi due passeggeri ai quali è stato negato l'imbarco, tanto più ove si consideri che i bagagli dello Z. sono stati regolarmente imbarcati sul volo LX 1660 del 07.01.2003 delle ore 8.35, come è rimasto incontestato in giudizio.
Alla luce dei menzionati elementi probatori e pur prescindendo dalle ulteriori risultanze emergenti dall'istruttoria orale svolta in corso di causa, non può dubitarsi, pertanto, che unico responsabile della mancata fruizione del volo da parte del sig. Z. sia la Compagnia aerea terza chiamata, S.I.A..
E la raggiunta conclusione dimostra, all'evidenza, che i motivi di impugnazione proposti nell'interesse della predetta terza chiamata siano del tutto infondati, avendo il Giudice di Pace, nell'impugnata sentenza, correttamente riconosciuto la responsabilità di H., nella sua qualità di organizzatore del pacchetto turistico ed affermato la riconducibilità esclusiva del disservizio aereo alla sola Compagnia aerea S.I.A., quale fornitore del servizio aereo di cui si è servita la H., accogliendo la domanda di manleva da quest'ultima proposta nei confronti della terza chiamata, senza con ciò applicare nei confronti dell'appellante - come dalla stessa infondatamente allegato - la disciplina di cui al D.Lgs. n. 115 del 1995, bensì le usuali norme civilistiche in tema di responsabilità contrattuale.
Accertato, quindi, l'inesatto adempimento contrattuale dell'appellata H.I. s.p.a. e quello dell'odierna appellante, è incontestabile il diritto del turista - consumatore Z.S. di vedersi risarciti integralmente dall'organizzatore del viaggio i danni sofferti in conseguenza del mancato imbarco (art. 14 comma 2 D.Lgs.
n. 111 del 1995) (v. Cass. 22619/2012, in motivazione), in relazione ai quali il vettore aereo dovrà, comunque, rispondere in manleva nei confronti del tour operator.
Rimane, a questo punto, da determinare il quantum del risarcimento riconoscibile allo Z..
A tal proposito, va confermata la quantificazione del danno operata dal Giudice di prime cure, che ha riconosciuto all'attore appellato la somma di Euro 1.450,00, quale ristoro per la risoluzione contrattuale operata da P.F. s.p.a., a seguito della mancata partecipazione del medesimo attore, in qualità di relatore, al corso di formazione denominato "Operazioni straordinarie di gestione: aspetti contabili, civilistici e fiscali", organizzato dalla committente P.F. s.p.a. e che si sarebbe dovuto svolgere a Vicenza, a partire dal pomeriggio del 07.01.2003, dalle ore 15.30 alle ore 19.30.
Sul punto, l'appellante S.I.A. ha sostenuto che detto indennizzo non sarebbe dovuto, in quanto conseguenza non diretta ed immediata del preteso suo inadempimento e, comunque, perché non derivante da un suo fatto doloso, bensì da un comportamento colposo del Sig. Z., che incautamente ha programmato il volo di ritorno non tenendo conto di possibili ritardi di poche ore che avrebbero potuto compromettere la sua possibilità di attendere regolarmente al suo contratto lavorativo. I rilievi, però, non colgono nel segno e vanno disattesi, in quanto infondati.
Sotto il primo aspetto, deve rilevarsi, in linea generale, che l'impossibilità di attendere a qualunque occupazione, non necessariamente lavorativa, a causa del notevole ritardo nel rientro determina un danno risarcibile, immediatamente e causalmente riconducibile all'evento.
La pretesa risarcitoria avanzata dall'appellato e riconosciuta dal Giudice di prime cure si rivela fondata anche facendo applicazione, nel caso di specie, alle previsioni normative dell'art. 1225 c.c..
Al riguardo, il richiamo alla sentenza della Suprema Corte n. 11992/1998 svolto dalla difesa di S. nel tentativo di contestare la richiesta del Sig. Z., vale, al contrario, ad avvalorarne il suo fondamento.
In detta pronuncia testualmente si legge: "In tema di responsabilità del debitore, il positivo giudizio sull'an, ossia sulla situazione obiettiva dell'inadempimento, non preclude l'accertamento del dolo del debitore nel separato giudizio per la liquidazione del quantum, dato che tale indagine attiene all'aspetto soggettivo e cioè al comportamento del debitore, ai fini della rilevanza ed entità del danno, poiché solo in difetto del dolo, configurabile nell'inadempienza consapevole ed intenzionale, l'art. 1225 c.c., ponendo una eccezione alla regola generale della risarcibilità dell'intero danno, limita il risarcimento a quello che poteva prevedersi nel tempo in cui é sorta l'obbligazione".
Nella fattispecie concreta, infatti, il comportamento del vettore che, scientemente, ha determinato il fenomeno dell'overbooking, vendendo un numero di biglietti superiore a quello dei posti disponibili sull'aeromobile ed altrettanto consapevolmente si è posto nella condizione di dovere lasciare a terra i passeggeri in esubero rispetto alle possibilità di imbarco, integra, invero, una condotta volutamente inadempiente, del tutto sussumibile nella categoria di "dolo" invocata dall'art. 1225 c.c..
Sotto altro profilo, deve essere respinta la censura, in forza della quale la difesa dell'appellante assume che il danno non é conseguenza immediata e diretta dell'evento e, come tale, in assenza di dolo, non risarcibile.
Tale asserzione si fonderebbe sulla circostanza che il volo del negato imbarco era di tipo turistico e compreso in un viaggio di vacanza, ma omette, erroneamente, di considerare un dato oggettivo: il volo negato si riferiva alla tratta di ritorno e, in maniera più che prevedibile, essa coincide con la ripresa della normale attività lavorativa.
CONSUMATORE (tutela del) TURISMO
A ciò si aggiunga che non possa essere ravvisata nei confronti del Sig. Z. l'asserita condotta imprudente, dato che, con riferimento alle tempistiche del viaggio di ritorno, se l'odierno appellato fosse stato imbarcato a Zurigo secondo le modalità e gli orari convenuti, sarebbe giunto a Venezia alle ore 09,40, ossia con sufficiente anticipo rispetto all'orario previsto per il corso fissato alle ore 15,30 a Vicenza.
Nella chiarita prospettiva, dunque, nulla osta alla liquidazione del danno nella misura determinata dal Giudice di primo grado, risultando il pregiudizio economico patito dal Sig. Z. adeguatamente comprovato sia dalla documentazione dal medesimo prodotta in giudizio (v. doc. 5 e 6 del fascicolo Z.), sia dalla deposizione del teste Sig. M.F..
Risulta, infatti, dalla citata documentazione e dalla testimonianza resa da F.M. (legale rappresentante di
P.F. s.p.a.) sia l'effettivo conferimento dell'incarico professionale al Sig. Z. per la tenuta, quale docente - relatore, di tre giornate di studio per il corrispettivo pattuito di Euro 1.450,00, oltre Iva, sia l'avvenuta risoluzione dello stipulato contratto per la mancata presenza dello stesso Z., nella giornata del 07.01.2003, al corso organizzato.
Né, del resto, le altre parti contrapposte hanno contestato siccome eccessiva e non provata la quantificazione del danno prospettata dall'attore appellato, che, pertanto, deve ritenersi adeguatamente dimostrata.
In conclusione, quindi, sussistono i presupposti per la integrale conferma dell'impugnata sentenza e la raggiunta conclusione comporta, all'evidenza, il rigetto della domanda di restituzione della somma pagata dall'odierna appellante in esecuzione della sentenza di primo grado.
In applicazione del principio della soccombenza, va disposta la condanna della società appellante al rimborso delle spese e delle competenze sostenute nel giudizio dagli appellati, alla cui liquidazione si provvede, come da dispositivo, tenendo conto del valore della controversia (Euro 9.492,10), mediante la previsione di un importo forfettario, calcolato sulla base dei parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 per le fasi di studio, introduttiva e decisoria.
P.Q.M.
Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattesa, così provvede:
1) rigetta l'appello proposto dalla S.I.A. avverso la sentenza n. 66 / 2010 emessa dal Giudice di Pace di Vicenza in data 25.01.2010 e depositata il 28.01.2010, sentenza che conferma integralmente.
2) Rigetta la domanda di restituzione somma proposta dalla S.I.A..
3) Condanna la S.I.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere agli appellati Z.S. e
H.I. s.p.a. le spese di lite relative al presente grado di giudizio, che liquida, per ciascuna parte, nell'importo complessivo di Euro 3.235,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Così deciso in Vicenza, il 26 giugno 2018. Depositata in Cancelleria il 29 giugno 2018.