Consiglio di stato , sez. VI, 06 giugno 2006, n. 3408
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
PARZIALE CON ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso in appello n. 10135 del 2005, proposto dalla Autorità per l'energia elettrica ed il gas, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
l'Associazione nazionale industriali del gas (Anigas), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Zoppolato, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, alla via del Mascherino n. 72;
con l'appello incidentale della Associazione difesa consumatori e ambiente (Adiconsum), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Malinconico, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza dei Caprettari n. 70, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sede di Milano, Sez. IV, 6 ottobre 2005, n. 3716, e per il rigetto del ricorso di primo grado n. 189 del 2005;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista la memoria depositata dall'Anigas in data 20 gennaio 2006;
Visto l'atto di appello dell'Adiconsum, depositato in data 7 febbraio 2006;
Vista la memoria depositata in data 10 febbraio 2006 dall'Anigas;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 21 marzo 2006;
Uditi l'avvocato dello Stato Tortora, l'avvocato Carlo Malinconico e l'avvocato Maurizio Zoppolato;
Considerato che è stato depositato il dispositivo della pronuncia, cui segue il deposito della sua motivazione;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto
1. Con la deliberazione n. 248 del 29 dicembre 2004, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha modificato la propria precedente delibera n. 195 del 2002, riguardante il meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale ai clienti finali del mercato vincolato.
In particolare, l'Autorità:
- con riferimento alla componente della materia prima, ha reso obbligatoria l'introduzione nei contratti di compravendita al dettaglio di una 'clausola di salvaguardia', che limita al 75% l'aumento dei prezzi, qualora il costo dei prodotti petroliferi superi una soglia di riferimento (20-35 dollari al barile, calcolato secondo il prezzo del Brent);
- ha stabilito che tale meccanismo di applichi anche ai contratti di compravendita all'ingrosso del gas che non prevedano clausole di aggiornamento o di revisione prezzi in caso di modifica della disciplina di aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura;
- con effetto dal 1° ottobre 2005, ha disposto la revisione del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all'ingrosso, con aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale per il trimestre gennaio-marzo 2005.
2. Col ricorso n. 189 del 2005, proposto al TAR per la Lombardia, l'Anigas ha impugnato il provvedimento dell'Autorità, di cui ha chiesto l'annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
Il TAR, con l'ordinanza n. 162 del 25 gennaio 2005, ha accolto la domanda incidentale della ricorrente ed ha sospeso gli effetti dell'atto impugnato.
Questa Sezione, con l'ordinanza n. 1536 del 22 marzo 2005, ha confermato l'ordinanza cautelare del TAR.
Con la sentenza n. 3716 del 2005, il TAR ha accolto il ricorso ed ha annullato l'atto impugnato per insussistenza del potere esercitato dalla Autorità, nonché per carenza di istruttoria e difetto di istruttoria.
Il TAR ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
3. Con l'appello n. 10135 del 2005, l'Autorità ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia respinto, perché infondato.
Si è costituita in giudizio l'Anigas, che ha eccepito l'improcedibilità dell'appello, per la tardività del suo deposito.
In subordine, l'Anigas ha chiesto che il gravame sia respinto, perché infondato.
4. Con l'appello 'incidentale autonomo' depositato in data 7 febbraio 2006, l'Adiconsum ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendo che, in sua riforma, sia respinto il ricorso di primo grado.
A fondamento della propria legittimazione, l'Associazione ha rilevato che è iscritta nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti, rappresentative a livello nazionale ai sensi dell'art. 5 della legge n. 281 del 1998 (trasfuso nell'art. 137 del Codice del consumo, approvato col decreto legislativo n. 206 del 2005).
Con una memoria depositata in data 10 febbraio 2006, l'Anigas ha chiesto che l'appello dell'Adiconsum sia dichiarato inammissibile, perché proposto da un soggetto non legittimato, poiché l'associazione non è intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, né può essere considerata parte necessaria.
3. All'udienza del 21 marzo 2006 la causa è stata trattenuta in decisione ed è stato depositato il dispositivo della decisione.
Diritto
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità della deliberazione n. 248 del 29 dicembre 2004, con cui l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha modificato il meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale, già disciplinato con la propria precedente delibera 29 novembre 2002, n. 195.
Con la sentenza impugnata n. 3716 del 2005, il TAR per la Lombardia ha accolto il ricorso di primo grado, proposto dalla Associazione nazionale industriali del gas, ed ha annullato la delibera per insussistenza del potere esercitato dalla Autorità , nonché per carenza di istruttoria e difetto di istruttoria.
La sentenza è stata impugnata:
a) con l'appello n. 10135 del 2005, dalla Autorità;
b) con un 'appello incidentale autonomo', dalla Associazione difesa consumatori e ambiente.
3. Ritiene la Sezione che, in accoglimento dell'eccezione formulata dall'Anigas, l'appello della Autorità vada dichiarato improcedibile.
Dalla documentazione acquisita, infatti, risulta che:
- in data 29 ottobre 2005, l'Anigas ha notificato all'Autorità una copia della sentenza del TAR;
- in data 28 novembre 2005, l'Autorità ha notificato l'atto di appello alla stessa Anigas e agli altri due soggetti intimati in primo grado (nel rispetto del termine di trenta giorni, disposto dall'art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971);
- il deposito del medesimo atto vi è stato in data 15 dicembre 2005, dopo il superamento del prescritto termine di 15 giorni, fissato dal medesimo art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971 per i giudizi aventi ad oggetto gli atti delle Autorità amministrative indipendenti.
Sul punto, va richiamata la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, per la quale il medesimo art. 23 bis ha disposto, tra l'altro, la riduzione alla metà del termine di deposito dell'atto di appello (Ad. Plen., 18 marzo 2004, n. 5; Ad. Plen. 31 maggio 2005, n. 5).
4. Rileva pertanto la questione se sia ammissibile l'appello 'incidentale autonomo' dell'Adiconsum.
4.1. A fondamento della propria legittimazione, l'Associazione ha rilevato che è iscritta nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti, rappresentative a livello nazionale ai sensi dell'art. 5 della legge n. 281 del 1998 (trasfuso nell'art. 137 del Codice del consumo, approvato col decreto legislativo n. 206 del 2005).
4.2. In contrario, l'Anigas ha osservato che:
- l'improcedibilità dell'appello dell'Autorità comporta il passaggio in giudicato della sentenza impugnata;
- l'Adiconsum non era parte necessaria nel giudizio di primo grado, non vi è intervenuta e non è titolare di una autonoma posizione giuridica, sicché il suo atto di appello non è qualificabile come 'appello autonomo', bensì come 'intervento adesivo' al gravame dell'Autorità, di cui segue le sorti;
- l'associazione dei consumatori, quando ha una legittimazione ex lege a ricorrere in primo grado, non è legittimata ad appellare una sentenza che si sia pronunciata su un altrui ricorso di primo grado (sul punto, l'ANIGAS ha invocato il principio enunciato dalla decisione di questa Sezione, 24 settembre 2004, n. 6253).
5. Ritiene il collegio che vada rimessa all'esame dell'Adunanza Plenaria la questione se l'Adiconsum sia legittimata ad appellare la sentenza gravata, ai sensi dell'art. 139, comma 1, del Codice del consumo (per il quale l'associazione "è legittimata ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori").
5.1. Questa Sezione, con la decisione n. 6253 del 2004, ha ritenuto che l'associazione - avente una legittimazione ex lege a proporre un ricorso al tribunale amministrativo - non è legittimata ad appellare la sentenza che si sia pronunciata su un altrui ricorso, sicché essa può impugnare la sentenza che abbia deciso il suo ricorso ed abbia determinato la sua soccombenza anche parziale, ma non anche ogni sentenza di primo grado pronunciata in materia.
Da ciò risulta l'inammissibilità dell'appello che omissio medio impugni la sentenza che abbia deciso il ricorso proposto da un soggetto colegittimato, mentre costituisce ius singolare l'art. 83/12 del testo unico approvato per i giudizi elettorali col d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, e l'art. 146, comma 11, del Codice dei beni culturali e del paesaggio n. 42 del 2004, che hanno ammesso l'appello (entro il termine annuale previsto dall'art. 327 c.p.c.) di chi - pur essendovi legittimato - non abbia proposto il ricorso originario.
5.2. Osserva il collegio che la decisione n. 6253 del 2004 si è espressa in un caso alquanto diverso, in cui l'associazione dei consumatori non aveva proposto il ricorso di primo grado (pur essendovi legittimata) e poi aveva appellato la sentenza di parziale accoglimento proposto da soggetti colegittimati, allo scopo di ottenere in secondo grado l'accoglimento integrale dell'altrui ricorso di primo grado (per rimediare alle conseguenze della mancata proposizione del proprio ricorso).
5.3. Più simile al caso di specie è quello deciso dalla Sezione con la decisione n. 3165 del 6 giugno 2003, che ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da una associazione ambientalistica, avverso la sentenza che aveva annullato un decreto ministeriale, che a sua volta aveva annullato una autorizzazione paesaggistica.
Per tale decisione, l'art. 18, comma 5, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e il corrispondente art. 17, comma 46, della legge 15 maggio 1997, n. 127, hanno consentito l'impugnazione degli atti amministrativi che incidano sull'ambiente, senza però attribuire anche la legittimazione ad impugnare "senz'altro" le sentenze dei Tribunali amministrativi regionali pronunciate in materia ambientale.
Pertanto, qualora una sentenza abbia accolto un ricorso altrui in materia ambientale, producendo effetti tali da comportare la modifica del territorio, l'associazione non può proporre l'appello, perché si applicano i principi generali per i quali questo può essere proposto soltanto dal soccombente o da una parte pretermessa (quale controinteressato sopravvenuto e beneficiario del provvedimento finale o consequenziale).
5.4. Osserva il collegio, peraltro, come anche tale precedente non si attagli pienamente al caso di specie, sia perché - come da esso segnalato - l'associazione ambientalistica conserva la legittimazione ad impugnare l'autorizzazione paesistica quando diventi efficace, sia perché il richiamato art. 146, comma 11, del Codice dei beni culturali e del paesaggio ora espressamente ammette la legittimazione dell'associazione ambientalistica a proporre appello, anche quando il giudizio sia stato instaurato con un ricorso di primo grado proposto da altri.
5.5. Ad avviso del collegio, in sede di interpretazione del sopra riportato art. 139, comma 1, del Codice del consumo, si potrebbe affermare un principio corrispondente a quello sancito dal richiamato art. 146, comma 1, per ritenere che le associazioni dei consumatori (rappresentative a livello nazionale ai sensi dell'art. 137 del Codice) possano appellare la sentenza che - annullando il provvedimento dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determinativo di effetti favorevoli per i consumatori - cagioni un pregiudizio per i loro interessi collettivi.
In tal caso infatti:
- l'associazione dei consumatori non ha prestato acquiescenza ad un provvedimento lesivo degli interessi di cui è portatrice (come nel caso deciso dalla decisione n. 6253 del 2004), né ha la possibilità di impugnare un provvedimento ulteriore o che acquisti efficacia con la sentenza di accoglimento del ricorso di primo grado (come nel caso deciso dalla decisione n. 3165 del 2003);
- rilevano gli interessi pubblici gestiti dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, i cui poteri - previsti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481 - sono anche finalizzati alla tutela dei consumatori;
- potrebbe applicarsi un principio di corrispondenza, per il quale l'associazione - così come può impugnare l'atto dell'Autorità lesivo degli interessi della categoria - può anche attivarsi in sede processuale per il mantenimento della misura adottata dall'Autorità, appellando la sentenza che abbia accolto il ricorso di chi sia portatore di un interesse contrapposto a quello della categoria;
- una interpretazione restrittiva della legittimazione a ricorrere, riferita solo al giudizio di primo grado, potrebbe comportare dubbi di costituzionalità, sotto il profilo della mancanza di ragionevolezza della scelta legislativa di escludere che l'associazione dei consumatori, a differenza di quella ambientalista, sia legittimata ad impugnare la sentenza che, accogliendo il ricorso proposto avverso l'atto emesso a salvaguardia dei consumatori, sia idonea ad incidere sui medesimi interessi una volta che si formi il giudicato.
5.6. Nel presente giudizio, in ragione del contenuto della deliberazione dell'Autorità n. 248 del 2004, dalla documentazione acquisita e dalle concordi deduzioni delle parti si desume che, in conseguenza della gravata sentenza del TAR, aumenterebbero la tariffa di vendita del gas al dettaglio e i corrispettivi dovuti dai consumatori per le rispettive forniture.
L'affermazione dell'ammissibilità dell'appello proposto dall'Adiconsum risulterebbe pertanto coerente con l'esigenza di tutela degli interessi dei consumatori, che costituisce la ratio degli articoli 137 e 139 del Codice del consumo.
5.7. Peraltro, in materia potrebbero rilevare i tradizionali principi riguardanti l'impugnazione delle sentenze, in ragione dell'esigenza che si determini con certezza il momento in cui si formi il giudicato.
Da un lato, ove l'Autorità non proponga appello nel termine breve (a seguito della notifica della sentenza) oppure questo sia respinto nei rapidi tempi consentiti dal rito accelerato, potrebbe accadere che l'associazione - cui non vanno notificati la sentenza e l'appello - proponga successivamente un proprio gravame, quando si sia formato il giudicato formale, secondo le regole generali.
Dall'altro, ove (come nella specie) l'associazione non intervenuta in primo grado proponga il proprio appello prima dell'udienza di discussione, ma dopo che l'originario ricorrente abbia fondatamente eccepito l'inammissibilità o l'improcedibilità del gravame dell'Autorità, l'iniziativa processuale dell'associazione va valutata anche alla luce del principio della parità delle parti, che caratterizza il sistema di giustizia.
Anche in considerazione di tali inconvenienti, si potrebbe affermare quanto ha già affermato l'Adunanza Plenaria per l'interventore ad opponendum (Ad. Plen., 8 maggio 1996, n. 2), e cioè che l'associazione dei consumatori sia legittimata ad appellare la sentenza solo se sia intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, così acquisendo anche la qualità di parte formale, cui il ricorrente vittorioso - in ipotesi - può notificare la sentenza per far sorgere il termine decorso il quale l'appello diventa irricevibile.
Questa precisazione (che consentirebbe anche di affermare principi corrispondenti in tema di appello e di revocazione) rileva nella specie, poiché l'Adiconsum non è intervenuta nel corso del giudizio di primo grado.
5.8. Per le ragioni che precedono, rilevato il carattere di massima della questione, il collegio rimette la questione dell'ammissibilità dell'appello della Adiconsum all'esame dell'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 45, secondo comma, del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924, n. 1954.
Poiché la delibera dell'Autorità n. 248 del 2004 ha dato luogo alla
proposizione di vari appelli (pendenti presso la Sezione e proposti avverso altre sentenze del TAR per la Lombardia, che hanno annullato il provvedimento in accoglimento di altri ricorsi di primo grado), per il caso in cui l'appello risulti ammissibile valuterà l'Adunanza Plenaria se trattenere la causa per la decisione ovvero se restituire gli atti alla Sezione (per il principio desumibile dall'art. 374 c.p.c., novellato col decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40).
6. Per le ragioni che precedono, la Sezione:
- dichiara improcedibile l'appello principale, proposto dalla Autorità;
- rimette all'esame dell'Adunanza Plenaria la questione se l'Adiconsum sia legittimata ad appellare la sentenza gravata e la valutazione se, nel caso affermativo, l'appello vada deciso dalla Sezione.
P.Q.M
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta):
- dichiara improcedibile l'appello principale n. 10135 del 2005;
- rimette all'esame dell'Adunanza Plenaria l'appello dell'Adiconsum e le statuizioni sulle spese e sugli onorari del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 14 marzo 2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l'intervento dei signori:
Claudio Varrone Presidente
Luigi Maruotti Consigliere estensore
Carmine Volpe Consigliere
Lanfranco Balucani Consigliere
Rosanna De Nictolis Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 GIUGNO 2006.